OSSERVAZIONI SUL DPEF
RELATIVE ALLA PARTE FISCALE
(a cura di pierpaolo Baretta)P
Premessa
Il Dpef 2006-2009 traccia le linee guida della politica economica suddividendole in cinque linee di intervento: maggiori investimenti, liberalizzazione dei mercati, alleggerimento del carico tributario, tutela del potere d’acquisto delle famiglie, aggiustamento strutturale dei conti pubblici. Viene proposto, quindi, un mix di politiche generiche: maggiori investimenti, quanto già previsto nel pacchetto competitività, liberalizzazioni e semplificazioni, ma riproponendo come fulcro della politica del Governo l’abbattimento delle tasse, con un occhio alle famiglie e prendendo definitiva coscienza che è necessario un aggiustamento strutturale dei conti pubblici.
Mentre in una prima versione del Dpef si dichiarava esplicitamente che non si sarebbe fatto ricorso alle una tantum per l’aggiustamento strutturale dei conti, intendimento peraltro più volte ribadito dal ministro dell’Economia, nella versione definitiva questo riferimento è scomparso. Nel passaggio dalla bozza al testo definitivo, si perde anche il principio che la “lotta all’evasione e il recupero di base imponibile escludono il ricorso a sanatorie fiscali”. Quindi, quelli che per mesi sono stati i capisaldi del Ministro Siniscalco (niente una tantum, niente condoni), restano in sordina e fanno da sottofondo implicito al ragionamento del Dpef.
L’alleggerimento del carico tributario
Il punto di partenza del Governo è che dopo aver ridotto la tassazione individuale, occorra alleggerire il carico tributario del valore aggiunto delle imprese con la graduale riduzione dell’Irap. Per contenere la tassazione del lavoro, specifica il Dpef, si è intervenuti sulla tassazione personale con i due moduli della riforma.
In realtà, come sappiamo, non si è trattato affatto di una riduzione, anche indiretta, del costo del lavoro. Infatti, la motivazione adottata, ovvero che l’abbattimento delle aliquote avrebbe lasciato “più soldi nelle tasche” degli italiani, che più liberi di scegliere, avrebbero rilanciato i consumi e quindi l’economia, presuppone un intervento a pioggia, indistinto, non selettivo, senza alcuna finalizzazione specifica. Tant’è che ha finito per premiare i meno bisognosi.
Ricordiamo che dalle simulazioni realizzate dal Caaf Cisl, emerge che i 5 euro mensili rimasti a disposizione di coloro che hanno redditi entro i 20mila euro annui non sono, evidentemente, sufficienti ad ampliare le capacità di spesa dei singoli, né a rilanciare l’economia. Mentre, i 12 miliardi di euro impiegati complessivamente per la riduzione delle tasse, senza una stabile copertura, aggravano ulteriormente la già difficile situazione dei conti pubblici.
L’operazione Irap, come preannunciato più volte in questi mesi, dovrebbe concretizzarsi attraverso l’esclusione del costo del lavoro dalla base imponibile e con la riduzione del cuneo fiscale intervenendo su alcuni degli oneri impropri.
In particolare, viene auspicata la rapida attivazione della fiscalità di vantaggio, a valere sull’Irap per le nuove assunzioni nel sud.
Sembra, quindi delinearsi un intervento sull’Irap selettivo da un punto di vista territoriale (favorire il mezzogiorno) e dei beneficiari (nuovi assunti). Sarebbe opportuno completare la “selettività” stabilendo che l’abbattimento Irap spetti solo alle imprese manifatturiere esposte alla concorrenza, e per quel che riguarda gli autonomi ed i professionisti lo sgravio dell’imposta possa essere esteso solo a quelli che fanno produzione, hanno dei dipendenti e competono sul mercato internazionale. L’eliminazione completa del costo del lavoro dalla base imponibile, secondo le stime del ministero dell’economia non riportate nel Dpef, è di circa 12 miliardi di euro.
Il documento di programmazione economica non entra né nel merito delle cifre, né sulle coperture del provvedimento, né sui tempi, rimandando alla Finanziaria la definizione puntuale dell’intervento.
Il Dpef, infine, rassicura sul fatto che la riduzione dell’Irap sarà “affiancato da misure idonee a garantire l’esercizio delle funzioni finanziate da quel gettito”. Quindi, sembrerebbe che non siano previsti interventi di riduzione del finanziamento della spesa sanitaria,
Il documento ribadisce anche la necessità, condivisibile, di criteri di imposizione “semplici e stabili nel tempo”.
Relativamente alla semplicità si osserva che il secondo modulo della riforma fiscale con l’introduzione della deduzione linearmente decrescente per carichi familiari, non ha semplificato i calcoli dei contribuenti e non ha migliorato la percezione di quale siano le deduzioni effettivamente spettanti.
La finanza pubblica locale
Viene assunto il principio – più volte ribadito dalla Cisl – che la lotta all’evasione ed il recupero di base imponibile è tanto più efficace quanto più vengono coinvolti Comuni, Province e Regioni. In particolare, viene previsto di lasciare a favore delle autonomie locali una quota delle maggiori entrate riscosse grazie al loro intervento.
A questo proposito si osserva che è opportuno che non si duplichino le strutture addette al controllo e si mantengano standard uniformi a livello nazionale nella lotta all’evasione.
Il federalismo fiscale
Nel Documento viene annunciata la conclusione dei lavori dell’Alta Commissione per il federalismo, che istituita con la Finanziaria 2003 ha il compito di tracciare la struttura del futuro federalismo fiscale. Si ribadisce che verrà assegnata a Comuni, Province e Regioni, “la necessaria autonomia finanziaria” superando i meccanismi di trasferimenti erariali in favore di nuovi, e non meglio precisati, meccanismi perequativi.
Non sembra risolto il principale nodo del federalismo fiscale, ovvero le forme della solidarietà.
Inoltre il federalismo fiscale può essere una potente arma contro la evasione se si stabilisce che parte almeno delle risorse recuperate restano nelle casse dei comuni che hanno ottenuto risultati.
Con riferimento, infine, a quanto detto sopra sull’Irap, è necessario che la riduzione a favore delle imprese non si scarichi su lavoratori dipendenti e pensionati attraverso, per esempio, inasprimenti delle addizionali regionali.
Conclusioni
Qualche buona intenzione, poche indicazioni di merito, nessuna linea di investimento o di copertura certi. Questo sembra essere il primo impatto con il Dpef, almeno per la parte relativa al fisco.
Il rinvio alla finanziaria non garantisce che in quella sede, peraltro in periodo pre elettorale, si sciolgano i nodi rimasti aggrovigliati in questa occasione.