28/04/2006
Eletta la nuova segreteria confederale:Bonanni segretario generale e Baretta segretario aggiunto
Eletta la nuova segreteria confederale: Raffaele Bonanni segretario generale e Pierpaolo Baretta.
Di seguito gli interventi di Bonanni e di Baretta.
Consiglio generale Cisl, 27 aprile 2006
Intervento di Pier Paolo Baretta


Ringrazio tutti voi della fiducia che mi avete dato con il vostro voto.
Ringrazio Savino Pezzotta che ci ha condotti a questo importante momento nella unità interna, nella autonomia e nella orgogliosa riaffermazione del ruolo protagonista del sindacato. Da questa eredità non prescinderemo.
Ringrazio Raffaele Bonanni per aver condiviso la scelta, ed averla perseguita, di arrivare a questo appuntamento con una Cisl unificata e, anche attraverso la proposta del segretario generale aggiunto, fortemente rappresentativa della nostra complessità, non delle, per fortuna flebili, divisioni politiche.
Ringrazio i colleghi di segreteria che hanno contribuito, con la chiarezza delle loro opinioni e la disponibilità a costruire l’unità interna, a far sì che si giungesse a questo appuntamento tutti insieme.
A Tutti assicuro tutto il mio impegno e la mia lealtà.

1) Non è il momento, oggi, di lunghi discorsi. Le scadenze incombono e già Raffaele ha detto gli elementi essenziali del nostro programma: una forte continuità strategica, la volontà di dare piena attuazione alla mozione approvata all’ultimo Congresso.
Tuttavia, siamo chiamati ad affrontare un continuo mutamento di scenario che impone nuove analisi e nuove coraggiose scelte.
Ora, una nuova fase della vita del Paese si sta aprendo. Da un lato, la inderogabile necessità di concludere al più presto la persistente congiuntura negativa della situazione economica e sociale che, da troppo tempo, stiamo attraversando.
Abbiamo denunciato spesso, recentemente anche in campagna elettorale, le pesanti conseguenze che ciò comporta per il mondo del lavoro, chiedendo una discontinuità nelle politiche pubbliche.
Dall’altro, la delicatissima situazione politica ed istituzionale, conseguente all’esito del voto delle scorse settimane, non ammette deroghe alla urgenza di formare il Governo e di governare, ma, al tempo stesso richiama a nuove collettive responsabilità.
Mai come ora, pur nei rispettivi ruoli, il dialogo politico e la concertazione ci appaiono irrinunciabili.

Ancor di più se pensiamo all’ormai imminente Referendum sulla riforma costituzionale, sul quale ci siamo esplicitamente pronunciati per il No.
Eppure, siamo coscienti che, qualsiasi sia l’esito del voto, la discussione su nuove regole del gioco della nostra convivenza democratica dovrà continuare e noi vi parteciperemo.

2) Avremo modo, dunque, di tornare a parlare, presto, di strategia e di contenuti.

Ci torneremo già nei prossimi giorni lavorando per un nuovo patto associativo che renda la Cisl più forte, organizzata, rappresentativa ed autorevole.
La commissione organizzativa decisa da questo Consiglio generale ha già cominciato il suo lavoro. Il suo compito è fornirci delle proposte che ci consentano di migliorare e rinnovare la nostra organizzazione nella sua capacità di rappresentare al meglio i nostri iscritti attuali e di associarne molti di nuovi.
Ereditiamo un’organizzazione sana e robusta. Ciò, anziché accontentarci, ci stimola ad andare avanti, a rinnovarci.
Un nuovo equilibrio tra centro e periferia, tra categorie e strutture orizzontali; la trasparenza, la certezza ed il decentramento delle risorse; un sistema integrato di servizi al servizio del lavoro e del lavoratore-cittadino, sono solo alcune delle priorità che dobbiamo affrontare.

Il modello organizzativo, come quello negoziale, la cui riforma è davvero necessaria ed urgente, segue, condiziona e modifica l’andamento delle vicende economiche, dei mercati, delle condizioni di vita e di lavoro dei nostri rappresentati.
Per questo rinnovarci nel rappresentare e nel promuovere e tutelare è un unico progetto ed è urgente realizzarlo.

Torneremo a discutere di tutto ciò negli organismi ai quali vogliamo dare nuova vitalità, ruolo e impulso, a cominciare da questo consiglio generale, dal comitato esecutivo.
Questo dibattito deve animare tutta la Cisl, a tutti i livelli, coinvolgendo le strutture periferiche orizzontali e di categoria.
Dobbiamo impegnarci perché tutti i dirigenti, tutti gli operatori a tempo pieno, le migliaia di delegate e delegati della nostra organizzazione nei posti di lavoro, siano messi nelle condizioni di partecipare e contribuire alla costruzione della nostra “casa comune”.
Sono loro che costituiscono il perno della nostra capacità di azione tra i lavoratori ed i cittadini, che rendono il nostro sindacato credibile. A loro, alla loro formazione ed informazione, alla loro condizione di vita e di lavoro, spesso disagiate, va prestata molta attenzione da parte nostra.

Torneremo a riflettere sui nostri progetti attraverso la intensa attività informativa e culturale che caratterizza la Cisl, sia a livello confederale, sia delle federazioni di categoria e delle strutture orizzontali a tutti i livelli.
Le nostre pubblicazioni, gli Enti di ricerca e gli uffici studi, debbono, assieme alla formazione, costituire un unico progetto. Esso deve rivolgersi non solo alla Cisl, ma aprirsi al largo e diversificato mondo della cultura che va maggiormente coinvolto nella elaborazione di un modello di società impregnata dai valori della solidarietà e della giustizia sociale.

Torneremo a discutere di tutto ciò nel dialogo, che vogliamo aperto, ma schietto; autonomo ma collaborativo, con le altre organizzazioni sindacali, le controparti datoriali, le associazioni portatrici di interessi e di valori, la politica.

Ma, alla fine, saranno le nostre scelte che determineranno l’esito di questi propositi. Su di esse saremo giudicati, prima di tutto e soprattutto, da voi che rappresentate i nostri iscritti.

3) L’insieme della nostra identità sindacale, organizzativa e culturale deve, dunque, essere in grado di rappresentare i nostri valori ed i principi associativi nel contesto sociale ed economico contemporaneo, sempre più complesso e globale; ancora zeppo di ingiustizie e storture che si diffondono, ma, sempre più ricco di opportunità non appieno valorizzate.
Per questi motivi, a maggior ragione oggi che viviamo nella economia globale, la “Democrazia economica” si colloca al centro della nostra proposta. Democrazia economica intesa come una visione sociale, un vissuto collettivo, una ulteriore e più avanzata tappa nella emancipazione del lavoro e della dignità della persona.
Una visione ed una proposta strategica in grado di trovare sbocco attraverso un insieme di reti solidali, di regole trasparenti e condivise, un sistema di relazioni partecipative ed un’azione negoziale conseguente.
Il modo più consono per la Cisl di esercitare la propria autonomia, la propria capacità di proposta e di azione, di dare una prospettiva alla “questione sindacale”, che noi abbiamo sollevato nel dibattito politico, consiste nel dare, attraverso la democrazia economica, un nuovo orizzonte e nuova linfa alla democrazia politica e al capitalismo, affrontando, in questo modo, la irrisolta, ma decisiva, questione della centralità della persona nel processo economico politico e sociale.

3) Un ultima considerazione: dopo alcuni anni torna la figura ed il ruolo del segretario generale aggiunto.
Questi anni non sono passati invano. Possiamo considerarli una sorta di passaggio tra una concezione dei rapporti interni alla Cisl di tipo dualistico, preziosa, ma che, ormai, possiamo affidare alla storia ed una nuova concezione meno schematica nel suo pluralismo, che ci siamo impegnati, nel Congresso ultimo, a costruire e a cui abbiamo dato il nome di “nuova unità”.

La mia generazione ha avuto la singolare fortuna di conoscere, in gioventù, direttamente e personalmente, molti dei padri fondatori e di vivere, assieme a loro, il tumultuoso cambiamento della società italiana, le potenzialità ed i conflitti insiti in quella crescita.
La Cisl ne è stata protagonista e quel protagonismo ha trascinato tutti noi nelle passioni nelle quali ci siamo formati.
Mano a mano che gli eventi della Storia, sia a livello internazionale che italiano, mutavano il loro corso, le passioni sopravvivevano agli eventi.
Non è un male se esse sanno rimotivarsi alla luce delle nuove sfide, e non rifugiarsi in schemi desueti, se diventano stimolo a nuovi impegni, se consentono di sostenere lo sguardo ben rivolto al futuro.

Ora, a me sembra, che uno dei principali compiti di questo gruppo dirigente è quello di preparare una nuova classe dirigente, una nuova generazione di sindacalisti, di donne ed uomini della Cisl del domani.
L’eredità di quella storia sarà resa fertile per loro, se supereremo definitivamente quelle divisioni, senza perdere quelle passioni; se saremo uniti, senza essere omologati; se saremo diversi, senza essere alternativi.
Per riuscirci serve una visione collettiva che, nel rispetto dei ruoli, implichi lo sforzo di tutti in questa direzione.

Per questi motivi la scelta di oggi non è un “tornare indietro”. Significa, piuttosto, creare le migliori condizioni per andare avanti.

E andremo avanti. Non cadremo nelle trappole inevitabilmente disseminate sulla nostra strada. Non dobbiamo, non dovrete dividervi tra questa o quella ”anima” , perché la “nuova unità” con la scelta di un segretario generale, affiancato da un segretario generale aggiunto, non è “il ritorno alle correnti”, ma lo stimolo a sintesi più coraggiose.
Non dovrete chiedervi se siete in maggioranza o in minoranza, perché la scelta di oggi non è il prodotto di maggioranze e minoranze che governano con un patto di potere, ma la condizione migliore per riconoscere e rappresentare i molti punti di vista che esistono al nostro interno perché siamo, fortunatamente, in tanti, e perché siamo figli di quella storia che amiamo, ma soprattutto impegnati in questa storia nuova che siamo chiamati a vivere.

Da parte mia, dunque, non riceverete appelli alla contrapposizione degli schieramenti, vecchi, nuovi o nuovissimi che siano. Tanto meno aspettatevi la chiusura in logiche spartitorie.
Aspettatevi, invece, con i limiti e le capacità che posso mettere a disposizione, che eserciti un ruolo attivo a favore di una discussione aperta per la elaborazione e la gestione delle strategie e contenuti, per la trasparenza delle procedure, per la costante definizione di regole comuni di convivenza. In definitiva, per contribuire a costruire la nuova unità della Cisl.

Avremo modo di tornare anche su questo punto, ma, per intanto, vi assicuro il mio impegno, in coerenza con quanto detto, a far sì che la figura ed il ruolo dell’aggiunto sia vissuto come una risorsa per tutti, a cominciare dal segretario generale, e non, come qualcuno ha temuto. una garanzia di parte.
Se poi, come qualcuno ha detto, sarà un ingombro, lo sarà solo per coloro che perseguono il quieto vivere dell’immobilismo e non la ricchezza collettiva della costruzione comune della nostra Cisl.

Grazie e buon lavoro a tutti.



CISL

CONSIGLIO GENERALE

ROMA EUR 27 APRILE 2006





Intervento di Raffaele Bonanni
Segretario Generale
Ringrazio il Consiglio Generale per la fiducia accordata.
Il vostro voto è il riconoscimento che l’assetto del gruppo dirigente di oggi risponde alle esigenze di unità della CISL.
Essa dà forza alla nostra strategia sindacale e ad una rinnovata politica organizzativa, di cui la CISL ha una estrema necessità.
L’unità dell’organizzazione dovrà cimentarsi con gli sviluppi del progetto politico per affrontare i problemi complessi e le difficoltà
· di una strategia che non viva solo di analisi, di scenari e prospettive ma porti risultati nell’interesse di quanti rappresentiamo e per il bene del Paese,
· di una messa in campo di risorse organizzative che la sostenga efficacemente per il raggiungimento di questo obiettivo.
Ed è l’unità che vogliamo alimentare con una autentica collegialità ed un rilancio forte della democrazia associativa, a tutti i livelli.
A partire dalla centrale confederale.
Non solo vogliamo che la Commissione consiliare sul nuovo patto associativo, istituita nel C. G. di marzo, sia efficace in termini progettuali, ma intendiamo promuovere Commissioni permanenti del C. G. di indirizzo e di verifica rispetto al ruolo esecutivo della Segreteria, particolarmente nelle politiche organizzative come il tesseramento, l’impiego delle risorse finanziarie e dei distacchi sindacali, la politica dei servizi, la gestione politica e finanziaria dei progetti speciali.
La natura associativa della CISL, che è un valore fondativo della nostra concezione di sindacato, deve indurci a praticarla con una coerenza radicale nel nostro fare sindacato secondo il modello democratico.
Riguarda anche noi l’esasperazione della verticalizzazione e della medialità, che enfatizza oltre ogni misura la personalizzazione della politica, agli antipodi della democrazia partecipata.
Dobbiamo reagire e tornare con grande impegno alla democrazia associativa, restituendo, nei processi decisionali, voce agli iscritti e ruolo agli organi rappresentativi della democrazia delegata ad ogni livello.
Solo in questo modo, con una pratica vissuta e riconosciuta quotidianamente, la nostra organizzazione farà vivere la forza politica del nostro modello di sindacato e saprà rifuggire dalla logica dei piccoli compromessi.
In questi anni la pratica associativa e la vitalità della democrazia delegata si sono indeboliti.
Vi è sempre più il rischio che si riducano ad adempimenti burocratici e soltanto a vessillo identitario, con una sempre maggiore difficoltà nel confronto con chi identifica il sindacato con il movimento e con la democrazia assembleare e di mandato, come abbiamo riscontrato recentemente in alcune categorie.
Occorre un autentico scossone a tutti i livelli dell’organizzazione, per ridare vitalità e capacità di attrazione ai nostri valori, al nostro modello di sindacato e gambe, come si diceva un tempo, alla nostra strategia, la cui forza è solo nella proposta e nella rappresentanza.

Quadro politico e rapporti unitari

Il documento conclusivo del C. G. del 9 marzo u. s. individua con chiarezza le priorità della CISL per l’Agenda del nuovo governo.
Oggi, ad elezioni politiche avvenute, sappiamo che dovremo confrontarci con il governo di Romano Prodi.
Sull’esito elettorale esprimo una valutazione rigorosamente sindacale e la sintetizzo con queste quattro considerazioni:
· la precarietà numerica della maggioranza è un pessimo esito elettorale rispetto alla situazione economico - sociale e alle esigenze di governo del Paese. All’Italia occorreva, per le scelte impegnative da compiere, una solida maggioranza. In ogni caso, chi ha vinto, deve governare;


· non è immaginabile, per come sono composti i due poli, che non hanno rinunciato alle rispettive estreme, e dopo quello che è stato il tono della campagna elettorale, una soluzione alla tedesca della grande coalizione;
· questa precarietà del quadro politico dovrebbe indurre
**a superare il degrado della politica del bipolarismo di questi anni, come reciproca delegittimazione, rissa continua, prevaricazione, intolleranza alternativa, con la conseguente mortificazione delle politiche riformatrici in grado di dare senso, trasparenza programmatica e vitalità allo stesso bipolarismo, e
**a riscoprire la politica come progetto, proposta, moderazione e mediazione, ricerca del confronto parlamentare costruttivo, senza inciuci, almeno sulle grandi scelte di fondo, non solo istituzionali, ma anche economiche e sociali, in questa situazione del Paese;
**a impegnarsi in una pratica forte della democrazia partecipativa, ad iniziare dalla concertazione; essa è utile per una continua verifica del consenso e legittimazione delle scelte, messa in crisi in questi anni dalla pretesa di esaurire la politica nel mandato elettorale, nella dialettica bipolare all’interno delle istituzioni, nel ruolo determinante del presidenzialismo, ai diversi livelli istituzionali.
Insomma i rischi di una maggioranza risicata potrebbe avviare la ripresa di un processo virtuoso della politica.
La CGIL è partita con il piede sbagliato, dalla cancellazione della legge Biagi, per non parlare della chiusura sulla riforma contrattuale e della regolazione legislativa della rappresentanza.
Un errore incredibile: il segretario generale della CGIL mentre si propone come il custode di Prodi, rischia di essere la pietra al collo che lo fa affogare.
La CGIL ripropone, con la richiesta di cancellazione della legge n. 30, una posizione politica non condivisibile sotto diversi aspetti.
Vi è innanzitutto un problema di principio: una corretta alternanza di governo non comporta la cancellazione di tutte le leggi del governo precedente, secondo la logica distruttiva di un bipolarismo alternativo, anziché dell’alternanza.
Nel merito, la sommaria liquidazione della legge Biagi
· conferma la pregiudiziale chiusura ad una politica sindacale riformatrice rispetto alle innovazioni produttive e sociali e
· marca, mentre occorrerebbe un fronte comune per rilanciare il Paese, una rottura preventiva con CISL e UIL.
Le nostre posizioni sulla legge 30 sono chiare e condivise da un ampio schieramento politico riformista.
Si tratta di rafforzare il ruolo della contrattazione sui rapporti flessibili e migliorare le tutele per i lavoratori interessati, sul piano salariale, contributivo, degli ammortizzatori sociali e con lo Statuto dei nuovi lavori.
Dunque, vogliamo migliorare e completare la riforma.
Per noi della CISL sarebbe opportuno che queste questioni tornassero nel dominio della contrattazione.
Sono le parti sociali che devono riprendersi il loro ruolo, misurandosi con il lavoro che cambia e trovando le soluzioni di una flessibilità adeguatamente tutelata.
Il governo, a sua volta, dovrebbe sostenere questo processo, agevolando l’autonomia contrattuale – ad esempio con un Avviso comune - con la messa a disposizione di incentivi e ammortizzatori sociali.
Su questa questione della legge Biagi come su riforma contrattuale e regolazione della rappresentanza, che attengono alla autonomia contrattuale, d’altronde, in Parlamento non sembrano esserci maggioranze per colpi di mano.
D’altro canto, al di là della demagogia, siamo tutti consapevoli che la legge Biagi di per sé non crea né precariato né più lavoro e che per avere buona e più occupazione non basta riqualificare, completando la riforma, il mercato del lavoro, occorre la ripresa dello sviluppo economico.
Ma in questa posizione imperiosa della CGIL, prima ancora che si formi il nuovo governo, vi è la riproposizione di un rapporto con la politica antitetico al sindacato dell’autonomia:
· nei confronti del governo di centro destra la CGIL identificava il dissenso sociale con l’opposizione politica, per cui era inibito pregiudizialmente qualunque negoziato;
· nei confronti del governo di centro sinistra la CGIL si schiera politicamente in modo organico come un partito della coalizione - dall’elaborazione del programma alla proposta del Patto di legislatura -, per condizionarla da posizioni massimaliste e radicali sul piano sociale.
Sono quindi già in campo, ad inizio della nuova legislatura, tutte le difficoltà di confronto per il sindacato dell’autonomia.
La mia convinzione è che, pur senza rinunciare a progetti più ambiziosi di confronto, anzi per rendere più credibile questa prospettiva, i rapporti tra le confederazioni dovranno essere improntati ad un positivo pragmatismo, proprio dell’agire più innovativo della CISL.
Non servono tra CGIL CISL UIL le continue drammatizzazioni che lacerano e paralizzano.
Piuttosto è necessario prendere atto di volta in volta, nella chiarezza delle reciproche posizioni e valutazioni, delle difficoltà e affrontarle, facendo convivere una civile dialettica del nostro storico pluralismo con quanto è possibile fare unitariamente, che è poi il tracciato di tutta la nostra storia.
Il dibattito sindacale (culturale, politico e vertenziale) deve uscire dal cerchio ristretto dei vertici e deve coinvolgere dirigenti, quadri, iscritti e i lavoratori sui posti
di lavoro.
Dobbiamo tornare con più determinazione, come dicevo, alla democrazia sindacale, restituendo, nei processi decisionali, voce agli iscritti e ruolo agli organi rappresentativi di ogni livello.
E’ un sentiero stretto, ma è senza alternativa perché il sindacato possa tutelare lavoratori e pensionati e perseguire il bene comune del Paese.






Priorità rivendicative: Confindustria e Governo

Il C. G. del 9 marzo ha già definito le priorità per l’agenda del nuovo governo e per il negoziato con Confindustria e le altre associazioni imprenditoriali: quella è la nostra piattaforma.
A Confindustria diciamo che i rapporti con le associazioni imprenditoriali devono essere ricondotti prioritariamente sul terreno sindacale della contrattazione, dove ognuno mette la sua parte nello scambio negoziale, e che le questioni da affrontare subito sono la riforma del modello contrattuale e il miglioramento e il completamento della legge 30.
Su queste questioni non vorremmo da parte di Confindustria, soprattutto sul modello contrattuale, minuetti e accondiscendenze per continuare a non farne nulla, con la valutazione miope che tutto sommato è meglio tenere il sindacato fuori dal controllo di una quota consistente salariale.
Né Confindustria può pensare che un nuovo disegno di relazioni sindacali si risolva in una semplice nuova razionalizzazione delle procedure formali.
Esso deve consentire, ridisegnando ruoli, tempi e competenze dei due livelli della contrattazione collettiva, una estensione generalizzata del secondo livello, un ampliamento del negoziato e del controllo sociale dei lavoratori e del sindacato su tutti i fattori del lavoro, ad iniziare dal rapporto produttività salario, e sulle scelte complessive del sistema produttivo.
Al nuovo Governo chiediamo di assumere da subito una politica di concertazione con le forze sociali, forte negli obiettivi da condividere e nelle responsabilità da assumere ciascuno nella propria autonomia, per mobilitare tutte le energie sulla complessa e difficile situazione economica e sociale del Paese.
Oltretutto, il Governo in questo modo potrebbe ritrovare la risorsa di consenso e di coesione sociale, preziosa e indispensabile nella precarietà del quadro politico, uscito dalle elezioni.
Ora il buon senso di tutti rispetto agli interessi del Paese dovrebbe creare le condizioni, attraverso la concertazione, di una coalizione sociale su alcune priorità, con misure essenziali e forti per lo sviluppo, per il lavoro, per la tutela dei salari e delle pensioni.
Non una concertazione onnicomprensiva, ma una intesa che selezioni alcuni temi condivisi come prioritari, individui le misure e i termini di scambio, tempi di realizzazione e modalità di verifica per conseguire gli obiettivi positivi per il Paese e per i lavoratori con il contributo autonomo e responsabile di tutti.
Per noi assolutamente prioritari sono gli obiettivi sociali relativi alla tutela di salari e pensioni,
· con una condivisa politica dei redditi, dal tasso programmato di inflazione, all’equità fiscale, al governo di prezzi e tariffe, alle tutele sociali;
· con la messa in campo di un sistema di ammortizzatori sociali attivi per i lavori flessibili;
· con una rivalutazione negoziata delle pensioni in essere, innanzitutto per le fasce con il reddito più basso e per i soggetti con maggiore sofferenza economica e sociale;
· con l’adozione di misure mirate al sostegno della famiglia, come agente qualificato e insostituibile dello stato sociale, oltretutto per contrastare il declino demografico;
· con misure di contrasto alla povertà e di accompagnamento e cura delle fragilità sociali (in particolare la costituzione del Fondo per i non autosufficienti, una vera emergenza sociale nella condizione degli anziani;
· con l’immediata decorrenza dei Fondi integrativi, che riguarda il futuro previdenziale dei “già” giovani, in una situazione a rischio di rotture generazionali.
Sulla questione delle risorse –oltretutto il Governo si sta apprestando ad una prima manovra di correzione della finanza pubblica - ribadiamo con forza che
· sul loro reperimento - per lo sviluppo, il risanamento finanziario, la riqualificazione dello stato sociale -, si misurano la sostenibilità e l’equità sociali delle politiche economiche;
· spesa sociale e funzionamento della Pubblica Amministrazione non tollerano ulteriori ridimensionamenti, mentre occorre una rinnovata politica di qualificazione per accrescere efficienza e d efficacia;
· le risorse necessarie innanzitutto devono venire da un fisco equo con una profonda revisione della legislazione e dell’azione di questi anni e con un contrasto vero all’area enorme dell’evasione.
E a proposito di fisco, Governo e Confindustria non pensino di fare della riduzione fiscale sul costo del lavoro una misura a pioggia, mentre essa deve essere mirata alle aziende innovative più esposte alla competitività, alle categorie svantaggiate nel mercato del lavoro (i giovani, le donne, i lavoratori anziani…), al Mezzogiorno.
Per aumentare il tasso di occupazione femminile che può diventare il principale motore di crescita, occorrono, oltre queste misure fiscali mirate, un sistema territoriale di servizi sociali adeguati.
Tutti gli obiettivi sociali - lavoro,salari e pensioni, welfare - dipendono dalla ripresa dello sviluppo.
Le misure che rivendichiamo, si riferiscono alla urgenza di innovare e riposizionare in modo competitivo il nostro sistema economico, dove le piccole e medie imprese, i distretti sono l’ossatura portante e dove, oltre il rilancio dell’apparato manifatturiero con maggiore valore aggiunto in grado di reggere la competitività con i nuovi Paesi industriali, va rivolta particolare attenzione ai settori nuovi (energia,ambiente, logistica, turismo e beni culturali, servizi del terziario avanzato).
Devono essere valorizzate tutte le potenzialità.
Sono decisive le politiche in grado di mobilitare tutte le risorse pubbliche, private e sociali per creare ambienti e condizioni infrastrutturali favorevoli allo sviluppo di un apparato produttivo di eccellenza, fortemente innovativo e competitivo per interagire con i mercati internazionali.
Un impegno forte deve riguardare la modernizzazione della P. A., essenziale per la competitività del sistema produttivo, con particolare attenzione anche al sistema istruzione, con un’azione riformatrice che collochi i cambiamenti concretamente negli interventi delle politiche per lo sviluppo e nello scambio contrattuale tra valorizzazione del lavoro - negli aspetti professionali e retributivi - partecipazione e verifiche dei risultati di efficienza.
Nelle politiche per lo sviluppo il Mezzogiorno e le altre aree in difficoltà devono essere la priorità
· rispetto agli investimenti per le infrastrutture, per innovazione, ricerca e formazione,
· finalmente ad una fiscalità di vantaggio,
· alla modernizzazione della P. A. .
Con nuove regole vanno promossi processi reali di liberalizzazione contro gli assetti monopolistici, soprattutto nei servizi e nelle public utility, per realizzare finalmente un mercato veramente concorrenziale nella innovazione, nella sicurezza, nella qualità e nelle tariffe a vantaggio dei cittadini.
La ripresa di un programma di dismissioni deve essere politicamente selettivo, non semplicemente
· per fare cassa, pur con la finalità di alleviare il debito pubblico, favorendo, come avvenuto, scalate speculative e monopoli, con la distrazione di ingenti risorse dagli investimenti produttivi, ma
· come opportunità per inaugurare una moderna politica di democrazia economica (Fondi pensione e Azionariato dei lavoratori) nel sistema di accumulazione finanziaria.
I processi riformatori hanno grande difficoltà di avanzare in un Paese dove vi è un blocco conservatore trasversale alla destra e alla sinistra molto forte, fatto
· da poteri economici che, nella ridefinizione in atto del capitalismo italiano in un contesto debole della politica, sono più propensi ai facili guadagni della rendita finanziaria che ai rischi degli investimenti produttivi,
· da una rete fitta di lobby corporative, imprenditoriali e professionali, che determina l’immobilismo, la riproposizione dei vecchi schemi, per lo più la logica della forza e sempre maggiori disuguaglianze.




NO al referendum, per salvare la Costituzione

Abbiamo un impegno immediato che deve vederci direttamente mobilitati: è quello della battaglia per il NO al referendum confermativo della Riforma costituzionale.
Ci stiamo confrontando perché l’iniziativa sia unitaria, CGIL CISL UIL, con una grande mobilitazione ad iniziare dai posti di lavoro: favorirà un clima nuovo nei rapporti unitari, proficuo anche rispetto agli impegni negoziali con il nuovo Governo e con Confindustria e il fronte imprenditoriale.
La motivazione di questo straordinario impegno unitario che chiediamo a CGIL e UIL, ha un forte contenuto sociale, risponde all’urgenza di un nostro impegno autonomo e diretto – quindi non di schieramento politico - per rimettere al centro le nostre ragioni di avversione al premierato assoluto e alla devoluzione di questa riforma ed anche ai limiti della riforma del centro sinistra del 2001, anch’essa fortemente condizionata dalla Lega.
Per noi si tratta di difendere e promuovere un assetto istituzionale che non solo riconosca ma sostenga in ogni campo l’iniziativa delle forme organizzate della società civile, come si esprime nella sussidiarietà, cioè in tutto ciò che possono fare direttamente i cittadini ottimizzando responsabilità, efficienza ed efficacia.
Per il sindacato è l’autonomia della contrattazione, sono tutti gli ambiti della partecipazione, con la centralità della bilateralità sui terreni, decisivi per la tutela del lavoro, a partire dalla formazione e dagli ammortizzatori sociali, è l’impegno nella gestione diretta dei servizi per l’impiego e nella promozione dell’iniziativa nel terzo settore.
E’ il superamento di ogni competenza esclusiva nell’economico e nel politico da parte del capitale e del sistema politico, rispettivamente
· con il riconoscimento della partecipazione dei lavoratori e del sindacato ai processi di accumulazione e al controllo degli investimenti (Fondi integrativi e azionariato);
· con un ruolo forte della politica della concertazione, ciascuno con la propria autonomia e senza nulla togliere alle responsabilità del governo e del Parlamento.
Sono queste autonomie sociali, ricche della responsabilità diretta della società civile organizzata, che devono costruire e alimentare il nuovo federalismo solidale, il quale invece, nella versione corrente e tanto più con la devoluzione, risponde ad una logica meramente geografica ed istituzionale, con conseguenze devastanti per l’unità del Paese e della giustizia sociale tra tutti i cittadini.
Ed è la democrazia parlamentare la forma di governo in cui meglio si può esprimere la soggettività politica del pluralismo sociale, che è antitetico ad ogni deriva del populismo e del dirigismo.
In questi anni abbiamo subito una progressiva messa in crisi della democrazia partecipativa nell’azione di Governo, in particolare per quanto riguarda il ruolo del sindacato, dalla politica dei redditi, al confronto sulle riforme sociali, alla concertazione, alla stessa contrattazione pubblica.
In questo modo, la tendenza è stata quella di ridurre la partecipazione, tra una elezione e l’altra, a utenza dei mass media, a sondaggio, a movimenti di opinione, a lobbismo.
Gli stessi partiti, sempre più personalizzati nei leaders, tendono ad essere essenzialmente macchine elettorali. Il cittadino è sempre più solo e sempre meno cittadino.
Lo sbocco istituzionale di questa politica è stato il varo parlamentare, da parte della sola maggioranza, della riforma costituzionale, ora sottoposta a referendum confermativo.
Sono invece le espressioni della democrazia partecipativa che devono trovare una esplicita e forte declinazione in uno sviluppo costituzionale coerente con i Valori fondamentali e la Prima parte della attuale Carta Costituzionale.
In questa concezione partecipativa della società e della democrazia, dunque, sono in giuoco sia lo sviluppo democratico del Paese sia le radici profonde dei nostri valori, del nostro essere e del nostro agire come sindacato.
Nella partecipazione democratica, non nella solitudine e nell’egoismo degli individui, si esprime la libertà delle persone, che si espande nelle formazioni sociali, nella loro autonomia e soggettività, e la politica, confrontandosi con i problemi concreti, ritrova le sue ragioni morali e progettuali, dà fiducia all’agire comune delle persone, legittima il suo potere.
Proprio per questo spessore etico e progettuale della politica non c’è democrazia senza un ruolo forte dei corpi sociali e senza gli stessi partiti, senza la loro funzione di interpretazione, di orientamento e di formazione: diversamente la partecipazione, abbandonati gli individui a se stessi, è ridotta al populistico “con chi stai”.
Solo con più partecipazione e con più politica – questo è il messaggio forte della CISL anche in questo difficile quadro politico - è possibile affrontare i complessi problemi della crescita economica e sociale del Paese, le grandi trasformazioni nei processi della globalizzazione, riaffermando la centralità del lavoro come valore fondante della società, secondo il dettato del primo articolo della Costituzione italiana.


Saluti

Cari amici,
ringrazio della loro partecipazione i tanti dirigenti e quadri che hanno voluto assistere a questa sessione del Consiglio generale, per esprimere in qualche modo la partecipazione dell’intera organizzazione a questa elezione del vertice confederale.
Ringraziamo, tutti assieme, i segretari generali della CISL, Pierre Carniti, Franco Marini, Sergio D’Antoni non solo perché sono presenti, ma perché avvertiamo la loro presenza non come rituale, ma come l’espressione di una attenzione particolare, di un legame affettivo profondo per la nostra, la loro organizzazione, quasi una “trepidazione” per l’impegno che la CISL deve sostenere in questo passaggio difficile del Paese per promuovere, con il bene comune, gli interessi delle lavoratrici e delle pensionate, dei lavoratori e dei pensionati, che rappresentiamo.
Ma un saluto ed un ringraziamento particolari da parte di tutta l’organizzazione esprimiamo a Savino Pezzotta, che ha guidato la CISL in questi anni difficili e lo ha fatto promovendo, con coerenza, i valori della nostra organizzazione: la difesa dell’autonomia, i messaggi forti per la giustizia e la solidarietà, l’impegno per la pace.