05/09/2014
CISL Sardegna: "Investire in tecnologia e ricerca per correggere la struttura produttiva regionale"
Senza un piano energetico e un piano industriale l’economia sarda è destinata a una costante precarietà. Il segretario regionale Fabio Enne richiama la centralità della politica industriale per rilanciare economia e sviluppo in Sardegna. "La Giunta regionale - dice il sindacalista in una nota - deve indicare la rotta dello sviluppo che intende seguire per far uscire la Sardegna dalla attuale crisi. Navigare a vista comporta dispendio di energie e risorse: un lusso che non possiamo permetterci". Il sindacato attende ancora dalla Regione una proposta articolata sulle modifiche da apportare alla struttura produttiva regionale per adeguarla ai tempi, ai mercati e alla concorrenza internazionale. Dice Enne: " Una cosa è certa: oggi la Sardegna è un territorio dove la manifattura avanzata ha scarsa rilevanza; dove prevalgono settori a minor contenuto tecnologico con imprese a bassa dimensione media". Questa situazione è venuta consolidandosi durante il decennio 2001-2011 che la crisi degli ultimi 5 anni ha fossilizzato. Secondo l’Istat il peso della manifattura sul totale degli addetti è calato dal 12,5% al 9,4% ( dal 24,9 al 19,5% in Italia). Il calo nazionale è stato compensato da una maggiore presenza di industrie ad alto e medio contenuto tecnologico( 8,6%), mentre in Sardegna si è rimasti intorno al 4,1%. Inoltre, la quota delle imprese ad alto e medio contenuto tecnologico nell’isola è passata dal 14,3 % all’8,9% del totale degli addetti manifatturieri. A livello italiano si è verificata un’evoluzione opposta. Anche nei servizi si è avuta in Sardegna – secondo quanto riferisce l’ultimo rapporto della Banca d’Italia sulle economie regionali - “una leggera ricomposizione verso i comparti a bassa intensità di conoscenza ( dal 47,1 al 49,7% per cento)”. Questi dati indicano chiaramente un punto imprescindibile del futuro piano industriale: gli investimenti in tecnologia, ricerca e formazione. "Preoccupa soprattutto il fatto - aggiunge Fabio Enne - che gran parte della produzione industriale sarda sembra interessata da un processo marcato di involuzione. La dimensione media delle unità locali delle imprese tra il 2001 e il 2011 è rimasta ferma (2,9 addetti), mentre ha registrato una modesta crescita dimensionale quella dei servizi, soprattutto tra quelli a bassa intensità di conoscenza.. Diminuita anche la dimensione media delle imprese manifatturiere ad accezione di quelle operanti nei settori a bassa tecnologia. Non può meravigliare, in queste condizioni, la limitata apertura internazionale delle imprese sarde: la media italiana delle imprese operanti nei mercati internazionali è pari al 21, 9%, la media sarda è dell’8,6%. Quattro quinti delle imprese sarde hanno come riferimento il mercato regionale". "La Sardegna può cambiare solamente se è interessata - conclude Enne - a una rivoluzione copernicana della sua struttura produttiva. La Giunta dica come e quando intende indicarne almeno le premesse. "