21/09/2018
Quale futuro per il Porto Canale di Cagliari e per i suoi 600 lavoratori?
Nella giornata di ieri le organizzazioni sindacali hanno inviato una richiesta di incontro urgente al Terminalista per capire cosa intendono fare del Porto Canale di Cagliari e dei suoi lavoratori. Parliamo di 219 lavoratori diretti e di 347 lavoratori operanti nelle imprese dell’indotto (ad alcune di queste a fine mese scadrà la cassa integrazione).
Come CISL TRASPORTI denunciammo nel corso dell’incontro avvenuto a gennaio scorso con il terminalista CICT e successivamente al tavolo promosso dal Sindaco Massimo Zedda alla presenza di Regione, Camera di Commercio, Confindustria, Autorità di sistema portuale e i soggetti istituzionali coinvolti, il vergognoso silenzio assordante della politica sulle vicende che stanno coinvolgendo il Porto Canale di Cagliari.
La Fit-Cisl è fortemente convinta che il risveglio delle istituzioni di qui a breve sarà solo ed esclusivamente una manovra preelettorale per acquisire consensi. Il sindacato si contrapporrà con forza affinché questo non accada . Serve una classe politica che non faccia campagna elettorale sulla disperazione dei lavoratori, ma fatti e non parole; che intervenga urgentemente anche con il supporto dei Ministeri competenti, ma soprattutto servono accordi ben precisi e protocolli d'intesa specifici che sortiscano effetti positivi capaci di evitare che salga la rabbia e la protesta si inasprisca.
Siamo consapevoli che sul Porto pesa una sorta di crisi di crescita, dal momento che il suo sviluppo soffre di una sensibile carenza dal punto di vista delle infrastrutture. Non facciamo solo riferimento alla mancanza di gru di ultima generazione, ma anche di retro-porto, di logistica, di aree destinate ai semilavorati e in particolar modo all’import export. Il transhipment di un tempo che poteva anche ignorare tale mancanza, dal momento che sfrutta unicamente la modalità marittima, oggi purtroppo non può farne più a meno. Questo soprattutto se si intende fare di Cagliari un elemento di sviluppo territoriale, sinergico con i comuni della città metropolitana attraverso l'insediamento di attività produttive e di servizi che si riflettono nell’intera regione.
Il transhipment è vivo più che mai . Lo dimostra il fatto che nei prossimi due anni verranno messe in servizio circa 70 navi da oltre 20.000 teu che richiederanno porti attrezzati con gru adeguate per poter essere sbarcati. Per la consegna di una gru di nuova generazione (le super post-post panama) servono dai 12 ai 18 mesi e bisogna sbrigarsi e farlo anche in fretta.
A nostro avviso, Cagliari ha l’impellente necessità di essere un porto veloce se vuole battere la concorrenza degli altri porti. Le merci viaggiano fra Tangeri e Port Said, attracchi più vantaggiosi per spostare tutto quello che si produce e si consuma nei cinque continenti e che ormai neanche sfiorano più il nostro porto sulla rotta che da Gibilterra scende al Canale di Suez. Un porto cagliaritano diventato una rada sempre più deserta lontana dai mercati e scansata dai commerci.
È giunto il momento di pensare al transhipment in maniera diversa. Ci sono grandi aree a disposizione nel porto di Cagliari che potrebbero essere strutturate e attrezzate per poter pensare a nuove tipologie di lavorazione. C’è la necessità urgente che le parti coinvolte convergano tutte su un unico obiettivo, cioè il rilancio del porto canale rendendolo più appetibile con politiche d’incentivazione e defiscalizzazione. Queste, insieme alla copertura del 90% delle tasse di ancoraggio a lungo termine, ad una riduzione dell’Iva sulle merci lavorate e ad uno sconto sulle accise in caso di buncheraggio, potrebbero riaprire nuovi scenari e far ri-partire tutta la struttura che consentirebbe di mantenere inalterati i livelli occupazionali.

Cagliari, 20 settembre 2018

Il Segretario regionale
Corrado Pani