Una sentenza che dà speranza agli 'stagionali' dello spettacolo
GIURISPRUDENZA
Una sentenza che accende una speranza fra gli stagionali dello spettacolo. Il caso riguarda una ballerina di fila della Scala, assunta dal teatro per la prima volta nel 2003 con un contratto di lavoro subordinato a scadenza. Un contratto a cui ne sono seguiti altri sei. Poi una novità: "Hanno imposto alla mia cliente di passare a un accordo da lavoratore autonomo - racconta al quotidiano Il Giorno Antonio Civitelli, legale della donna -. Cioè, in pratica, con partita Iva". Un anno e 8 mesi, dal 17 aprile 2005 al 31 dicembre 2006, di assoluto precariato. Totalmente ingiustificato, secondo la ballerina, visto che tutte le intese con l'ente lirico-sinfonico erano stipulate per tutti gli spettacoli della stagione sinfonica, lirica e di balletto.
I contratti subordinati sono ripresi l'11 gennaio 2007 e terminati definitivamente il 16 luglio 2009. Definitivamente perché la danzatrice ha deciso di rivolgersi al giudice per vedersi riconosciuto il diritto a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. E il Tribunale di Milano le ha dato ragione lo scorso 11 febbraio 2010. "Abbiamo vinto la causa - spiega ancora Civitelli - perché il giudice ha riconosciuto che nei contratti non era specificata la ragione per cui si dovesse ricorrere a un contratto a termine".
Sulla scia di questo successo, altri colleghi stanno muovendosi. Ci sono ballerine che vanno avanti a forza di rinnovi annuali, o addirittura mensili, dal 1992. Diciotto anni di precariato, dopo aver studiato a lungo in accademia per raggiungere il sogno di danzare su uno dei palcoscenici più prestigiosi della lirica mondiale.
Poi, ci sono i tecnici: falegnami, elettricisti, addetti alle scene. Li chiamano lavoratori stagionali, anche se la loro "stagione" dura undici mesi: restano a casa solo ad agosto e ricominciano a inizio settembre. Per tutti loro (decreto Bondi permettendo) potrebbe aprirsi finalmente la strada per un contratto a tempo determinato.