29/06/2005
Consiglio Generale Cisl Cagliari 29 giugno: la relazione della segreteria.
Di seguito il testo della relazione della segreteria della UST di Cagliari.
A distanza di quasi tre mesi dal Congresso, abbiamo ritenuto opportuno convocare il 1° Consiglio generale della UST di Cagliari di questo quadriennio, sia per procedere ad alcuni adempimenti statutari, quali la nomina dei rappresentanti degli enti , delle associazioni e dei coordinamenti all’interno del Consiglio, ma anche per fare il punto della situazione, prima della pausa estiva.

Tutto ciò anche se l’iter congressuale della nostra organizzazione si concluderà la prossima settimana con il Congresso confederale, con il quale si chiude il percorso di legittimazione e di cambiamento della dirigenza a tutti i livelli.

E’ quindi l’occasione di riflettere sulla situazione socio economica del nostro territorio, anche alla luce di quanto accaduto a livello internazionale e nazionale. Allo stesso tempo l’effettuazione del Consiglio Generale ci serve per delineare e indicare alcune iniziative che ci vedranno impegnati, subito dopo l’estate, sia a livello di organizzazione, che a livello unitario.
Molto velocemente ricordo le novità che credo siano più rilevanti:

La bocciatura della costituzione europea.

In Olanda e poi in Francia, nei referendum relativi all’approvazione della costituzione europea si è registrata una pesante battuta d’arresto del processo di costruzione e di rafforzamento dell’Unione europea, allargata di recente a 25 Paesi. In relazione agli esiti di quei referendum, il progetto dell’Unione Europea rischia di compiere un cammino a ritroso. E’ un fatto sul quale riflettere, perché evidentemente questo tipo di Europa viene percepito da molti ( anche in Italia) come un qualcosa di negativo, anche a causa dell’andamento della situazione economica e delle paure che inquietano i popoli europei.

Rispetto a tale problematica, abbiamo letto le uscite della Lega, che si è permessa di proporre l’uscita dall’EURO e il ripristino dell’uso della lira, suscitando perfino i rimbrotti del Presidente del Consiglio che, fino a poco tempo fa, indicava, anche lui, l’EURO come unico colpevole dell’inflazione e dell’aumento dei prezzi.

Dimenticandosi, in realtà, che l’inflazione alta e l’aumento dei prezzi è stata determinata da ben altri fattori e che l’introduzione dell’EURO, se può aver favorito in parte – soprattutto a livello psicologico – quei fenomeni, ha però impedito all’Italia di attraversare una crisi paragonabile a quella dell’Argentina, che solo l’ombrello comunitario ha in qualche modo evitato. E comunque l’essere agganciati all’Euro ha garantito la stabilità della moneta.
Certo, il sistema delle imprese non ha potuto più contare sulla svalutazione della vecchia lira, come accadeva un tempo, ma ciò ha tolto ogni alibi ad un’economia che deve puntare non sul fattore “moneta” per recuperare competitività, ma sulla qualità del prodotto e sull’efficienza.

Ciò non toglie, naturalmente, che alcune cose vadano riviste, e che l’Europa deve essere l’Europa dei popoli e non delle strutture burocratiche o delle banche, ma ipotizzare un ritorno al passato appare fuori luogo e assolutamente rischioso.

L’uscita della Sardegna dall’obiettivo uno

Altro elemento, che porterà delle conseguenze anche alla Sardegna, è il fatto che la nostra Isola, a causa di qualche piccolo progresso reale, esce dall’Obiettivo uno, in quanto il PIL della Regione ha superato il 75% della media comunitaria di qualche decimale. Va osservato, d’altronde, che tutto ciò sarebbe accaduto comunque, tra qualche tempo, per l’entrata nell’Unione europea dei Paesi dell’est Europa che hanno un PIL sicuramente più basso di quello sardo.

L’uscita dall’obiettivo uno, comporterà la perdita di una fetta consistente di aiuti comunitari, senza che, nel frattempo, siano stati rimossi i nodi relativi all’insularità, che penalizzano fortemente il nostro sviluppo (trasporti, energia etc.). Sull’utilizzo dei Fondi vi sono stati grandi ritardi e poca produttività nell’utilizzo di queste risorse: basti pensare che si possono ancora spendere, secondo i dati forniti dalla Regione Sarda, 2 miliardi di EURO e che i PIT hanno conseguito ben pochi risultati ( si pensi che su 403 operazioni finanziarie solo il 3% è stato concluso.)

Tutto ciò attiene alla fase di mancato utilizzo di questi fondi, ma l’uscita dall’obiettivo Uno resta un fatto negativo, anche perché avvenuto, appunto, per pochi decimi di punto percentuale, senza che ci siano stati sostanziali miglioramenti nel reddito dei cittadini sardi. E, soprattutto, anche in Sardegna si è allargata la forbice tra le classi sociali: qualcuno è diventato più ricco, ma molti sono diventati poveri (ieri al convegno della CISL sarda si citava il dato di 350000 persone povere e altre 150.000 al limite della povertà).

E’ necessario dunque, spendere bene queste risorse e cercare di far valere la questione dell’insularità, per poter godere ancora di aiuti comunitari.

Le elezioni regionali e provinciali in Italia e in Sardegna. I rapporti con la Giunta. Il referendum.

I risultati elettorali degli ultimi anni, in Sardegna e in Italia, mi sembra che siano tutti dello stesso segno: il Governo Berlusconi e le Giunte regionali e provinciali di centro destra (anche in Sardegna) hanno subito uno smacco elettorale piuttosto pesante e questo è il frutto raccolto da una politica che ha portato alla recessione economica, ( certo non è avvenuta non solo a causa dell’azione del Governo), ad una crescita economica sottozero ( Siniscalco spera che la crescita arrivi allo zero !), al superamento del tetto del 3% del rapporto deficit /PIL.

Il governo nazionale ha distrutto la concertazione, ha di fatto abolito la politica dei redditi, non ha perseguito l’evasione fiscale, promettendo vane riduzioni di tasse o aumenti delle pensioni minime mai attuati, e ora viene punito dall’elettorato. A partire dal 2002, il centro destra ha subito una serie impressionante di rovesci elettorali. Si potrebbe dire: ognuno raccoglie ciò che ha seminato.
Tra un anno, ci saranno le elezioni politiche. Qualcuno parla di vittoria scontata per il centro sinistra, ma in politica non vi è nulla di certo.

Il pericolo è che, poiché la situazione economica è grave, anche perché in questo ultimo anno si andrà avanti con la finanza creativa – che tanti danni ha portato – il Governo che verrà, sarà costretto a pesanti manovre correttive. Sempre che non provveda che il Governo attuale, mettendo mano alla scure e a interventi pesanti rispetto alle Pensioni o altre questioni, come richiesto dalla corte dei Conti; E’ vero che l’intervento è stato smentito, ma sappiamo come va a finire…...

Quel che ci dobbiamo aspettare sono quindi anni di impegno forte e di lotta, perché i lavoratori, i pensionati e i disoccupati hanno sopportato pesanti sacrifici, in termini di difesa del reddito, di mancati rinnovi contrattuali, di carenze dello stato sociale. C’è il rischio che a questa situazione economica di crisi, si risponda, ancora una volta, comprimendo diritti dei lavoratori. Insomma, al solito, non avremo vita facile, non avremo Governi amici, ma Governi da giudicare e contro cui rivendicare e, se del caso, scendere in piazza.

In Sardegna, in particolare, sette province su otto sono in mano al centro sinistra, anche se, rispetto alle regionali dell’anno scorso, si può sottolineare come la vittoria sia avvenuta più per merito dei partiti tradizionali, piuttosto che per l’effetto trascinante delle liste del Presidente Soru.

Qualcuno si aspettava un effetto negativo, derivante dall’azione di Governo di Soru, ma, a mio avviso, è ancora presto perché a livello elettorale si possano registrare perdite di consenso, a causa dell’azione amministrativa di questa Giunta che, come abbiamo visto, anche in questo fine settimana, si caratterizza sempre più come un Governatorato, che magari ha anche idee riformatrici, condivisibili, ma che spesso è pervasa da una furia iconoclasta e accentratrice.

Dalla programmazione negoziata, al piano sociale, a quello sanitario, alla riforma della formazione professionale, a quella degli Enti regionali e della Regione stessa a quella dei servizi per l’impiego si tende a considerare la concertazione con il Sindacato in modo marginale, alla stregua dei rapporti con altre associazioni o, addirittura, con i cittadini in quanto tali. E questo metodo mi sembra si stia estendendo.

Inoltre, va osservato che le riforme vanno fatte, ma che bisogna stare attenti a non lasciare macerie e detriti, difficilmente rimovibili. In particolare, noi dobbiamo difendere i lavoratori e impedire che le pur necessarie riforme e il rientro, pur necessario, dall’indebitamento portino conseguenze negative ai lavoratori.

Ma tant’è, siamo noi sardi ad aver voluto una Regione di questo tipo. E’ questo sistema elettorale che non favorisce la vera concertazione e, a mio avviso, si è persa l’occasione, quando non siamo riusciti ad imporre, forse anche per qualche nostra timidezza, l’idea dell’assemblea costituente, che doveva raccogliere le istanze dalla base, dal popolo, favorire la partecipazione e attuare anche un diverso sistema elettorale, che non desse poteri tanto forti al Presidente, ma che essi fossero bilanciati dall’azione del Consiglio.

Tuttavia, la linea della nostra organizzazione a livello regionale viene percepita, probabilmente in modo erroneo, come una linea di contrarietà assoluta all’impostazione politica di questa Giunta. Anche per effetto di alcune strumentalizzazioni portate avanti dal giornale locale (L’Unione Sarda) o da alcuni uomini politici ( Vedi Oppi che propone il nostro leader, come leader del centro destra).

Ancora una volta la nostra posizione, come sempre, di sindacato anomalo, va spiegata bene ai nostri iscritti e ai lavoratori, proprio per non dare adito a confusioni: la politica della concertazione non può oscillare a seconda del tipo di controparte che abbiamo, ma, e questo va chiarito in ogni momento, la posizione della CISL non può essere e non è pregiudizialmente, o ideologicamente, contraria a nessun Governo o Giunta, ma deve basarsi sui fatti e sui giudizi sui contenuti dei provvedimenti.
E’ una posizione scomoda: per difenderla dobbiamo essere molto presenti e compatti e socializzare il merito delle nostre posizioni, all’interno e all’esterno della CISL.

Il rapporto con gli iscritti e i lavoratori va valorizzato e praticato giorno per giorno e, per questo, occorre essere ben al corrente di quanto la CISL regionale sostiene. Altrimenti rischiamo di non farci comprendere da lavoratori e iscritti e di rimanere isolati, senza ottenere risultati concreti.

In realtà al Congresso è stata lanciata la sfida del Patto, quindi la CISL è pronta a concertare realmente con una Giunta finora un po’ sorda.

Per quanto attiene al problema dei referendum. In Sardegna ve ne sono stati cinque, quattro sulla fecondazione assistita e uno sul problema delle scorie e dei fumi d’acciaieria.

Al di là delle idee di ognuno sul problema Fecondazione assistita (la Cisl non ha preso posizione su questo argomento, anche se qualche perplessità ha determinato il fatto che il segretario generale della CISL, pubblicamente, abbia affermato che non sarebbe andato a votare), vorrei fare qualche considerazione.

Non è la prima volta che un referendum viene fatto fallire. Negli ultimi 10 anni questa è la norma. Nell’ultimo, sull’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, alcune forze che si sono battute per il voto, oggi, allora avevano chiesto agli elettori di non votare. Vi è quindi qualcosa che non va nell’utilizzo di questo strumento: forse c’è un abuso, forse la voglia di partecipazione dei cittadini è diminuita e questo è un fatto negativo, secondo me, anche per un Sindacato come il nostro che, della partecipazione, fa uno dei propri slogan, anche in questo Congresso.

Non credo che siano state solo le pressioni della Chiesa cattolica ad aver influito sui risultati dei referendum, ma un complesso di fattori ( quesiti di difficile comprensione ed estremamente delicati, stanchezza,) sui quali sarà bene riflettere.

I proponenti del quinto referendum (quello sardo) miravano all’abrogazione della legge n. 8 del 2001, cercando di impedire l’utilizzo dei residui industriali nei processi produttivi di impianti già operanti in Sardegna prima del 19 giugno 2001.

Vi è stata scarsa informazione sul quesito referendario. Si è voluto far credere ai cittadini che la vittoria del SI avrebbe impedito la creazione di discariche di rifiuti tossico nocivi Si trattava in realtà di scarti di lavorazioni di industrie della Penisola che quelle della Sardegna utilizzano come materie prime.

A livello regionale, CGIL CISL UIL hanno costituito un comitato del NO, pertanto, il sindacato ha invitato i propri iscritti e i lavoratori a votare NO, sulla scorta della considerazione che i fumi di acciaieria non sono rifiuti da inviare in discarica, non sono scorie radioattive, ma sono materie prime, sostitutive del minerale necessario alla produzione di piombo e zinco.

Il recupero dello zinco e degli altri metalli dai residui industriali è previsto ed anzi incentivato sia dalla normativa europea che da quella italiana (in primo luogo dal decreto Ronchi) che regolamenta la gestione dei residui industriali e dei rifiuti, e promuove il riutilizzo ed il riciclaggio delle materie derivanti dalle attività umane ed industriali in particolare.

Anche questo referendum è fallito. Ma hanno prevalso i SI in maniera netta e se non ci fossero stati gli altri referendum ( sui quali molti elettori hanno preferito non andare a votare), probabilmente sarebbe stato raggiunto il quorum che è più basso ( 33%.), rispetto ai referendum nazionali.
Ma al di là dei contenuti tecnici, sarebbe importante, a mio avviso, aprire un dibattito sul tipo di economia e di sviluppo che vogliamo in Italia e in Sardegna. Una discussione importante che ci deve vedere presenti.
CGIL CISL UIL sarde hanno preso posizione per il NO, giustificando questa linea con la difesa di alcuni siti industriali (specie Portovesme) e della conseguente occupazione. Di fatto hanno preso posizione a favore di questo tipo di sviluppo. Tuttavia, questa linea è risultata perdente e il fatto è ancora più grave, se si considera che i partecipanti al voto referendario sono presumibilmente ascrivibili, in buona misura, ad un’area vicina ai sindacati.

La posizione del Sindacato è quindi in larghissima minoranza. D’altronde, il dibattito sul tipo di sviluppo da proporre in Sardegna, si è riacceso, appena poche settimane dopo, a seguito di un articolo di Salvatore Cubeddu sulla SARAS, al quale ha risposto la stessa azienda, sull’Unione Sarda di domenica.

Dobbiamo constatare che l’industria, una certa industria, viene vista dall’opinione pubblica in modo negativo, rispetto alla tutela dell’ambiente, anche quando presenta numeri occupazionali di tutto rispetto: la SARAS nell’area garantisce molte buste paga – dirette e indirette – e contribuisce con le sue esportazioni a rendere il nostro PIL un po’ più alto.

Dobbiamo preoccuparci, perché la nostra proposta di rilancio dello sviluppo della Sardegna e del territorio cagliaritano parte dalla considerazione che le percentuali di produzione e di occupazione nel settore dell’industria, a livello sardo e cagliaritano, sono inferiori alle percentuali nazionali, Forse questa linea non è condivisa da molti lavoratori e iscritti. Dobbiamo rivederla ? Dobbiamo spiegarla meglio ?
Forse dovremmo precisare che vogliamo il rilancio di un’industria moderna, rispettosa dell’ambiente, tecnologicamente avanzata, fondata sulla ricerca e sull’innovazione, da integrare con l’agricoltura, con l’agro industria, con il turismo e con i servizi. Non vogliamo un’industria che inquini e che debba fare concorrenza solo sulla base della compressione dei costi del lavoro.

Ebbene, il risultato elettorale, al di là del fallimento del referendum, è significativo. Si apre un dibattito nel quale questa posizione, probabilmente minoritaria o comunque non percepita positivamente anche da molti lavoratori, va difesa, perché non scontata.

Situazione socio economica

Per quanto riguarda la situazione socio economica, abbiamo visto il susseguirsi di una serie di studi, ricerche a livello nazionale e anche regionale (il CRENOS, il CENSIS, la Corte dei Conti, l’istituto Tagliacarne, l’osservatorio industriale, il Banco di Sardegna e chi più ne ha più ne metta.). Ma di terapie, se ne parla poco. Tutti studiano, nessuno agisce.

E’ un po’ difficile valutare i dati in modo sistematico se non, addirittura, leggerli. Tuttavia mi sono fatto una piccola idea:

· L’inflazione appare in discesa ma questo non è un buon dato, dicono gli osservatori, perché sarebbe il sinonimo della crisi economica generale, per cui essendoci poca domanda di beni e di servizi, i prezzi scendono, ma ciò non significa che le cose vadano bene. Anzi !
· I consumi calano: gli ultimi dati delle vendite al dettaglio e all’ingrosso lo dimostrano. Anche questo sarebbe un dato negativo, perché indicativo della crisi. Si legge che i salari sono aumentati, ma se fosse vero perché scendono i consumi ?
· Le povertà aumentano: o meglio il dislivello tra ricchi e poveri aumenta. Vi sono più ricchi, ma vi sono molti più poveri, quelli che non riescono a finire il mese.
· Il tasso di disoccupazione diminuisce a livello nazionale e regionale: anche questo dato, sbandierato dal Governo, non è detto che sia indice positivo, perché vorrebbe dire che sono sempre meno quelli, specie donne, che cercano lavoro perché sfiduciati e scoraggiati. Va aggiunto che le rilevazioni statistiche considerano come persone occupate coloro i quali dichiarano che, nella settimana precedente all’intervista, hanno lavorato per un giorno: ciò determina un aumento puramente statistico del numero degli occupati.
· Inoltre la qualità dell’occupazione appare scadente. Aumentano in modo esponenziale i lavori atipici (si dice che un giovane cambierà lavoro 7 volte nella sua vita), mentre lo stato sociale, il sistema degli ammortizzatori sociali, la formazione continua non registrano miglioramenti. Insomma, non si attua quanto la CISL diceva, quando firmò il Patto per l’Italia: ci vuole uno statuto dei lavori, perché debbono essere tutelati non solo i lavoratori pubblici o quelli delle grandi aziende con più di 15 dipendenti, ma tutti i lavoratori, specie quelli più deboli. E questo, in Sardegna e nel nostro territorio, sarebbe ancora più importante, data la fisionomia delle aziende, quasi tutte piccole o piccolissime.
· I nostri prodotti stentano a reggere la concorrenza internazionale: basti pensare al tessile, esposto alla concorrenza della Cina e a molti altri prodotti che possono essere venduti a prezzi bassissimi, perché, in quei paesi del terzo mondo, il costo del lavoro è ridotto a causa della mancata esistenza di un sistema di tutela dei lavoratori, dell’esistenza dello sfruttamento dei bambini o dell’esistenza della schiavitù. La concorrenza non la possiamo fare sui costi, ma solo sulla qualità del prodotto, a meno che non vogliamo rinunciare a gran parte delle conquiste dei lavoratori, il che è impensabile. La proposta di mettere dazi è storicamente perdente, mentre va rilanciata, su vasta scala, una campagna di promozione dei diritti umani e sindacali nei Paesi dove vi è lo sfruttamento.
· Aumenta la sfiducia verso il futuro e questo fatto non è sicuramente di buon auspicio.
· La competitività delle nostre imprese e complessivamente del sistema Italia e Sardegna è sempre minore (si perdono posizioni in campo internazionale).
· Il sommerso (pur lodato dal Presidente del Consiglio) e l’evasione fiscale aumentano, mentre, secondo alcune ricerche, un Governo, che ha puntato sulla riduzione dell’imposizione fiscale, finisce la legislatura, con un aumento della pressione fiscale, per il combinato effetto delle tasse locali e nazionali. Il che vuol dire che sono aumentati gli evasori totali e parziali e che gli onesti (pensionati e lavoratori) hanno visto aumentare il carico fiscale.

Da queste analisi, che si susseguono non possiamo che trarre auspici negativi, anche perché ci attende un anno, durante il quale, probabilmente le forze politiche si combatteranno con iniziative demagogiche e provvedimenti pre-elettorali, che possono far precipitare la situazione, danneggiando i lavoratori e il sindacato.

Un’osservazione, del tutto personale, la vorrei però fare rispetto all’andamento dei consumi: siamo in una società consumistica, la notizia della diminuzione dei consumi non è detto che debba essere considerata negativa. Possiamo pensare ad un aumento esponenziale dei consumi nel mondo ? Io credo che dovremmo pensare ad un riequilibrio dei consumi, sia a livello internazionale, a favore delle popolazioni del terzo mondo, sia a livello interno, perché a fronte dell’aumento della ricchezza per qualcuno, vi è invece un impoverimento di molti altri cittadini (quasi tutti pensionati e lavoratori). Più che aumento dei consumi, sarebbe importante una diversa distribuzione dei redditi e quindi, in correlazione, dei consumi, per perseguire uno sviluppo sostenibile, rispettoso dell’ambiente. Questo, sia in campo internazionale che in campo nazionale e regionale. Secondo alcuni studiosi, il recente aumento del prezzo del barile del petrolio che, di per sé, aggrava i costi dei cittadini europei e italiani, potrebbe costituire uno shock per puntare ad energie alternative e a una riduzione dei consumi.



PATTO SOCIALE.

Da più parti Governo, CONFINDUSTRIA viene rilanciata l’idea di un patto sociale, stante la gravità della crisi. Insomma, almeno a livello teorico, è riproposta la concertazione, il dialogo, messo da parte in tutti questi anni.

Sicuramente, il patto può essere utile, ma senza dimenticare quanto successo con il Patto per l’Italia, quando siamo stati messi in crisi dalla nostra stessa disponibilità e buona fede. Insomma, bisogna partire dai lavoratori e dai pensionati, dalle loro esigenze, dal rinnovo dei contratti nazionali e dal rilancio della contrattazione di secondo livello, assente in troppi settori, passando anche attraverso la riforma del sistema della contrattazione, ferma ancora all’accordo del luglio 93, che oggi non è in grado di rispondere pienamente alle mutate condizioni del mondo del lavoro, sempre più sfrangiato. Mi pare, che l’accordo di luglio, che è stato positivo per diversi anni, se non si attuano le sessioni di politica dei redditi e se non si prevede un’inflazione programmata vicina a quella reale, perda di molto i suoi effetti.

Va bene il patto sociale, purché il Sindacato non venga chiamato solo quando ci sono sacrifici da fare e scartato, quando si deve decidere e soprattutto quando si mette mano a riforme che toccano i lavoratori e i pensionati.
Ci sono dei contratti da rinnovare, metalmeccanici, telecomunicazioni in testa, senza dimenticare che, per rinnovare quello del pubblico impiego, c’è voluta la proclamazione di uno sciopero generale, poi revocato.
Per quanto riguarda il contratto dei meccanici che ha visto alcune iniziative anche unitarie, dopo anni di diatribe e di piattaforme e accordi separati, si deve registrare la posizione della CONFINDUSTRIA, che vorrebbe effettuare uno scambio tra flessibilità e aumenti contrattuali, del tutto improprio e inaccettabile. Per questo contratto non si vede ancora uno spiraglio e sono state proclamate ulteriori ore di sciopero.

L’AZIONE NEL TERRITORIO.

Si dice normalmente che per giudicare una struttura politica o sindacale sono molto importanti i primi cento giorni dall’elezione. I nostri cento giorni scadono il 10 luglio. Ora, spero che non sarete così severi e che ci darete almeno altri cento giorni per un primo giudizio, anche perché l’impegno della UST di Cagliari e di molti di voi, finora, è stato rivolto anche verso gli altri congressi regionali di categoria e verso quello regionale confederale, nonché all’assestamento degli assetti organizzativi di alcune Federazioni territoriali.

PROGETTO GOVERNANCE

Abbiamo cercato di aprire alcuni filoni di iniziative sul territorio, finalizzati al confronto con gli attori sociali e politici del nostro livello.
In particolare, abbiamo in corso la concretizzazione del Progetto di Governance, siglato con la CONFINDUSTRIA, per il quale sono state insediate diverse commissioni, che hanno esaminato alcuni aspetti del progetto di rilancio dell’economia del territorio.
Siamo impegnati fortemente nel campo dei trasporti collettivi verso la zona industriale, per il quale sono state elaborate proposte concrete, presentate all’assessore regionale ai trasporti. Nel campo dei servizi per l’impiego, per i quali vi è stato un primo incontro con la Provincia di Cagliari. Sulle infrastrutture e in particolare sul completamento della 195, per la quale è previsto un tracciato, che si potrebbe definire in due anni e che potrebbe risolvere i problemi del traffico industriale, turistico e locale. Sono stati aperti anche i tavoli sulla chimica e sulla metalmeccanica, nonché sul lavoro sommerso.

Inoltre, sempre nell’ambito del progetto di GOVERNANCE, sono stati effettuati incontri con alcune aziende, rilevanti per il nostro territorio: Tiscali (per la prima volta è stato convocato anche il sindacato confederale) e Saras raffineria, nei quali il sindacato confederale è stato messo a conoscenza della situazione e dei progetti di sviluppo di Società, determinanti per nostro territorio. In questi incontri, da parte nostra, abbiamo espresso l’esigenza che aziende come queste abbiano il cuore e il cervello in Sardegna e si ispirino ai principi della responsabilità sociale: cioè esse devono dare al territorio, in termini di rispetto dell’ambiente o in termini di occupazione, almeno quanto se non più di quanto ricevono dalla Sardegna e dall’uso del territorio.


RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI

Anche nei rapporti con le istituzioni locali, abbiamo scontato il fatto che nel mese di maggio si è andati al rinnovo delle istituzioni locali (le nuove province, diversi comuni). Ci troviamo di fronte ad un quadro politico, in molti casi mutato, in altri, a strutture nuove, come la Provincia del Medio Campidano, prive di strutture e di personale e con compiti da precisare meglio, anche sulla base dei trasferimenti di competenza dalla Regione sarda.

Immediatamente dopo le elezioni, abbiamo inviato alcune richieste di incontro ai Presidenti delle nuove province: Cagliari e Medio Campidano e al Sindaco di Quartu S.E. (con il quale abbiamo avuto incontri, anche durante la campagna elettorale). Sono richieste finalizzate a riprendere il filo del confronto, interrotto da anni sia in Provincia che a Quartu, con Giunte che, salvo qualche circostanza sporadica, non hanno tenuto una linea di concertazione con CGIL CISL UIL.

Ad oggi, vi è stato qualche primo incontro su tematiche specifiche (LSU, Servizi per l’impiego), ma manca ancora un confronto complessivo sulle tematiche generali delle linee di sviluppo del territorio. A nostro parere, è assolutamente necessario che la concertazione sia sviluppata anche a livello di istituzioni locali.

Attendiamo fiduciosamente, come attendiamo la convocazione del Presidente della Provincia del Medio Campidano, provincia sulla quale occorre partire da zero.

Discorso a parte, merita il confronto con il Comune di Cagliari: latente o meglio inesistente per anni, ha ripreso, improvvisamente, un barlume di vigore dopo il nostro Congresso UST, quando abbiamo mandato una lettera unitaria al Sindaco, in occasione degli scontri tra Sindaco e Presidente della Regione Sarda, Soru. Sarà l’avvicinarsi delle elezioni ?

Vi sono stati alcuni incontri interlocutori, si è aperto un tavolo, che per la verità appare fumoso e incerto e che ad oggi non è decollato, sulle diverse problematiche: infrastrutture, pacchetto lavoro, appalti, raccolta differenziata, problema dell’abitare, lavori socialmente utili, ruolo della SIM, rappresentano per ora dei titoli da riempire. L’importante è che non si tratti di diversivi elettorali e che il confronto porti a risultati concreti. Noi non ci tiriamo indietro.

Prosegue il confronto con l’assessorato alle politiche sociali, con l’applicazione di un metodo che appare utile e propositivo, anche se ancora da affinare.

Va rilevata, con positività, la creazione di un tavolo permanente di concertazione sulle politiche sociali, del quale faranno parte anche le confederazioni, insieme ad altre forze sociali, che utilizzerà i dati che emergeranno dai lavori dell’osservatorio sulle politiche sociali, del quale faranno parte le istituzioni, gli istituti previdenziali, la prefettura e altri.
L’importante, come abbiamo fatto rilevare, è che l’osservatorio non sia un modo per parlare dei problemi e rinviarne la soluzione, ma dia un input concreto alla risoluzione delle problematiche dei poveri , degli immigrati e degli anziani o di coloro che non hanno una casa. Insomma che si lavori per la concretezza.

La UST è stata impegnata inoltre nelle numerose vertenze del settore industriale e nelle sue crisi piuttosto frequenti: Per la Scaini, appare all’orizzonte un imprenditore tedesco, che vorrebbe rilevare la fabbrica di batterie, ma da parte nostra vi sono numerosi dubbi sull’attuazione di un’operazione del genere. La Keller ha aperto una procedura di mobilità nonostante la fruizione di incentivi della 488. La Vitrociset, azienda che lavora per conto del Ministero della Difesa vede chiudere il sito di Macchiareddu, con la messa in cassa integrazione di 44 lavoratori, alla faccia delle servitù militari imposte da sempre alla Sardegna. Alla european component i lavoratori sono in CIG. Sono a rischio i posti di lavoro di centinaia di dipendenti della formazione professionale, mentre vertenze aperte vi sono in numerosi settori (scuola, supermercati, trasporti, sigma Invest, LSU). Mentre l’accordo sulla chimica, a distanza di due anni dalla firma dell’accordo, fa qualche piccolo passo in avanti, attraverso la presentazione di alcune iniziative del consorzio CREA, che però ancora non decollano e, comunque, da questo accordo, a quanto appreso negli incontri di presentazione delle iniziative, ci si può aspettare più la difesa dell’esistente, che grandi incrementi occupazionali. Rimane sempre aperto il problema dell’energia, con sullo sfondo il rapporto tra la SINDYAL e EVC che potrebbe portare al rilancio dello stabilimento.

Abbiamo comunque cercato, con difficoltà, con impegno e fatica, di tenere un rapporto unitario costante con le altre organizzazioni, mantenendoci nell’alveo della tradizione ereditata dalla vecchia segreteria. Il fatto si è tradotto in diverse riunioni e proposte di iniziative da concretizzare nei prossimi mesi.

Fronte interno

In questo Consiglio generale, vogliamo tracciare, brevemente, quanto ci proponiamo di fare nei prossimi mesi, dal punto di vista organizzativo:

A settembre è intendimento della segreteria, d’intesa con il coordinatore del Medio Campidano e in accordo con la USR, di tenere un Convegno pubblico, con relazione sulla situazione economica sociale della nuova provincia e con la presentazione di proposte della nostra organizzazione, in modo da avere ancora un riscontro mediatico.
Tale iniziativa potrà servire per rilanciare la nostra presenza sindacale e organizzativa e per potenziare la nostra presenza, in vista della nascita della nuova struttura sindacale. Saremo impegnati, in uno con le categorie, in uno sforzo notevole che va fatto con generosità, se si vuole davvero valorizzare il territorio e non farlo nascere, per chiuderlo dopo qualche tempo.

Occorre, come già detto, uno spirito di collaborazione tra Confederazione e Federazioni e l’integrazione con il sistema dei servizi, privilegiando la confederalità e la polivalenza degli operatori.

Abbiamo inoltre in programma una serie di incontri conoscitivi con tutte le Federazioni, per valutare assieme le eventuali iniziative comuni (politiche, culturali e organizzative) da sostenere insieme (UST e Federazioni). In questo ambito, prevediamo un momento di incontro specifico tra federazioni e patronato, nello spirito di quanto annunciato dall’INAS nazionale che ha presentato il suo bilancio sociale, nei giorni scorsi a Roma. Quindi non un momento vertenziale tra categorie e INAS, ma un ragionamento da fare insieme per conoscere, valutare, integrare l’attività e costruire una migliore rete dei servizi. Fin d’ora prevediamo una tre sere, alla quale far partecipare quadri sindacali della FNP, ma anche di tutte le Federazioni, finalizzata all’apprendimento pratico delle nozioni elementari proprie del patronato e alla costruzione di una rete di agenti sociali che collaborino con l’INAS, nell’interesse comune.
C’è, sicuramente, da recuperare un rapporto con l’utenza e da valorizzare lo spirito di accoglienza da parte degli operatori INAS, c’è anche però da migliorare la conoscenza e la sinergia da parte dei dirigenti e militanti delle Federazioni.

Sempre nell’ambito delle iniziative seminariali, intendiamo organizzare un momento di incontro sul problema delle pensioni complementari, già all’ordine del giorno dell’INAS DAY, ma che dopo l’estate sarà di massima attualità, anche perché, se il Governo rispetta i tempi indicati ed emanerà i decreti attuativi della delega (che scade ad ottobre), bisogna far scattare una grande campagna promozionale e di informazione a favore dei lavoratori. C’è bisogno e richiesta di iniziative e di informazione, alla quale intendiamo rispondere con azioni appropriate.

Intendiamo anche cominciare a ragionare in termini concreti sulla presenza e sul ruolo delle donne all’interno delle strutture sindacali (confederali e di categoria). Prevediamo un percorso che non ghettizzi il mondo sindacale femminile nei coordinamenti ma che ne valorizzi il ruolo all’interno delle Federazioni e della UST anche in posizioni di segreteria. Per questo occorre un progetto condiviso da tutti.
Infine intendiamo rilanciare il ruolo dei servizi, fondamentali ai fini del buon andamento della nostra organizzazione e del tesseramento che noi auspichiamo, nonostante le difficoltà, in crescita e sul quale siamo disposti ad investire per azioni concertate e concrete.

Crediamo infine che il sindacato sia un’associazione di donne e uomini che credono negli ideali di giustizia, di pace, di solidarietà: l’azione della CISL di Cagliari sarà rivolta a rafforzare queste linee guida, valorizzando la partecipazione dei delegati e degli iscritti, che sono il cuore della nostra organizzazione.

Sarà necessario lavorare, insieme, segreteria, esecutivo, consiglio e sistema dei servizi: così potremo riuscire a difendere meglio i lavoratori e a conseguire risultati organizzativi e di mantenimento degli iscritti, fondamentali per il consolidamento della CISL cagliaritana.

Cagliari 29 giugno 2005

Il Segretario Generale
Fabrizio Carta