Le pericolose ricadute della riforma delle Camere di Commercio, in Sardegna, fondamentale presidio dello sviluppo locale e, in questi anni, esempio di promozione del saper fare delle nostre imprese, dovrà essere seriamente presa in considerazione dalla Giunta regionale e dallo stesso Consiglio, favorendo la ricerca di una via tutta sarda che tuteli gli importanti presidi economici dell'Isola di Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano. Fatto, questo, da trattare con il Governo centrale all'interno dei prossimi confronti istituzionali Stato/Regione per rinegoziare, nelle difficoltà della ripresa economica regionale, il ruolo insostituibile del sistema camerale a supporto delle prossime strategie di sviluppo locale. Se la riforma dovesse essere calata dall'alto, banalizzando le funzioni camerali a un unico presidio, sarebbe una condanna definitiva per i territori più periferici senza un reale ritorno in termini di riassetto e risparmio nella Pubblica Amministrazione dell'Isola, che non può permettersi di associare alla complessità del riassetto degli enti locali e della sanità anche quella derivante da una ulteriore razionalizzazione di un pezzo del modello amministrativo sardo. Nella delicata fase in cui tutto il sistema regionale prova a far riprendere il passo alla crescita, ancora in fase di difficile ripresa, è indispensabile, mai come di questi tempi, una pubblica amministrazione sarda di maggior prossimità utile a stimolare e sostenere l'animazione locale dell'economia. Fra l'altro, il riassetto voluto dalla ministra Madia è tutt'altro che vocato al risparmio, porterà piuttosto, sulle realtà periferiche dell'Isola, ulteriore desertificazione implementando ulteriormente il processo di abbandono e di spopolamento dei cittadini e delle imprese con conseguenze inimmaginabili sulle Comunità locali. Purtroppo dalla lettura degli atti ministeriali non traspare la consapevolezza del ruolo del sistema camerale diffuso. Si tratta di organismi fondamentali per semplificare il rapporto tra Stato e sistema produttivo. Si pensi solo alla tenuta del registro delle imprese, alla conciliazione, al sostegno al credito attraverso la propria azione sui confidi, al sostegno dell’export delle piccole imprese, al ruolo di supporto all’innovazione, alla semplificazione amministrativa tramite gli sportelli unici, per non parlare dell'insostituibile ruolo svolto in questi anni dalle aziende speciali sul fronte della promozione del sistema Sardegna con le sue eccellenze identitarie sempre più necessitate di un deciso processo di supporto all'internazionalizzazione. Camere di commercio da sempre amiche delle periferie produttive che non godono, fra l'altro, di alcun trasferimento da parte del bilancio dello Stato, oltre che importanti realtà occupazionali che di questi tempi non potranno che essere garantite anche per gli effetti positivi a vantaggio del mercato del lavoro sardo. I dipendenti diretti a tempo indeterminato delle Camere di Commercio dell’isola sono 150 opera-tori, a cui si aggiunge un indotto di tutto rilievo, che potrebbero non essere garantiti nel loro complesso nel processo di riorganizzazione. Mortificare, quindi, l’Istituzione più sussidiaria che esista è un gravissimo errore e un Governo avveduto, piuttosto che mortificare, avrebbe dovuto rilanciare questa importante esperienza che, a costi minimi, potrebbe svolgere un ruolo meglio finalizzato al processo di ripresa economica del Paese, ad esempio nelle funzioni a supporto alle start up e irrobustendo il debole processo internazionalizzazione delle imprese più piccole, quelle per intenderci che caratterizzano la gran parte del tessuto imprenditoriale sardo. Ignazio Ganga Segretario regionale della CISL sarda