
Piccoli Comuni come territori di elezione di una “soft economy” dove sviluppare produzioni locali destinate poi ad affermarsi nel mondo per la loro qualità, affidabilità e desiderabilità.
La proposta della CISL sarda per salvare i piccoli centri, soprattutto delle zone interne, dal declino sociale, culturale ed economico chiama in causa le capacità programmatorie della Regione e costringe i territori a promuovere una diversa progettualità, utile anche a favorire e incentivare la certificazione delle piccole produzioni di qualità attraverso disciplinari e marchi commerciali in grado di garantire sia il territorio che il consumatore, valutando formule attuate in altre realtà come quella della DE.CO. (Denominazione Comunale) strumento per imporsi nei mercati nazionali e internazionali.
Il segretario generale della CISL sarda, Oriana Putzolu, nel suo intervento a conclusione del seminario di approfondimento
su “LE ZONE INTERNE. PER UN NUOVO SVILUPPO DELLA SARDEGNA”, che si è svolto oggi a Mandas nei locali della biblioteca comunale, ha indicato una serie d’interventi per il rilancio dei piccoli comuni:
1. assicurare alle aree interne modelli di vita competitivi con quelli offerti dalle aree urbane, provando a rispondere alla crescente domanda di qualità insediativa che altrove, oggi, riscontra l'interesse anche per i cosiddetti “territori
lenti”, promuovendo un laboratorio di nuovi modi di abitare e di produrre;
2. sostenere a loro favore politiche attive per l'occupazione incentrate sul ruolo attivo degli abitanti e sulla
potenzialità dei luoghi restituendo dignità al lavoro agricolo e favorendo sul settore primario il ricambio generazionale;
3. valorizzare i localismi e, quindi, gli asset della cultura, dell'identità, dei saperi e soprattutto del saper fare
delle popolazioni elevandole a sistema economico e rilanciando, in tal senso, la crescita locale e dell’occupazione
attraverso l’uso di risorse potenziali fino ad oggi poco o mal valorizzate;
4. promuovere una forte azione di marketing territoriale favorendo politiche selettive di attrazione di investimenti;
5. non abbandonare, fra le azioni di sistema da mettere in campo, quelle a favore del settore manifatturiero cui
dedicare una specifica attenzione;
6. interventi settoriali, che possano sostenere le ragioni di una riconversione qualitativa come sta avvenendo in altre aree cosiddette marginali dell'Unione grazie anche a investimenti di capitale pubblico e privato e ad un trasferimento
di tecnologie e competenze mutuate da altre aree più evolute dove si è contenuto il processo di spostamento
della popolazione attraverso la promozione di processi di innovazione dell'economia dei territori;
7. semplificazioni amministrative per mettere queste realtà in grado di competere e di cogliere le occasioni
che, paradossalmente, proprio la globalizzazione ha aperto. Quelle che in un precedente seminario la CISL sarda
ha individuato come “aree a burocrazia zero” dove facilitare l’insediamento per le imprese.
8. la politica del fare: c’è un deficit gestionale, da parte della nostra dirigenza amministrativa e tecnica, che porta con una frequenza a dir poco preoccupante, sicuramente non in linea con i livelli europei più avanzati a realizzare
solo parzialmente i programmi, a non spendere le risorse disponibili, a rallentare e dilatare i tempi
d’attuazione di ogni programma.