LA RIFORMA DEL MODELLO CONTRATTUALE
UNA NOTA DELLA CISL DI CAGLIARI 31/3/2009
La Cisl cagliaritana è impegnata, da diversi mesi, nella celebrazione dei congressi confederali e di categoria. Sono centinaia, se non migliaia, le assemblee svolte nei luoghi di lavoro per discutere della linea politico sindacale della Cisl. E, naturalmente, tra gli argomenti più dibattuti c’è quello della riforma del modello contrattuale.
L’accordo firmato da Cisl, Uil, altri sindacati e da quasi tutte le organizzazioni dei datori di lavoro rappresenta un importante risultato conseguito a favore dei lavoratori.
Ciò è quanto emerso dal dibattito interno: si può affermare, senza tema di smentita, che i termini dell’accordo sono stati approfonditi, compresi, metabolizzati e accettati dalla gran parte degli iscritti della Cisl, né la bontà dell’accordo può essere inficiato da referendum messi in piedi dalla Cgil che pur vanta milioni di partecipanti in Italia e decine di migliaia in Sardegna. E’, del resto quanto meno singolare che una sigla organizzi un referendum per bocciare ciò che altri hanno fatto !!
Alcuni risultati conseguiti dalla Cisl nel rinnovo delle RSU, in Sardegna ma anche in campo nazionale (vedi il caso delle Poste ma per stare al territorio cagliaritano anche i risultati conseguiti in alcuni Call Center) testimoniano che la Cisl tiene le posizioni, nonostante le difficoltà del momento sociale ed economico vissuto. La Cisl pratica la democrazia di mandato, innanzitutto dei propri iscritti e decide, sulla scorta del giudizio dei propri organismi, liberamente eletti dagli associati, se approvare o meno un accordo.
Certo, di fronte alla demagogia, non sempre è agevole rispondere con il ragionamento ma, alla lunga, la coerenza e la serietà in genere pagano. E’ facile (ma una volta non era questo il metodo del sindacato autonomo, o meglio corporativo, tanto vituperato dal sindacato confederale ?) aggiungere a tutti gli accordi sempre un più uno, ma poi si rischia di rimanere senza rinnovi contrattuali per anni (chiedere ai metalmeccanici per esempio). Ma non ci si può rassegnare ad una deriva che sembra dire: “ non si muove foglia che cgil (o meglio Fiom) non voglia”. Perché, ferma restando la buona fede che va riconosciuta, sempre che ciò avvenga in reciprocità, non si può pensare di parlare di unità sindacale, solo se si sia accondiscendenti alle volontà di una sola sigla sindacale, pur grande e importante.
Quanto accaduto in questi giorni alla Piaggio, dove la Fiom ha perso un referendum vero, è sintomatico.
La Cisl sa che si è di fronte ad un momento di gravità eccezionale, dal punto di vista economico e sociale, ma sa anche, nella fattispecie specifica, che da anni l’accordo del luglio 1993, quello che regolava i rinnovi dei CCNL fino a qualche settimana fa, non è più riuscito, dopo qualche anno, a soddisfare l’esigenza di mantenere inalterato il potere d’acquisto dei salari. Tanto è vero che i salari netti degli italiani sono precipitati negli ultimi posti dell’Europa a 27.
L’accordo giunge dopo trattative unitarie che hanno seguito l’approvazione della piattaforma unitaria nel 2008 che rappresenta un punto di coesione, discusso nelle assemblee unitarie e approvato dagli organismi del sindacato.
Il suo contenuto è stato discusso non con il Governo ma con la Confindustria e con le altre organizzazioni del lavoro e dell’impresa. Esso corrisponde per il 90% alla piattaforma presentata e raggiunge diversi obiettivi determinanti per i lavoratori:
· L’unificazione della normativa tra lavoratori privati e pubblici.
· La triennalità della contrattazione nazionale, con unificazione delle scadenze della parte economica con quella normativa (oggi sui 4 anni).
· La previsione di un indice di inflazione ufficiale – realisticamente prevedibile – stabilito da un organismo neutro (IPCA).
· L’ancoraggio degli aumenti economici alle scadenze naturali con la previsione di un meccanismo di recupero in caso di scostamenti rispetto all’inflazione effettiva.
· Il rilancio della bilateralità, nel solco delle esperienze positive maturate in alcuni settori e categorie.
· Il riconoscimento della contrattazione aziendale o territoriale, in ogni caso di secondo livello, anche in quelle aziende che non l’hanno fatta negli ultimi quattro anni.
· La previsione di una normativa per rendere strutturale la detassazione al 10% e la decontribuzione sui premi di risultato, già contrattate con il Governo Prodi, maggiorando gli importi ed estendendola gradatamente ai lavoratori pubblici.
· La riduzione del numero dei contratti nazionali.
· La previsione di regole per la certificazione della rappresentatività, per la proclamazione degli scioperi l’approvazione delle piattaforme e degli accordi.
Secondo i calcoli degli Uffici studi della Cisl, se fosse applicato in luogo delle regole del vecchio accordo, ci sarebbe un aumento di oltre il 2% al quale si aggiungono gli effetti della defiscalizzazione e decontribuzione del salario aziendale.
La firma dell’accordo del 22 gennaio scorso, tra l’altro sperimentale per 4 anni, è quindi figlio non di un capriccio o di un dispetto fatto alla CGIL, ma dell’applicazione pratica di un modello di sindacato che punta sul confronto a prescindere dal quadro politico di riferimento Un sindacato concreto e che cerca di raggiungere il miglior risultato utile.
L’alternativa a questo è un remake, un film già visto: un Governo di destra, non certo animato da buone intenzioni nei confronti delle organizzazioni sindacali, che spesso vive di preconcetti nei confronti dei lavoratori e del sindacato, ma dall’altra una parte del sindacato che vive di NIET, che ideologizza, a sua volta, i rapporti con il Governo e con la Confindustria. In cinque anni, tanti scioperi e manifestazioni, sicuramente belli, magari festosi, ma senza risultati da mettere in tasca !! In realtà si lascia mano libera al Governo, senza incidere in alcun modo.
Si poteva ottenere di più ? Forse, ma per ottenere questo, anziché fare vuoti e retorici richiami all’unità sindacale salvo poi nei fatti andare sempre e comunque per conto proprio, sarebbe meglio ragionare insieme e rispettare anche le idee degli altri.