Il testo dell'intervista di Conquiste del lavoro al segretario della Cisl di Cagliari:
CAGLIARI I GIOVANI TROVANO LAVORO SOLO NEI SUPERMERCATI E NEI CALL CENTER
Non solo Costa Smeralda, ma a molti ancora non entra in testa. Territori come quello di Cagliari sono altra Sardegna. L'interno, fascinoso e semisconosciuto, le miniere ormai abbandonate, i giovani che trovano lavoro solo nei supermercati e nei call center. E’ questa la realtà di cui parla Fabrizio Carta, segretario generale della Cisl di Cagliari. Una realtà difficile ma non rassegnata, che fa progetti non monosettoriali. Ambiente, alta tecnologia, agroalimentare di qualità ma, precisa Carta in questa analisi che prosegue il nostro viaggio verso il 17 dicembre, con due logiche nuove: consortili e di sviluppo integrato.
Carta, la Sardegna è una realtà a parte di quel pezzo a parte d’Italia che è il Mezzogiorno.
E’ vero, nel senso che è orgogliosa della propria identità, è vero per motivi geografici e di infrastrutture carenti: in alcuni giorni non si riesce a muoversi da Cagliari perché i voli sono pochi e non si trova posto in aereo. Ma non è vero in almeno due sensi: nel senso che si sente parte del Paese e vuole essere riconosciuta come parte del Paese e nel senso che del Mezzogiorno condivide molti problemi. A cominciare da quello della disoccupazione, che riguarda in particolare i giovani.
Quale è la situazione, non solo in cifre ma in qualità del lavoro?
Con tutte le riserve del caso sulle rilevazioni statistiche, abbiamo un tasso di disoccupazione regionale che è arrivato al 14% nel 2004, ma nel cagliaritano va peggio. Nel territorio si arriva al 18,1%, ma certamente alcune aree, come il Madio Campidano, sono ancora più aggravate dalla carenza di lavoro, mentre la città di Cagliari lo è di meno. Per inciso, i dati del 2004 riguardano un territorio che a partire da aprile 2005 è stato diviso in tre nuove province, quindi i dati successivi saranno diversi. Per quanto riguarda i giovani, purtroppo la situazione è peggiore. Il tasso di occupazione dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni è del 24,9% in Italia, del 18,2% in Sardegna ma nel cagliaritano arriva appena al 15,4%. Non va meglio per i giovani da 25 a 29 anni: il tasso nazionale è 62,6, quello della regione è 48,4 ma nella provincia di Cagliari hanno un’occupazione meno di 43 giovani su 100.
E l’occupazione femminile?
Anche quella è un problema aperto. I dati disponibili sono solo del 2003 ma indicativi: la disoccupazione delle donne arriva al 26%, mentre quella maschile è del 15%. In queste condizioni purtroppo le premesse per il lavoro nero sono ampie, alcune rilevazioni parlano di un’incidenza di sommerso del 18%. E, per venire alla qualità del lavoro, è alta anche l’incidenza dell’occupazione non stabile. Sono oltre 40.000 gli iscritti alla gestione separata dell’Inps. Il lavoro interinale si è sviluppato in misura scarsa, qui, mentre c’è ampio ricorso alle co.co.co. e ai contratti a progetto, nel pubblico come nel privato. Ci sono, in tutta la regione, circa 1.100 lavoratori socialmente utili da stabilizzare, dei quali il 60% nella provincia di Cagliari. Purtroppo la Regione può usufruire di incentivi per le stabilizzazioni ma non sono previste né queste né, tantomeno, assunzioni nella Pubblica amministrazione. Intanto la povertà aumenta. Nella città di Cagliari sono sotto la soglia di povertà 30.000 persone. Il 16%.
Molte aree della Sardegna, inclusa quella meridionale del Sulcis Iglesiente, hanno dovuto abbandonare negli ultimi anni una vocazione mineraria storica. Ora su quali settori produttivi si punta?
Molti vorrebbero che la Sardegna vivesse solo di turismo ma è un errore. In alcune zone può essere possibile, ma aree come il cagliaritano hanno bisogno di puntare su più settori, in una logica di sviluppo integrato. Quindi non solo turismo ma industria, di qualità, avanzata, ad alta tecnologia. Però siamo indietro: l’industria incide sul pil nazionale per il 20%, da noi solo per il 13%. Negli ultimi anni c’è stato un buon proliferare delle telecomunicazioni, con Tiscali, Sky, molti call center. Parecchi contratti però non sono stabili, e soprattutto si tratta di lavoro che, in molti casi, non dà prospettive, anche perché un call center può essere facilmente trasferito in un Paese a basso costo. Lo stesso settore turistico va sviluppato diversamente, integrandolo con interventi ambientali, culturali, di collegamento con la produzione agroalimentare, che qui è eccellente ma molto parcellizzata. I supermercati non sono collegati con le produzioni locali, finiscono spesso per vendere generi alimentari di altra provenienza, perché i nostri imprenditori agroalimentari sono molto piccoli e non si consorziano. Ma la loro qualità è imbattibile. Anche sotto questi aspetti bisogna ragionare in una logica di integrazione delle attività.
Parlava di interventi ambientali e culturali. Qualche esempio?
A pochi chilometri da Cagliari esistono due bellissimi stagni, delle vere riserve naturali dove si trovano persino i fenicotteri. Si parla di farne un parco, il Molentargius. Oppure nelle saline si potrebbero sviluppare attività di talassoterapia. E ancora, il teatro lirico di Cagliari. E’ uno degli 11 Enti lirici d’Italia, attualmente dà lavoro a 300 persone ma potrebbe essere fonte di un giro di attività e persone molto più rilevante se collegato ad altre realtà e strutture. Invece di evolversi avrà problemi perché la Finanziaria ha ridotto le risorse del Fondo unico per lo spettacolo.
Però, insisto, la vocazione industriale non va abbandonata. Infatti esistono dei casi positivi. Un settore nuovo è quello del bacino di carenaggio per le navi. Da due anni sono partite le attività del Porto canale di Cagliari, gestito dalla Cict, che hanno sviluppato un buon traffico di merci in container. Per ora vi lavorano 160 persone, più altre 200 nell’indotto, ma le previsioni per i prossimi anni sono di triplicare sia il traffico che il personale. E’ una ricchezza per l’intera regione, e compensa l’attività del porto storico, che invece diminuisce. Poi c’è la Saras, raffineria che nei picchi di produzione arriva ad assumere 1.500 persone, solo tra gli stagionali. Ma su altri settori siamo fermi. Due anni fa è stato firmato un accordo di programma per la chimica, nel cagliaritano dovevano essere impiegati 100 milioni di euro, 300 in tutta la regione, ma è tutto fermo.
Funzionano le relazioni tra sindacato e istituzioni e tra sindacato e imprese?
Noi svolgiamo sempre più funzioni; non solo le classiche, ma di stimolo e proposta per lo sviluppo, tanto che siamo proprio noi a insistere sul fatto che bisogna valorizzare meglio quanto si fa proprio lavorando insieme a strategie integrate. Prendiamo il turismo: non basta il grande albergo se poi è pieno solo per un mese, bisogna affiancare attività di valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti, politiche di riduzione dei costi, sviluppo della stagione convegnistica. Invece per molto tempo si è commesso l’errore di investire sulle seconde case. Noi insistiamo molto perché le imprese superino le piccole dimensioni imparando a consorziarsi. Vanno messi insieme i soggetti, e con gli altri sindacati stiamo lavorando molto a questo scopo. Ci siamo spesi molto per il canone concordato per gli affitti, abbiamo anche raggiunto un pre-accordo ma non è ancora a punto. C’è un rapporto positivo con le istituzioni sulle politiche sociali. Inoltre, con l’Anolf e con l’Inas, stiamo lavorando per l’integrazione degli immigrati. La loro presenza non è ingente come in altre regioni ma inizia a farsi rilevante. Abbiamo mosso forti critiche su quanto la Regione ha fatto sui Centri per l’impiego.
Perché?
Perché la Sardegna è stata l’ultima ad avviare la costituzione dei Centri per l’impiego. Intendiamoci, è chiaro che prima di tutto per il lavoro servono le aziende, ma avere dei servizi per l’occupazione aiuta, e fino a poche settimane fa non erano stati attivati anche se la normativa è del 2003. Invece siamo al fianco della Regione quando rivendica la percentuale su Iva e Irpef alla Conferenza Stato-Regioni, con una mobilitazione all’inizio di dicembre. Non troviamo ancora la sensibilità che ci potremmo aspettare; un esempio eclatante è quello dei trasporti. Le infrastrutture sono davvero carenti e senza collegamenti qualsiasi progetto, anche ben integrato nelle sue componenti, è destinato a non decollare.
Gli Stati generali del Mezzogiorno
(dal sito internet Cisl)
Daniela De Sanctis
15-12-2005