27/02/2009
Congresso UST /CISL Cagliari: la relazione della segreteria.
Sicurezza. Sviluppo. Nuova Occupazione, in un mondo senza povertà.

INTRODUZIONE

Un saluto cordiale e un benvenuto a questo 8° Congresso della Cisl di Cagliari.

La relazione che leggo, anche a nome della segreteria, cercherà di tracciare un quadro di quanto accaduto in questo quadriennio a livello locale, con alcuni cenni sulla situazione internazionale e nazionale.

Il Congresso è stato preceduto da centinaia di assemblee precongressuali e dai 19 congressi delle federazioni. Abbiamo ascoltato, con grande attenzione e interesse, le relazioni, gli interventi, le critiche e gli apprezzamenti.

Ne facciamo tesoro e intendiamo dunque sottoporci al vostro giudizio, nella consapevolezza che viviamo un momento particolarmente difficile, nel quale occorre impegnarsi fortemente nell’iniziativa sindacale.

Sono stati quattro anni non facili, ma pensiamo di aver operato al meglio per rappresentare gli iscritti e i lavoratori e promuovere i valori della pace, dell’integrazione, della solidarietà, del lavoro, nelle nostre due province, Cagliari e Medio Campidano, che oggi si accingono a percorrere un cammino diverso.

La segreteria uscente, inizialmente a tre, poi diventata a quattro con l’ingresso di Monica Mascia, si ricandida alla guida dell’organizzazione di Cagliari e del Medio Campidano, mentre un caro saluto ed un ringraziamento va rivolto a Sergio Concas, coordinatore della Cisl del Medio Campidano.

IL TITOLO DELLA RELAZIONE

L’impegnativo titolo, che abbiamo dato a questa relazione, vuole essere il filo conduttore che caratterizzerà il nostro impegno e la nostra attività nei prossimi 4 anni.

UN MONDO SENZA POVERTA’

I poveri, purtroppo, esistono: nel terzo mondo, ma anche nel mondo occidentale, a volte opulento, ma ricco di contraddizioni e di sperequazioni ingiuste. Nonostante l’ottimismo di facciata di qualche politico, il reddito è mal distribuito anche in Italia e in Sardegna.
Se ne accorto anche il Presidente del Consiglio che, dopo mesi di sottovalutazione della realtà, ha finalmente percepito la gravità della situazione economica e sociale.

Vorremmo che questa consapevolezza si tramutasse in provvedimenti più incisivi e concreti a sostegno del reddito delle famiglie, dei salari e delle pensioni. Siamo sicuri che la Cisl sarà sempre più determinata a rivendicare questi obiettivi.

Le file che in queste settimane si sono registrate nelle sedi del sindacato, dei patronati e degli uffici pubblici per godere della social card, dimostrano che c’è un grande bisogno in tanta parte della popolazione. A queste necessità, le Istituzioni ma anche il sindacato devono saper dare risposte più convincenti.

Per rendersi conto di quanto sia grave la situazione, anche a Cagliari, basterebbe recarsi presso le mense della Caritas o delle Suore di Madre Teresa di Calcutta, o ricordarsi della sorte che hanno vissuto, tra Natale e Capodanno, i rifugiati politici provenienti dall’Africa, abbandonati impietosamente sulla strada, mentre dappertutto si festeggiava il capodanno.

Il Papa Benedetto XVI, in occasione della sua visita pastorale a Cagliari, ha ammonito la classe politica, pronta a fare passerella a spese dello Stato, a rinnovarsi e, soprattutto, ad occuparsi dei problemi dei più deboli: poveri, anziani, famiglie con minori, persone non autosufficienti: questo insegnamento, diretto alla classe politica, deve essere fatto proprio anche dal sindacato.

Non basta la social card, non basta il bonus famiglia.

Le risorse stanziate, di recente, per gli ammortizzatori sociali sono importanti, (prima assegnazione alla Sardegna di 10 milioni di euro) ma bisogna attuare provvedimenti strutturali di rilancio dell’economia, e costruire un moderno sistema di ammortizzatori sociali, collegato ad un sistema di formazione continua e a servizi per l’impiego pubblici e privati che funzionino, rafforzare la bilateralità, aumentare fortemente i fondi per la non autosufficienza.
Ecco, noi vogliamo essere annoverati – come dice il premio Nobel per la pace Yunus Muhamad , il banchiere dei poveri – “tra coloro che si battono perché non ci sia più un povero nel Mondo” e, aggiungiamo noi, in Italia e in Sardegna”.

Del resto, diceva Carniti IL SINDACATO O E’ SOLIDARIETA’ O NON E’.

Vogliamo stare dalla parte dei più deboli, delle vittime innumerevoli delle guerre in Irak, in Afghanistan, in Palestina, nelle tante guerre dimenticate dell’Africa !! Speriamo che l’elezione di OBAMA possa portare qualche novità positiva negli scacchieri mondiali.
Siamo contro ogni genere di discriminazione anche contro quella che, qualche settimana fa, ha organizzato un sedicente sindacato del settore commercio (la FAICA) che a Roma ha invitato a boicottare gli esercizi commerciali gestiti dagli ebrei, con la scusa della politica di Israele. Siamo anche contro alcuni provvedimenti del Governo in tema di sicurezza e di immigrazione perché venati, in qualche caso, di razzismo.
Abbiamo manifestato contro la povertà, anche perché spesso gli ultimi, i poveri non hanno neanche la possibilità di alzare la propria voce, di gridare la loro frustrazione, di manifestare i propri bisogni, di partecipare. Quando facciamo le marce contro le povertà, a volte mi guardo intorno e spesso, a fianco a noi, non vedo veri poveri: ebbene noi dobbiamo continuare sulla strada indicata dalla manifestazione di ZURI, per costruire una società diversa.

L’alta inflazione degli ultimi anni, l’impoverimento di molti a fronte dell’arricchimento smodato di altri, ha creato una società instabile, ricca di contraddizioni, con forti tensioni sociali, dovute all’incertezza di trovare lavoro e occupazione specie per i giovani, mentre gli anziani crescono di numero ma la società, a fronte di un aumentata e positiva aspettativa di vita, non adegua i servizi alla nuova situazione.

LA CRISI FINANZIARIA

In questo quadro, si colloca la pesante crisi finanziaria mondiale che si diffonde con un effetto domino e colpisce e colpirà anche l’Italia e la Sardegna, dove l’effetto negativo sull’occupazione rischia di sommarsi ad una situazione generale non positiva. Secondo il Governatore Draghi e molti economisti, la crisi non ha ancora dispiegato tutti i suoi effetti.

E’ la crisi dell’economia di carta, della speculazione finanziaria; delle banche prive di controllo, nelle quali i manager guadagnano milioni di euro con le stock options. Vengono messe, d’improvviso, a nudo le contraddizioni di un sistema nel quale il 20% della popolazione mondiale consuma l’80% delle risorse.
Si parla della perdita di 50 milioni di posti di lavoro nel Mondo, 600.000 in Italia e quanti in Sardegna ?

QUALI RISPOSTE – UN NUOVO MODELLO DI SOCIETA’

E’ da anni che tutti sostengono che bisogna aumentare il prodotto interno lordo e così distribuire nuova ricchezza.
C’è da considerare il fatto che in Europa, in Italia e in Sardegna i tassi di crescita degli ultimi dieci anni (a prescindere dai Governi che si sono succeduti) sono stati bassissimi. Per il 2009 si parla di meno 2,5%: il PIL torna al livello del 1993. Questo scenario, forse, cambierà non di molto, nel 2010.
Come possiamo pensare di migliorare le condizioni economiche dei lavoratori, dei pensionati ?
Come possiamo pensare di dare risposte occupazionali serie e di qualità ai nostri figli, ai giovani che si affacciano nel mercato del lavoro, freschi magari di lauree e di titoli di studio che poi saranno messi mestamente nel cassetto ?
E’ estremamente improbabile un nuovo boom economico tale da rispondere alle esigenze di lavoro, almeno inteso nel modo tradizionale: i tassi di crescita della Cina (per quanto anch’essi in calo) o di altre nazioni emergenti che però partono dal nulla e nei quali si assiste a fenomeni di schiavismo e di sfruttamento dei minori, sono impensabili per noi.

Ci vogliono interventi che favoriscano lo sviluppo ma bisogna anche ripensare la nostra società, proprio cogliendo l’opportunità ( lo dicevano al Congresso della FIBA) della grande crisi finanziaria ed economica.
Una società che deve abbandonare i miti di un’urbanizzazione selvaggia con la concentrazione della popolazione nelle città, nelle quali la qualità della vita è scarsa e dove il carovita si fa sentire di più, di un consumismo che vuole la città sempre aperta, notte e giorno, natale e capodanno con i supermercati aperti, magari a danno dei lavoratori che ci operano, di un consumo del territorio che distrugge l’ambiente e prepara il terreno alle catastrofi naturali, ma indotte dalla mano dell’uomo, come la recente alluvione avvenuta nei nostri territori.
Affermare questi concetti, non significa essere contro una modernità malintesa, ma puntare su uno sviluppo basato sul rispetto della natura, del territorio e della dignità dell’uomo.

ECONOMIA SOCIALE

Una persona insospettabile, come il Governatore della Banca d’Italia ha indicato come ricetta la crescita possibile nel campo dell’economia sociale.

Sarà difficile avere sviluppo, senza investimenti oculati nel sociale. Dare risorse alle famiglie diventa un obiettivo prioritario, a condizione che vi sia un processo di regolarizzazione e di emersione dei lavoratori impegnati nella cura degli anziani e, in questo senso, aumentare la percentuale di occupazione tra le donne, diventa indispensabile. E’ stato calcolato che ogni 100 posti di lavoro dati alle donne, vi è un effetto moltiplicatore di notevole livello (115). La stessa Banca d’Italia, afferma che 100 euro dati alle famiglie determinano una crescita dell’economia pari al 60%, se si danno gli stessi 100 euro alle rendite finanziarie la crescita è del 6%, se si danno alle rendite immobiliari del 1,6%. Questa potrebbe essere una soluzione ai problemi cha abbiamo davanti.

QUALE MODELLO DI SINDACATO

Sarebbe presuntuoso dire che siamo immuni da errori, che non dobbiamo adeguarci al cambiamento ma passano gli anni, mutano le stagioni, l’economia e la società cambiano con velocità vertiginose, ma le ragioni della nascita della Cisl, che data sessanta anni, i suoi valori fondanti rimangono sempre attuali.

Diceva un vecchio manifesto della CISL: SEI SOLO UN LAVORATORE, VIENI DA NOI, SIAMO SOLO UN SINDACATO.

E scusate se è poco se siamo solo un sindacato: qui si pratica l’autonomia, prima di tutto culturale, rispetto ai partiti, ai Governi, ai padroni, il pluralismo politico bene da valorizzare e difendere e che impedisce l’omologazione e il conformismo. L’unità la pratichiamo già al nostro interno.

Certo, dobbiamo conquistare le adesioni con fatica, con la forza del ragionamento e non sulla base dell’appartenenza politica o partitica: ma questa è una sfida affascinante.

Noi dobbiamo valutare le controparti non sulla base del colore politico, ma della loro azione concreta: se quanto fanno si avvicina alle nostre tesi e va incontro alle esigenze dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati, possiamo firmare accordi e condividere le scelte, anche quando un Governo, non ci piace e non l’abbiamo votato.

SUSSIDIARIETA’
La democrazia non è qualcosa che si esaurisce nel momento del voto politico o amministrativo. E’ qualcosa che si esplicita giorno per giorno e che deve tenere conto delle elaborazioni e del ruolo (sussidiario appunto) delle forze sociali, delle associazioni, del sindacato.
Qualcuno, a livello nazionale e regionale, ritiene conclusa la fase della concertazione. Prevale il mito del decisionismo, dell’uomo solo al comando: a destra e a sinistra. E’ un concetto favorito dal mito della governabilità ad ogni costo e da un sistema elettorale bipolare che ha escluso dalla rappresentanza in Parlamento partiti storici della sinistra e che spesso vuole evitare “la fatica della democrazia”.

Le riforme, anche quando sono giuste, debbono essere condivise con i corpi intermedi della società e con le organizzazioni di rappresentanza.

I Berlusconi o i Brunetta, prima o poi, falliscono quand’anche le loro idee siano buone. E spesso non lo sono !!! Certo ci vorrà del tempo …ma bisogna saper aspettare !!! In Sardegna una delle motivazioni della sconfitta elettorale della Giunta Soru è, secondo noi, la mancanza di un confronto serio con le organizzazioni del sociale.

Vorrei invitare qualche uomo di Governo (nazionale o regionale) a passare una giornata nella nostra sede: si accorgerebbe di quanti bussano alle porte del sindacato, di quanti cercano risposte nelle nostre sedi: immigrati, disoccupati, precari, giovani e donne.

E allora, altroché fine del Sindacato, come dice qualcuno !!! Il Sindacato, la CISL, è un punto di riferimento importante per tanti ed abbiamo la responsabilità enorme di dare risposte. C’è bisogno di tanto sindacato fatto bene, praticando l’integrazione, la solidarietà, l’accoglienza !!!

Il nostro modello di sindacato pone al centro della propria azione il confronto, la contrattazione. Anche i momenti di lotta, assolutamente necessari, vanno ricondotti a motivazioni concrete e non possono essere fine a se stessi.

Mi hanno insegnato, quando ero piccolo (tanti, tanti anni fa !!) che la Cisl non sciopera per far cadere Governi ! Tra l’altro non mi sembra che, almeno per ora, ci siano le condizioni perché questo accada.

Questo è ciò che ci divide da altri sindacati con i quali è giusto confrontarsi, agire anche insieme, lottare per comuni obiettivi, ma dai quali ci divide un diverso concetto del modello sindacale. E questo non possiamo dimenticarlo: è troppo facile e comodo dire che tanto i litigi avvengono solo a livello nazionale.
L’unità è un bene prezioso che i lavoratori ricercano e la CISL, per sua natura, è disposta alla mediazione, ma non a qualunque costo.

Ricordo che Prodi, quando fece la sua campagna elettorale nel 2006, andò ad un convegno della CGIL e disse: Il vostro programma è il mio programma elettorale. !! Poi sentimmo Berlusconi che andò alla Confindustria e disse la stessa cosa, riferita all’associazione degli industriali. Comportamento sbagliato in un caso e nell’altro.

Ma allora, se vince un Governo omogeneo al proprio credo, si deve smettere di fare sindacato ?

GOVERNI AMICI

Quando c’è un Governo di centro destra finisce il dialogo sociale, il confronto, con conseguenze negative per il sindacato e per i lavoratori.

Ma quando c’è un Governo di centro sinistra ci dicono: state tranquilli, siamo amici, ci pensiamo noi ai problemi dei lavoratori, lasciateci lavorare !!

Ebbene agli uni e agli altri diciamo: non potete fare a meno del sindacato, la società non può far a meno delle elaborazioni autonome del sindacato. Sarebbe sbagliato da parte di qualunque Governo o di qualunque opposizione pensare ad un ruolo subalterno del sindacato, anche perché i veri amici non sono quelli che ti dicono sempre di si, ma quelli che ti fanno rilevare gli errori !!!
La nostra caratteristica deve essere quella splendida anomalia di cui parlava Gino Giugni, in un famoso articolo su Repubblica nel 1977. Cosa che spesso non viene compresa.

LA DIFESA DELLA COSTITUZIONE

Gli annunci di cambiamento, in modo unilaterale, della Costituzione, fatti dal Governo sono da respingere con forza. La CISL ha aderito al comitato per la difesa della costituzione, nato in occasione del referendum di qualche anno fa. Abbiamo organizzato anche una bella manifestazione unitaria a sostegno delle tesi del sindacato. Il Governo di allora fu pesantemente sconfitto.
E’ assurdo utilizzare strumentalmente le emozioni, comprensibili, create dal caso Eluana Englaro e dal problema del testamento biologico, sul quale esistono diverse e rispettabili opinioni, per approfittare e rendere più estesa la decretazione d’urgenza.
Su questo, il sindacato, la Cisl sarà assolutamente contraria, perché mina il concetto di sussidiarietà e mortifica il ruolo dei parlamenti eletti.
D’altronde, ne abbiamo già visto qualche effetto, con decreti, come quello Gelmini, gabbati come riforma della scuola ed in realtà finalizzati solo a tagli, senza nessuna concertazione.

Ci siamo battuti giustamente contro il Governo Berlusconi che voleva cambiare la costituzione, consentendo al presidente del Consiglio il potere di scioglimento del Parlamento. Ma c’è tanto da fare anche a livello regionale dove il Consiglio Regionale può essere sciolto con la semplice decisione del Governatore. Non va bene una difesa a senso unico dei principi della democrazia, perché essi dovrebbero essere difesi a prescindere dal quadro politico, anche quando esso è omogeneo alle proprie convinzioni.

ACCORDO LUGLIO 2007 - IL MODELLO CONTRATTUALE

La Cisl ha lavorato con umiltà e con pazienza ed ha firmato, unitariamente, l’accordo del 23 luglio 2007, con un Governo di centrosinistra. Un accordo reso valido da centinaia di assemblee in tutta Italia e in tutta la Sardegna, con l’85% dei consensi tra i lavoratori. A Cagliari sono stati espressi circa 30000 voti: un raro esempio di esercizio della democrazia nel nostro Paese.

Ebbene, anche in quell’occasione le elaborazioni della Cisl sono diventate, in larga misura, contenuto dell’accordo. Perciò la Cisl l’ha firmato. E anche in quell’occasione, la CGIL, firmò, in un primo momento, solo per presa visione, a causa dei condizionamenti interni, che ancora incidono sull’atteggiamento della CGIL.
Ricordo ancora il pathos e l’emozione con il quale il nostro segretario generale, Raffaele Bonanni, tra l’entusiasmo di tutto il consiglio generale nazionale, spiegò la portata dell’accordo. Successivamente, il Governo Prodi, nato troppo debole per resistere a lungo, è caduto ed è nato un nuovo Governo, con ben altra maggioranza, fatto che ci ha costretto a riprendere le fila del discorso.

L’accordo di luglio del 2007, in effetti, era una gamba delle rivendicazioni sindacali, ma occorreva intervenire sul modello contrattuale, sul fronte della lotta all’evasione fiscale, sulla detassazione dei premi aziendali e su una politica che riducesse la pressione fiscale nei confronti di lavoratori e pensionati.
La positività di quell’accordo, che tentava di conciliare le esigenze dei giovani con quelle degli anziani, non era sufficiente per migliorare le condizioni di vita.

Proprio in occasione della consultazione referendaria, è emersa con forza l’esigenza di adeguare salari e pensioni.

I salari netti dei lavoratori italiani risultano agli ultimi posti tra i paesi dell’Unione Europea. La maggior parte delle pensioni ha un livello molto basso. L’introduzione dell’EURO, per molti versi benefica perché ci ha messo al riparo da crisi nazionali (quello che sta succedendo ora in Gran Bretagna dovrebbe esserci di monito), ha determinato, per responsabilità della politica e del Governo di allora, un aumento notevole dei prezzi, una svalutazione dei salari e delle pensioni. Insomma, in una parola, è finita l’epoca della politica dei redditi.

L’accordo di luglio del 1993, pur ottimo e che ha prodotto buoni risultati per vari anni, rimettendo in moto la contrattazione nazionale e aziendale, ha cessato di avere una funzione positiva, perché l’inflazione programmata non è stata più concordata preventivamente, ma imposta sempre al ribasso.
I contratti nazionali (circa 400) sono aumentati di numero, in maniera esponenziale, e firmati tutti al ribasso, determinando fenomeni di dumping sociale.
E’ emersa, con forza, l’esigenza di aggiornare l’accordo sugli assetti contrattuali.

I primi provvedimenti del Governo Berlusconi sono stati forse non troppo sgraditi agli italiani: basti ricordare il provvedimento di abolizione dell’ICI o quello di spalmatura delle rate dei mutui in un arco maggiore di tempo o ancora la detassazione degli straordinari. Li avevamo criticati giustamente e si è visto il perché: o inutili o demagogici e populisti.

Il decreto 112 è intervenuto nei confronti dei lavoratori pubblici in modo punitivo (frutto del Brunetta – Pensiero. Provvedimento contestato fortemente, fino alla proclamazione di scioperi e proteste.

Tuttavia, l’azione sindacale non si è fermata e, dopo anni di discussioni, si è arrivati al varo della piattaforma CGIL CISL UIL sulla riforma del modello contrattuale. Sintesi unitaria da portare al confronto con la Confindustria e con le altre associazioni dei datori di lavoro e poi, solo successivamente, al tavolo del Governo in modo da far approvare alcuni provvedimenti a favore del lavoro e che sarebbero stati complementari al nuovo modello contrattuale.

Gli obiettivi essenziali della piattaforma, peraltro sperimentata già in alcuni comparti, sono noti e non li enuncio perché su questo interverrà il segretario confederale.

Mi pare che il percorso costruito dalla Cisl sia in linea con quanto da sempre facciamo.

Si è aperto un tavolo con le associazioni e con le controparti, sulla base della piattaforma presentata e si è dato un giudizio sui risultati raggiunti.

La firma dell’accordo del 22 gennaio scorso, tra l’altro sperimentale per 4 anni, è quindi figlio non di un capriccio o di un dispetto fatto alla CGIL, ma dell’applicazione pratica del modello di sindacato che pratichiamo. E’ stato preceduto dalla firma di accordi separati nel settore del pubblico impiego che hanno rinnovato i contratti e attutito le conseguenze negative del decreto 112 sui lavoratori .

Mi sembra di vedere un film già visto nel 2001/2002. Un Governo di destra, non certo animato da buone intenzioni nei confronti delle organizzazioni sindacali, che spesso vive di preconcetti nei confronti dei lavoratori e del sindacato, ma dall’altra una parte del sindacato che vive di NIET, che ideologizza, a sua volta, i rapporti con il Governo.
Di fatto c’è il rischio che non ci siano margini per trattare, lasciando mano libera al Governo. E’ un errore che non dobbiamo commettere, perché rappresenta un danno per i lavoratori ed i pensionati.

Da qui gli scioperi unilaterali della CGIL nel commercio contro il contratto: miseramente fallito. Nel sabato dello sciopero, i supermercati ribollivano di personale in servizio e di utenti. Lo dico senza soddisfazione, intendiamoci, perché il fallimento di uno sciopero non è mai bello.
Il balletto sull’accordo ALITALIA, terminato poi con la firma anche della CGIL che teorizzava l’essenzialità della firma delle associazioni corporative dei piloti e degli assistenti di volo.
La manifestazione di settembre, per arrivare ad alcuni scioperi unilaterali, di dicembre, sempre sbagliati a parer mio, nell’università, tra i metalmeccanici e il pubblico impiego.
In campo regionale, si è parlato tante volte di far sciopero contro la Giunta Regionale, da soli come Cisl, vista l’inerzia della CGIL. Il sottoscritto è stato sempre additato come uno degli oppositori dello sciopero solo CISL e qualcuno ora si rammarica che la Cisl non l’abbia messo in campo.
Abbiamo fatto bene a non farlo e sbaglia chi, come la CGIL, rompe il fronte unitario, ma abbiamo fatto anche bene a rivendicare con forza e a portare in piazza, ogni volta che abbiamo potuto, le nostre idee. La manifestazione del sabato 1 dicembre 2007, con tante bandiere Cisl a sventolare, è stata una grande risposta e che vale più di tanti scioperi.

Al di là del recupero dell’unità con la CGIL, auspicato dalla segreteria confederale, è importante però un maggior dialogo con gli iscritti e con i lavoratori attraverso una capillare campagna di informazione e di assemblee.

LA SARDEGNA

La situazione drammatica a livello nazionale si riflette naturalmente sulla nostra Regione. Il programma della Giunta per alcuni versi era condivisibile. Si è teorizzata la nascita di una società della conoscenza e la valorizzazione della cultura, dell’istruzione e dell’ambiente: obiettivi teoricamente validi.
In ogni caso, la Giunta o meglio il suo Presidente hanno peccato di auto referenzialità ed hanno spesso, per mera propaganda, inforcato gli occhiali rosa, descrivendo una realtà ben lontana dal vero.
Alcune riforme forse erano necessarie, ma sono state attuate senza il coinvolgimento attivo delle forze sociali.
Si è innescata, invece, una polemica forte nei confronti del Sindacato, della Cisl in particolare. Basta ricordare interventi molto pesanti di diversi assessori contro i nostri segretari e contro di noi sui Giornali e sul sito della Regione Sarda.

E’ stata predisposta una riforma della formazione professionale che ha eliminato gran parte del lavoro, pur precario, e messo a rischio il lavoro degli storici della legge 42. Di fatto non si è arrivati né ad una riforma del sistema della formazione né ad un risparmio economico. Si è confusa la giusta difesa della scuola pubblica, con il ruolo, diverso e complementare, che deve svolgere la formazione professionale e la formazione in genere, anche continua, che non può passare tutta per la scuola pubblica.
Spesso ci imbattiamo in aziende nelle quali è necessario ricorrere a lavoratori provenienti da fuori; vedi il caso degli infermieri che vengono dall’estero al Policlinico o nelle ASL o a casi, anche nella zona industriale di Sarroch, nei quali si ricorre a ditte che vengono da fuori della Sardegna, per mancanza di lavoratori con una particolare qualificazione.
Questo fatto attesta la necessità di un sistema di formazione collegato con il mondo del lavoro.
La Cisl è per la scuola pubblica ma sostiene anche un sistema di formazione che, evitando sprechi, si basi sull’attività di enti di formazione seri e sugli enti bilaterali.

Si è continuato con la riforma della Regione e degli Enti, mettendo spesso in difficoltà i lavoratori e le loro rappresentanze, per arrivare all’abolizione delle Comunità Montane e alla riforma dei Consorzi industriali ed a provvedimenti nell’ambito sanitario che hanno messo in difficoltà non tanto i SIGNORI DELLA SANITA’ quanto i lavoratori sui quali è ricaduto il peso delle decisioni. Ha detto un delegato al congresso della FPS: i padroni delle cliniche private si sono arricchiti per anni, sulle spalle dell’impegno dei dipendenti, per poi metterli sul lastrico.
La tassa sul lusso, l’approvazione del PPR che, forse lodevole negli intenti, ha frenato in buona misura l’edilizia nella nostra Regione, ma soprattutto l’approvazione del Piano Sanitario e la Vertenza entrate nei confronti del Governo hanno caratterizzato l’azione della Giunta Regionale.

La Statutaria poi è stata approvata in perfetta solitudine, smentendo nei fatti quella necessità di dialogo e confronto, assolutamente necessari.

Ebbene, nonostante questo fiorire di interventi, i risultati non sono stati granché.

La povertà, in Sardegna, è passata dal 16,5% al 22,9% in pochi anni. Il che vuol dire che i poveri in Sardegna sono circa 370000.

Una gran parte degli avviamenti al lavoro avviene con contratti a tempo determinato o atipici, talché si può calcolare il tasso di precarietà su percentuali vicine al 20% delle forze lavoro.

La disoccupazione, che ha avuto nel corso del quadriennio tassi di riduzione apprezzabili, tuttavia nell’ultima rilevazione trimestrale registra un tasso pari al 10,8% superiore di due punti rispetto al 2007.

Il PIL regionale è aumentato in misura modesta, meno che in campo nazionale e meno che in altre regioni meridionali. La stessa manovra sulle entrate e la vertenza con il Governo di Roma, se pure ha portato risorse per gli anni a venire, ha di fatto scaricato i costi della Sanità e della continuità territoriale sulla Sardegna (con tutte le incognite del caso). Rimane comunque insoluto il problema dell’insularità che questo Governo sembra voler ora risolvere.

Di fatto, il Governo regionale ha impostato una politica di risanamento sulla quale però, a causa delle anticipazioni indicate nella manovra di bilancio, la Corte Costituzionale ha posto numerosi dubbi.

Aumenta il fenomeno dei residui passivi, mentre la progettazione integrata, partita con mega riunioni, non si capisce quali benefici abbia creato per la nostra terra.

Vertenze dei lavoratori
C’è poi una serie infinita di questioni attinenti ai lavoratori perché le riforme relative alle agenzie governative, alla gestione dell’acqua (Abbanoa), ai Consorzi industriali, alle Comunità montane, alla questione precari della Regione, non sempre sono state affrontate con la dovuta attenzione e trasparenza.
A fronte di lavoratori che sono passati dal sistema pubblico a quello privato, come i lavoratori dell’ESAf, pur con tutte le garanzie del caso, abbiamo assistito a fenomeni di internalizzazione, annunciata e non sempre applicata, per tanti altri interessati dalle riforme: i lavoratori della formazione professionale, quelli del BIC, SIGMA, HIDROCONTROL, OSSERVATORIO ECONOMICO, PROGEMISA, CONSORZIO SAR, quelli di sviluppo Italia ed ora quelli dell’INSAR, delle ditte d’appalto che svolgevano il servizio idrico per conto dei comuni e dell’Esaf. Tutti questi lavoratori hanno vissuto ed in alcuni casi vivono ancora nell’incertezza.
La precarietà sta colpendo strati di lavoratori, che si ritenevano sicuri e intoccabili, al di là di quelli ben noti da sempre.

La Regione, partita con affermazioni di grande valore morale : in Regione si entrerà solo per concorso !!, di fatto si è adagiata su una politica del personale di piccolo cabotaggio, applicando tanti criteri diversi e questa è una grossa responsabilità perché, a fronte di situazioni simili, si è applicato ora il criterio dell’articolo 2112 del codice civile (PASSAGGIO D’AZIENDA), ora quello del concorso, ora quello della selezione: Insomma una babele che lascia insoddisfatti tutti, compresi i dipendenti interni della Regione.

Il Presidente uscente si è vantato (sic) di aver diminuito il personale della Regione, bisogna vedere però quanto è aumentato il personale in convenzione e con contratti atipici e precari.

Indubbiamente un’analisi di quanto fatto dalla Regione sarebbe incompleta se non si desse conto dei buoni risultati ottenuti sul fronte della stabilizzazione dei lavoratori socialmente per i quali la Regione ha stanziato risorse aggiuntive sia per l’assunzione nei ruoli degli enti locali, sia nelle società di servizio in house.
Anche rispetto alle politiche della casa si devono registrare positivi stanziamenti per il FONDO SOSTEGNO AFFITTI, cioè il contributo per il pagamento dell’affitto per la prima casa. La Regione Sardegna ha stanziato 6 milioni di euro che hanno portato al soddisfacimento del 73% delle domande, in controtendenza rispetto al Governo nazionale che ha ridotto le risorse per lo stesso fondo sostegno affitti ed una corrispondente diminuzione di fondi per la Sardegna.

Anche per il fondo per la non autosufficienza le risorse messe a disposizione dalla Regione sono superiori a quelle messe dal Governo, anche se i risultati ancora non si percepiscono.

Infine, l’approvazione del Piano Sanitario Regionale è importante ma necessita di realizzazioni concrete. Le liste d’attesa, l’assistenza domiciliare integrata, i viaggi della speranza sono sempre dei punti irrisolti.

INDUSTRIA

Secondo i dati più volte forniti dal sindacato e non solo dalla Cisl, in Sardegna si registrano tassi di occupazione nel settore industriale nettamente al di sotto di quelli nazionali. Anche la percentuale del Prodotto interno lordo, determinato in Sardegna dal settore industriale, è nettamente al di sotto di quello medio nazionale.

E’ ben noto che, laddove non vi sia un’industria moderna ed efficiente, sarà difficile produrre ricchezza per l’intera società.

La crisi mondiale incide gravemente sul tessuto industriale sardo anche per alcune scelte di carattere transanzionale o nazionale e tuttavia la situazione in Sardegna è ancora più grave per la mancata soluzione dei problemi infrastrutturali della nostra Isola, del problema del costo dell’energia e per la mancanza di una strategia regionale adeguata a rispondere, per quanto di competenza, alle crisi.

Secondo i dati diffusi dalla Cisl sarda, vi è una perdita di 16000 posti di lavoro nell’industria tra la rilevazione del terzo trimestre 2008 e quello del terzo trimestre del 2004. Analogo trend per il settore delle costruzioni.

Il fatto che la cassa integrazione ordinaria e straordinaria siano aumentate a dismisura, insieme agli ammortizzatori sociali in deroga, è un dato significativo.

Il mancato rispetto dell’accordo sulla chimica del 2003 rappresenta un ulteriore elemento negativo.

La Cisl sarda ha proposto più volte un patto tra Regione e forze sociali e imprenditoriali perché alle sfide della globalizzazione e del rilancio dell’industria non si può che rispondere attraverso un’azione comune.
Non mi sembra che questo appello sia stato raccolto, né si sono date risposte alla richiesta di applicare le intese sottoscritte (chimica ed energia), del rilancio delle intese istituzionali di programma Stato Regione, di nuovi accordi di programma quadro per rilanciare il tessile, l’agro industria e la nautica.

Tutte queste rivendicazioni andranno portate, quanto prima, all’attenzione del nuovo Governo regionale e nazionale. Non si potranno, secondo noi, raggiungere risultati positivi se non si valorizzano i rapporti con la Confederazione e con segreterie nazionali di categoria e se non si rilancia l’idea di un modello di sindacato europeo, in modo da essere inseriti nei circuiti nazionali e internazionali.


L’OCCUPAZIONE IN PROVINCIA

I dati sul mercato del lavoro della provincia di Cagliari rispetto a quelli nazionali parlano chiaro. I miglioramenti del tasso di occupazione e la diminuzione di quello di disoccupazione, avvenuti negli ultimi 4 anni rilevati, sono ben distanti dai dati nazionali e la componente femminile raggiunge risultati molto negativi, rispetto alle medie nazionali: ciò evidenzia la mancanza di politiche di genere e la debolezza del mercato del lavoro cagliaritano, caratterizzato dalla prevalenza di servizi a basso valore aggiunto, con possibilità occupazionali accaparrate dagli uomini.
La stazionarietà del dato relativo alle forze lavoro, inoltre, nonostante l’aumento della popolazione, che però ha un indice di vecchiaia rilevante, si riflette sulla diminuzione del tasso di disoccupazione e certifica il senso di scoraggiamento nella ricerca di lavoro.
Inoltre, i dati rilevati dall’ISTAT attestano il ritardo della nostra economia, specie con riguardo alla percentuale di occupazione nell’industria e, in particolare, nell’industria in senso stretto, nettamente inferiori a quelli nazionali. Altro dato che dimostra il ritardo del nostro sistema produttivo.
Al di là dei dati statistici, la situazione occupazionale del territorio cagliaritano non appare positiva. I tassi di occupazione sono bassi, specie quello femminile (38,7%, meno della percentuale regionale e di quasi otto punti inferiore al valore nazionale). E ancora: la disoccupazione non diminuisce e, soprattutto, è scarsa la qualità del lavoro e ciò non consente di dare risposte e speranze ai giovani, specie se laureati.
Incide la ridotta qualità del sistema scolastico, con alti tassi di dispersione, il mancato collegamento della formazione con il mondo del lavoro, la scarsa qualità dell’università di Cagliari che sforna pochi laureati che continuano ad avere scarse opportunità. La fuga dei cervelli è in atto.

Alcuni dati: (fonte ISTAT 2007)
tasso di occupazione CA 53,3 – NAZ 58,7; Maschi CA 68 – NAZ 70,7; Femmine CA 38,7 – NAZ 46,6)
tasso disoccupazione CA 9,4 – NAZ 6,1; Maschi CA 6,5 – NAZ 4,9; Femmine CA 14 – NAZ 7,9.
Tasso di attività CA 58,9 NAZ 62,5; Maschi CA 72,4 – NAZ 74,4; Femmine CA 45 – NAZ 50,7.




IL PORTO CANALE
Si è registrata nel corso del 2007 e di una parte del 2008, la crisi del Porto Canale. Traffici dirottati per scelte transnazionali, banchine, costate fior di miliardi di lire, vuote o destinate a raccogliere l’arrivo delle navi che trasportavano i rifiuti napoletani, lavoratori licenziati o in cassa integrazione, rischio di ritiro della concessione al terminalista. Un danno enorme per Cagliari e per la Sardegna.

Ecco, alla fine d’agosto, l’incubo è finito. In un incontro nel quale si è scoperto che anche i manager hanno un’anima (la Battistello, presidente della Contship, si è messa anche a piangere per la gioia) la notizia della ripresa dell’attività e la riassunzione dei dipendenti della CICT, della ITERC, della Compagnia Portuale.

Si potrebbe dire: “Ripartiamo dalla rinascita del porto per sostenere il rilancio dell’occupazione e dello sviluppo”. È una novità positiva che va consolidata. Il peggio potrebbe essere passato. Oggi la Contship ha firmato contratti con diversi operatori ed il porto non lavorerà con un solo committente e il traffico ritornerà ai volumi di un anno fa.
Tutto questo rappresenta una boccata d’ossigeno per la città, la Provincia, la Sardegna. Si è evitato il dramma sociale e la disillusione di tanti giovani.
Come al solito le vittorie hanno molti padri, mentre la nostra posizione, fiduciosa nella rinascita del Porto container, contro il disfattismo, è stata premiata. Meglio sorvolare sulle polemiche e concentrarsi invece su quello che da oggi in poi possono fare istituzioni locali e forze sociali, per rendere stabile la ripresa del lavoro. La costituzione della zona franca, potrebbe essere un fatto di grande rilievo, perché consentirebbe di lavorare le merci in città, anche se per fare questo bisognerà migliorare ancora il retroporto, con snodo ferroviario e investimenti importanti nelle infrastrutture.

Il porto deve essere considerato una grande opportunità per la Sardegna e di questa occasione devono convincersi tutti, a partire dalla Regione, accantonando, anche qui, sterili campanilismi.
Si deve però rilevare che, si è cercato di chiudere il bacino di carenaggio, licenziando venti lavoratori e soprattutto mettendo una pietra tombale, a dire dell’imprenditore a causa della burocrazia e dell’Autorità portuale, su un’intrapresa che può avere sviluppi positivi per la Provincia di Cagliari.

In passato, l’Autorità Portuale ha assunto una posizione sbagliata, considerando l’attività marginale ( da terzo mondo, fu definita). Oggi per fortuna le cose sono cambiate. Diamo atto alla nuova Autorità Portuale che oggi considera l’attività di carenaggio strategica per il porto, dando ragione alle intuizioni che la FSM e la CISL di Cagliari da sempre sostengono.
Ogni tanto qualche buona notizia: parrebbe che un serio imprenditore voglia rilevare l’azienda che avrà i suoi spazi, nella provvisorietà nel Molo Sabaudo e, nella definizione dell’intrapresa, all’interno del Porto Canale.
Se si concretizzerà tutto ciò, ci potrebbe essere un interessante ritorno in termini di investimenti e di nuova occupazione.
Anche perché le navi viaggiano perché esiste la Sardegna e le sue isole minori ed è assurdo che non ci sia ricaduta occupazionale né sulle navi né sulla terraferma per i lavoratori e per lo sviluppo della nostra provincia.

Ma lo stesso porto storico langue perché privo di traffici, danneggiato da scelte sbagliate ma anche dalla mancata attuazione della continuità territoriale delle merci, attraverso il sistema delle autostrade del mare. Le merci, per il 60% dirette al Sud Sardegna, sbarcano ad Olbia e poi vengono trasportate su strada, attraverso la 131. La stessa Tirrenia, in regime di monopolio, non dà affidabilità sulla qualità del servizio di trasporto passeggeri né in termini di comfort, né di orari, né di frequenza: basti pensare che è bastato un incidente per sospendere immediatamente, per alcuni giorni, la tratta Cagliari Civitavecchia.

UNILEVER E ALTRE CRISI
Tra i casi più drammatici e negativi si deve annoverare il caso dell’UNILEVER. Si dice spesso che si deve puntare sull’agro alimentare, ma proprio in quel settore si è vissuta una vicenda dolorosa, non solo per l’occupazione diretta di oltre duecento lavoratori, con le rispettive famiglie, ma perché è stata decretata la morte di un’azienda modello, nella quale i rapporti sindacali erano all’avanguardia e dove erano state sperimentate forme di lavoro flessibili, innovative. Un’azienda dalla quale uscivano prodotti di qualità e che rappresentava un tassello d’eccellenza nel panorama dell’industria cagliaritana.

Ebbene, le scelte della Multinazionale sono state irremovibili, anche perché forse non si è riusciti a fare quadrato attorno ai lavoratori e troppo poco si è fatto da parte di Regione e Istituzioni in genere, al di là della ovvia solidarietà espressa più volte.
Un’azienda che non ha voluto concedere neanche la CIG in deroga, mentre soluzioni alternative non sono state prospettate da alcuno: questo rappresenta una ferita ed una sconfitta anche per il sindacato cagliaritano, anche perché per l’attività si è preferita una diversa località italiana. E questo la dice lunga su quanto dovremo fare per aver più voce in capitolo.
Momenti difficili anche in altri settori agroalinteare (Valriso e Podda), meccanico /European Component , cartario (Cart Oran). Poi i drammi delle imprese d’appalto che a ogni cambio producono riduzioni di personale o di salario (vedi Isgas, Multiservizi, IPE, Imprese di pulizia).
E’ stata superata, almeno temporaneamente, la crisi alla Bridgestone con un accordo che aumenta la produttività del lavoro, anche se nuove nubi si possono addensare per un’azienda che, fabbricando cordicelle d’acciaio per i pneumatici, può essere interessata in negativo dalla crisi dell’auto.
Il settore chimico, vedi caso Syndial, attraversa un momento di incertezza, mentre sono in crisi la Mineraria Silius e la Sardinia Gold Mining di Furtei ( di proprietà della banca americana fallita Lehman Brothers) soffre proprio degli effetti della crisi finanziaria mondiale.

Ma anche nel settore dei call center e del commercio (che fino a poco tempo fa costituivano i settori di nuova occupazione in provincia), si registrano crisi continue (vedi il caso Gemini), anche a causa di riduzione di commesse della Telecom o, per diminuzione drastica dei consumi che incidono poi sulla stessa occupazione.
TISCALI attraversa un momento negativo e anche se la soluzione dei 250 esuberi annunciati è stata per ora trovata con strumenti SOFT, comunque oltre cento posti di lavoro sono stati di fatto soppressi, attraverso l’esodo incentivato.

Altrettanto importante è puntare sul turismo: lo sviluppo e il costante crescere del traffico passeggeri all’aeroporto è evidente e in questo hanno avuto un ruolo importante i voli low cost. Si parla di quasi tre milioni di passeggeri. E’ importante che i sardi utilizzino questo tipo di voli ed altrettanto lo è il fatto che attirino turisti stranieri nella nostra Regione, quelli che portano ricchezza. Il fatto che la compagnia low cost principe Ryanair stabilizzi la sua presenza nello scalo cagliaritano può rappresentare un’opportunità. L’aeroporto cagliaritano e la società di gestione SOGAER devono però essere considerati non un corpo estraneo alla società cagliaritana, ma un’azienda che attua sinergie con il sistema turistico locale, con il sistema degli enti pubblici e con il territorio.
L’incremento dei traffici dovrebbe portare nuova occupazione anche se si registrano preoccupazioni notevoli sul fronte nell’handling, anche in relazione alla fusione Alitalia/Airone.

Il momento favorevole per lo sviluppo e l’occupazione per l’area cagliaritana, rappresentato dagli investimenti Saras, pur rallentati, costituisce indubbiamente un’ occasione importante non solo per dare sollievo all’occupazione nella provincia, ma anche per incidere, in modo duraturo, sulla viabilità, sull’efficienza del trasporto pubblico locale, sui servizi per i lavoratori (mensa e presidio sanitario) e per una migliore tutela ambientale, con la certificazione EMAS.

Ci sono dei tavoli aperti, ma le problematiche vanno seguite con attenzione, insieme alle categorie dell’industria presenti nell’area. Senza un’industria efficiente e produttiva, difficilmente vi può essere sviluppo e occupazione, ma obiettivo del sindacato è però anche quello di avere un’industria rispettosa dell’ambiente e della salute dei cittadini e di tutelare la sicurezza dei lavoratori, nella fabbrica ma anche fuori del luogo di lavoro. Il 75% degli infortuni mortali sul lavoro in Sardegna avviene in itinere o, in genere, sulla strada. Ecco perché lo sviluppo del trasporto pubblico verso le industrie e i luoghi di lavoro in genere è un obiettivo sul quale bisogna convogliare risorse ingenti, anche pubbliche. Si tratta quindi di incalzare le Istituzioni, a partire da Anas e Regione Sarda, ed il sistema delle imprese per raggiungere risultati in questi campi.

Quanto accaduto durante l’alluvione, dimostra quanto sia urgente completare una strada, la 195, fondamentale per lo sviluppo industriale e turistico della zona. E’ assurdo che per fare 18 chilometri da Cagliari alla raffineria si impieghino anche un’ora di viaggio. !!

SICUREZZA SUL LAVORO

Nel corso di questi anni, abbiamo cercato di organizzare diversi momenti di sensibilizzazione e di formazione su questo argomento. Solo che, a volte, di morti sul lavoro, se ne parla solo quando accadono nelle grandi aziende, meno quando avviene in piccole aziende, forse perché i giornali ne parlano di meno.
Eppure si muore soprattutto nelle aziende sotto i 15 dipendenti dove il ruolo del rappresentante della sicurezza spesso è inconsistente. Bisogna vigilare anche per evitare che vadano a compimento i tentativi del governo di modificare in peggio la normativa.
Ecco questo sarà un altro di quei problemi che vorremmo contribuire a risolvere, perché OGNI MORTO SUL LAVORO SEGNA UNA SCONFITTA ANCHE PER NOI.

Sul fronte del lavoro socialmente utile, si deve registrare in provincia di Cagliari, la quasi totale scomparsa del fenomeno grazie alle iniziative dei comuni e della Provincia che hanno di fatto stabilizzato quasi tutti i lavoratori, anche grazie ai contributi della Regione Sarda. Particolarmente importante è stato il contributo offerto dalla ASL 8 e dall’azienda ospedaliera Brotzu. Su questo problema si addensano però preoccupazioni in merito alle stabilizzazioni del passato, nelle cooperative delle scuole, nel Geoparco, nelle società miste o in house.

A questo proposito è necessario irrobustire quelle società che hanno stabilizzato i lavoratori e sono diventate di totale proprietà pubblica. Ciò nell’interesse dello stesso Ente pubblico, della qualità dei servizi, della sicurezza e stabilità dei dipendenti.
Per quanto riguarda la Multiservizi, dopo l’acquisto da parte del Comune di Cagliari, si aspettava un piano di impresa ed un rilancio ed invece la società, dopo aver persino licenziato 22 lavoratori ex socialmente utili, vivacchia e sopravvive senza una finalità precisa, con pochissimi mezzi economici e con un CDA sempre in prorogatio.
La Proservice, interessata nelle settimane scorse da vicende che si intersecano con gli assetti dell’Istituzione proprietaria (vedi sovrapposizione di presidenze da parte del presidente della Provincia Milia), è diventata una grande azienda, dal punto di vista numerico, ma necessita di un’organizzazione molto snella ed efficiente che limiti gli sprechi e valorizzi le persone, evitando clientelismi e favoritismi.

BANCHE E SVILUPPO

Parlando di sviluppo, non può essere trascurato il ruolo e l’azione della Banche. Si è parlato per anni del fatto che le banche dovevano diventare sempre più grandi e che non ci fosse bisogno di banche locali.
Così facendo, le direzioni centrali si sono insediate fuori della Sardegna e le agenzie locali non hanno la benché minima autonomia nella concessione dei crediti.
La storia di questi mesi ci insegna che si deve ripensare anche questo modello e che ci vogliono le banche grandi, ma sono necessarie anche le banche locali, che raccolgono e investono sul territorio.
In realtà, dai dati emersi in un convegno organizzato dalla Fiba e dalla Cisl è emerso un rapporto impieghi depositi che penalizza la Sardegna. La nostra Regione ( Cagliari e il Medio Campidano non fanno eccezione) è sempre di più terra di raccolta ma non di investimento
Lo spostamento del cuore e del cervello delle Banche sarde fuori del territorio regionale non può non preoccupare, anche se va registrata con soddisfazione la nascita della Banca dei territori (dovuta alla fusione della Banca Cis con Banca Intesa), sempre che non si tratti di un’operazione di pura facciata.
Il motivo per il quale la Cisl di Cagliari aderisce sia alla Banca di Cagliari che alla Banca Etica è solo quello di credere ad un nuovo modello di banca più vicina ai lavoratori, al territorio, al consumo etico.

CONCERTAZIONE CON IL COMUNE CAPOLUOGO

La concertazione, come detto, sembra ormai passata fuori moda: In particolare è mancata quasi completamente la concertazione con il Comune capoluogo di Regione. E’ di fatto saltato il tavolo sulle politiche sociali, è mancato un confronto sulle politiche del lavoro e sulle politiche del bilancio del Comune di Cagliari e, tanto meno, si è riusciti a trattare sulle problematiche tariffarie. E’ vero che l’inflazione, per effetto della crisi, appare in discesa, tuttavia il tasso medio annuo è piuttosto elevato. Per diversi mesi la città di Cagliari ha registrato il primato nazionale mensile dell’aumento dell’inflazione, rispetto alle altre città capoluogo di provincia. Esiste un problema di controllo dei prezzi, proprio in un’area che vede una grande presenza di grandi centri di distribuzione e di supermercati.

Non si vuole certo accusare il Comune di Cagliari di essere l’unico colpevole, perché la situazione è indubbiamente complessa, ma una qualche motivazione ci sarà pure e qualche rimedio va pure cercato. Al di là della visita di Mister Prezzi, chiamato di recente dalla Provincia, bisogna attivare un tavolo continuo e non una tantum con gli enti locali, le associazioni dei consumatori, il sindacato confederale e dei pensionati, le associazioni dei commercianti e la Federdistribuzione, per affrontare e risolvere il problema dell’aumento del costo della vita.

Non si dimentichi che la povertà (La soglia della povertà relativa è fissata su un reddito di 970 euro per una famiglia di due persone) colpisce fortemente l’area metropolitana di Cagliari, nella quale vivere con 500 euro al mese è molto più difficile che in altri territori. Si stimano in oltre 120000 le persone povere, delle quali almeno 40000 in città. Già sono emersi numerosi casi di pensionati che hanno chiesto ad alcune finanziarie la cessione del quinto e che ora sono in difficoltà, anche per la scarsa trasparenza delle condizioni praticate e degli alti interessi.
Sono fenomeni, questi, che si registrano maggiormente in aree metropolitane, quale Cagliari, e che devono essere affrontati con impegno pari a quello dedicato alle zone interne e al problema dello spopolamento, dovuto anche all’abbandono da parte dello Stato. La realizzazione della zone franche urbane in alcuni quartieri di Cagliari e Quartu, al di là della limitatezza delle risorse disponibili, può essere un fatto positivo. Da un lato è apprezzabile la capacità propositiva di questi due Comuni, dall’altro ciò dimostra il degrado e il disagio sociale vissuto in alcuni quartieri delle due città.
Vorrei anche ricordare che la città di Cagliari presenta un indice di vecchiaia altissimo: ogni giovane sotto i 14 anni, vi sono due persone over 64, il che la dice tutta sulla necessità di impegnare risorse, non solo materiali, per affrontare le politiche sociali e il problema della non autosufficienza, in zone dove spesso non può funzionare la solidarietà familiare e la vicinanza, come invece in una piccola realtà. In questo senso possono fare molto i PLUS che si sono concretizzati nella provincia e che devono passare da una fase di programmazione ad una fase di attuazione, favorendo l’integrazione tra i Comuni, la Provincia e le ASL.
A questo proposito si deve rilevare il buon rapporto avuto con alcuni assessorati della Provincia (lavoro e politiche sociali).

In ogni caso, dovremo prestare più attenzione per le nuove aree periferiche entrate nella provincia di Cagliari: vi sono aree emarginate e periferiche, basti pensare al Sarcidano, al Gerrei, territori che vanno collegati e integrati con le politiche di sviluppo dell’intera area vasta, ma per i quali esistono leggi specifiche, come la normativa sullo sviluppo rurale.

CAGLIARI CITTÀ METROPOLITANA

Noi ci auguriamo che, al di là della predisposizione del piano strategico, partito in modo molto spettacolare, ma non ancora arrivato alla realizzazione concreta, il Comune capoluogo voglia agire come una vera e propria città metropolitana perché diversi problemi si possono affrontare solo in una logica di area: dai trasporti interni ed esterni, al problema del Poetto, a quello della gestione dei rifiuti.

NUOVE INIZIATIVE A CAGLIARI

Gli annunciati investimenti a Cagliari possono contribuire a ridurre le aree di crisi. Il Betile (che qualcuno dopo le elezioni vuol portare a Nuoro), la riqualificazione di Sant’Elia, Tuvixeddu, i progetti della Metropolitana leggera e pesante sono i segnali giusti.

Purtroppo, su questi temi, anziché registrare convergenze e spirito sinergico tra le istituzioni, abbiamo rilevato conflittualità assurde che rischiano di compromettere grandi investimenti e risorse. Il sindacato che, peraltro, non è mai stato coinvolto direttamente nei progetti, ritiene che le idee buone debbano essere valorizzate, insieme alla salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale di Cagliari. Bocciare un progetto come quello del Betile solo per motivi politici è sbagliato. Allo stesso tempo invece per Tuvixeddu è positivo che qualche impresa abbia firmato la pace con la Regione, accettando aree edificabili alternative.

Anche l’ultima vicenda riguardante il blocco dei lavori del CAMPUS è incomprensibile. Una Giunta che spesso è stata accostata agli interessi dei costruttori, blocca, con la scusa di eccessi di volumetria, un’iniziativa importante che può dare risposte alle migliaia di studenti fuori sede che vivono e spendono in città, alimentando anche, purtroppo, il mercato nero delle case affittate.

Mi pare che l’omogeneità assoluta di colore tra Governo, Regione, Comune dovrebbe togliere ogni alibi e ci auguriamo che non venga spazzato anche il buono. Vedremo che accadrà.

MOBILITA’
Garantire la mobilità dei cittadini e dei lavoratori è una priorità. Il Comune punta molto sui parcheggi in centro. Il flusso di auto che, giornalmente, attrae Cagliari è enorme. L’organizzazione per la visita papale dimostra che c’è la possibilità di ridurre il caos del traffico, aumentando i parcheggi di scambio e favorendo così il mezzo pubblico per poi mettere in rete il Ctm col metrò delle Fds. Non servono i mega parcheggi, magari multipiano, vagheggiati dall’amministrazione cagliaritana ed è assurdo che si faccia quello di Marina Piccola, perché sarebbe utilizzato solo per pochi mesi all’anno e perché sarebbe l’ennesimo pugno in faccia per il Poetto e per il rispetto dell’ambiente.

SINTESI
In sintesi, La Segreteria della Cisl vuole rilanciare, insieme agli altri sindacati, la vertenza Cagliari, nell’ambito delle politiche più generali. E’ il momento di portare avanti le rivendicazioni del territorio sia nei confronti del Governo, perché siano inserite nella nuova intesa istituzionale di programma, sia rispetto ad una Giunta regionale nuova che attendiamo alla prova, senza preconcetti, ma con la preoccupazione dovuta alla gravità della situazione.

Ci proponiamo anche di attivare tavoli di confronto con il Comune di Cagliari e di Quartu e, almeno con quelli più grandi, su tariffe, politiche sociali, piano per il lavoro. Proseguire nel confronto con la Confindustria sia per lo sviluppo, con il tavolo di Governance, sia per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. Partecipare con nostre proposte alla realizzazione dei PLUS e al piano strategico del Comune di Cagliari e di Quartu S.E. Riaprire il confronto con la Provincia di Cagliari sulle politiche di sviluppo e sui servizi, con particolare riguardo ai servizi per l’impiego e ai piani formativi provinciali.

LA CISL DI CAGLIARI

Con questo congresso si chiude l’esperienza del lavoro comune fatto nella Ust di Cagliari, insieme ai lavoratori e ai pensionati del Medio Campidano. Una storia, pur recente, che ha visto uniti due territori per 16 anni e ha visto lavorare, con fatica e impegno, due dirigenze sindacali.
Nel 1981 la costituzione della Ust del Medio Campidano con il progetto 80, nel 1993 la chiusura, avvenuta non solo per decisione della USR di allora, ma anche a causa della crisi economica, in specie dell’industria, con tante aziende chiuse ed all’incapacità di alcune Federazioni di strutturarsi nel territorio.

Con il Congresso del 2005 e con la nascita della nuova provincia del Medio Campidano, ora si ridà vita alla struttura sindacale autonoma. Ecco, l’abbiamo detto da diverso tempo, per far crescere la nuova UST occorre una nuova mentalità, occorre operare in modo nuovo e diverso dal passato.
Sinergia tra Federazioni e Confederazione, agilità della struttura organizzativa, ramificazione nel territorio dovranno essere le caratteristiche dell’azione sindacale.

Nasce una nuova era sindacale, con preoccupazioni ma anche con tante speranze e sono certo che, se si lavorerà insieme, si raggiungeranno ambiti traguardi. Se vogliamo essere conseguenti con quello che affermiamo ed, in particolare, con l’obiettivo di essere vicini ai lavoratori e agli iscritti nelle zone periferiche, dobbiamo rilanciare la nostra presenza non solo a Cagliari (e ce ne è bisogno) ma anche nel Medio Campidano. Ci sono spazi enormi di sindacalizzazione e di proselitismo.
Per ragioni ideali e pratiche, ci saranno ancora rapporti molto stretti tra le due UST e, ci auguriamo, un forte apporto economico e politico da parte della USR.

I due congressi che stiamo vivendo (Cagliari e quello dell’11 marzo nel Medio Campidano) sono sempre momenti appassionanti di scambio di idee e a volte anche di contrapposizione, sempre democratica, dai quali deve uscire la nuova dirigenza o deve essere confermata la vecchia.
Il confronto, anche acceso, ci deve essere e c’è stato anche nelle Federazioni. Deve essere civile e corretto, come è nella nostra tradizione.
Se in alcuni casi non è stato così, bisogna riflettere e meditare sul fatto che la CISL è in primo luogo un’associazione di PERSONE che vanno sempre rispettate nella loro dignità
Da tempo, si dice che nella Cisl la dirigenza debba essere scelta sulla base del “merito” e di quello che si è fatto dal punto di vista politico/sindacale e non su basi di opportunità politica, (o peggio di opportunismo) perché la Cisl è un sindacato pluralista e di questo dobbiamo farne vanto.

Questo è avvenuto e deve avvenire in ogni occasione nelle Federazioni e nella UST di Cagliari e del Medio Campidano, a tutti i livelli.
Non voglio parlare di rinnovamento – sarei il meno indicato a farlo !! - tuttavia non sempre l’età giovane è sinonimo di modernità e di adattamento al nuovo, anche perché – come ha detto di recente un politico – la gioventù non è data dall’età anagrafica ma dal tempo che ci rimane da
vivere !!!
Ed allora il rinnovamento, che pure c’è stato in tante categorie, deve essere accompagnato dall’entusiasmo, dalla voglia di lavorare, dall’impegno a rimuovere le incrostazioni che spesso ci sono nella Confederazione e nelle Federazioni e che spesso facciamo finta di non vedere per la “buona pace” o solo per qualche interesse di bottega. Tutto ciò con il rispetto delle persone che entrano e che escono dall’organizzazione.
A questo proposito voglio salutare alcuni amici che non saranno più segretari generali: Alessandro Gardelli, Enrico Frau, la cara Iride Manca che con il loro impegno e serietà hanno fatto grande la loro Federazione e la CISL.
I risultati organizzativi e politici che abbiamo ottenuto sono sicuramente insufficienti, e verranno sintetizzati nella relazione del Collegio dei Sindaci. Non li leggo.

Stiamo lavorando in un sindacato vivo, nonostante quello che può pensare l’opinione pubblica, presente nel tessuto connettivo della società cagliaritana e del Medio campidano e abbiamo il dovere di non disperdere questi risultati, ma di migliorarli.

Sarei naturalmente un ipocrita se dicessi che sia andato sempre tutto bene. Ma per una segreteria nata quasi per scherzo il 1° di aprile del 2005, è andata anche troppo bene, anche grazie al vostro contributo e alla vostra partecipazione.

I confronti anche aspri che abbiamo vissuto nelle scorse settimane si sono ricomposti nell’interesse generale della Cisl e della Cisl cagliaritana, in particolare. Di questo voglio ringraziare tutti.

LA CONFEDERALITA’

La situazione del mercato del lavoro, la sua complessità in una società che invecchia e nella quale la precarietà del lavoro si allarga, ci deve far riflettere.
I confini tra le Federazioni sono sempre più labili, il passaggio di lavoratori da un settore all’altro è sempre più frequente e la stessa logica che noi portiamo avanti nella riduzione del numero dei contratti di lavoro, ci deve imporre un diverso modo di fare sindacato.
Non più chiusi nelle nostre roccaforti categoriali, ma aperti al dialogo a alla collaborazione tra le categorie e con la Confederazione.
In questo, riteniamo fondamentale il ruolo del sistema servizi e della rete delle associazioni della Cisl. Un particolare cenno, e non sembri un atto di captatio benevolentiae ( sapete che non ne sono capace) all’attività della federazione dei pensionati. Il ruolo di cerniera tra questo sindacato (che si può’ definire confederale anch’esso) e la confederazione e le Federazioni, al di là di rivendicazioni di maggiore rappresentanza negli organismi, deve svilupparsi nei termini di maggiore integrazione.
Spesso siamo definiti un sindacato di anziani che guarda solo ai lavoratori stabili ed ai pensionati; a volte è anche vero, ma allora dobbiamo sviluppare invece quei momenti di confronto tra generazioni che costituiranno la salvezza del sindacato e della Cisl.
Se si lavorerà in questa ottica, allora veramente in ogni sede della FNP o di altre categorie si potrà dire che lì c’è la CISL.

RINGRAZIAMENTI

La relazione volge al termine (Finalmente !!!). Innanzitutto voglio rivolgere il pensiero ad alcuni amici recentemente scomparsi: Giampaolo Farris e Salvatore Cuboni, componenti il consiglio generale, Giovanni Spiga e Marco Scroccu del Medio Campidano.
Voglio salutare con affetto i miei predecessori: Agrippino Cossu, primo segretario UST, ricco di umanità e di saggezza e prodigo di consigli, e Angelo Vargiu, sicuramente più esuberante, ma altrettanto determinante per il successo della Cisl di Cagliari.

Voglio ringraziare per il loro apporto costante e per avermi sopportato i componenti la Segreteria: Edoardo, Mimmo e l’ultima arrivata Monica che ha saputo conciliare, in questi pochi mesi, i problemi di lavoro, famiglia e sindacato.

Ma non c’è solo la segreteria da ringraziare:

L’infaticabile Fernando, ora in pensione, che per anni è sempre stato un punto di riferimento per la Cisl, con il suo proverbiale carattere, non sempre facile. Giorgio, Chicco, Alessio, Domenico, Paolo, e tutti i collaboratori: Sergio Melis per lo sportello sicurezza, Simone, Riccardo e Federico per l’ADICONSUM, Giampaolo e Alessandro per il SICET, Abdou per l’ANOLF, Vittorio, con tutti i suoi ragazzi, per la FISgest, Marilla per il coordinamento Donne e il servizio Mobbing, Enrica per l’impegno profuso nello sportello informatico e nel centro di orientamento al lavoro, Giancarlo e i suoi collaboratori per l’INAS. Pino per la creazione dell’ETSI. Lo storico avvocato Chiesa, di recente entrato a far parte della famiglia CISL confederale, dopo aver seguito per anni i lavoratori del commercio e della FAI. L’avvocatessa Laura Sette anch’essa entrata nello staff dell’Ufficio legale, nonché dell’ADICONSUM.
Spero di non aver dimenticato nessuno !!

Ecco tutto ciò dimostra che siamo una squadra e che ognuno, portando il suo piccolo grande contributo, cerca di fare grande la CISL di Cagliari, nell’interesse degli iscritti, dei lavoratori, dei pensionati per una società più giusta.

Grazie

Fabrizio Carta