25/06/2006
Applicazione legge sul commercio: confusione sull'interpretazione
La Cisl e la FISASCAT di Cagliari sono intervenute spesso sul problema degli orari degli esercizi commerciali al dettaglio e sulle chiusure domenicali. La legge regionale sul commercio sembrava aver chiarito la questione, ma la confusione regna sovrana, anche se si stanno cominciando ad aprire i tavoli di concertazione con i Comuni.
Di seguito una nota della segreteria della US:
Più volte come Cisl siamo intervenuti, negli ultimi tempi, per denunciare la situazione vissuta da tanti lavoratori del settore commercio, costretti a turni massacranti e a lavorare di domenica e nei giorni festivi con una frequenza impressionante. In una Regione ed in una provincia nella quale il numero dei supermercati è superiore a quello delle altre province e regioni, il fenomeno delle aperture domenicali ha assunto dimensioni che a nostro giudizio sono eccessive. Di fatto, non essendo mai intervenuta la Regione Sardegna rispetto all’applicazione della legge Bersani, si era creata una situazione per la quale tutti i comuni erano diventati ad economia turistica e tutti i comuni potevano liberalizzare le aperture domenicali. Con conseguenze negative per la qualità della vita dei lavoratori: non si dimentichi che, nel settore del commercio, vi è un’amplissima fascia di lavoro nero o grigio ed un alto utilizzo del lavoro atipico: basti pensare che, tempo fa, un supermercato cagliaritano utilizzava come addetti alla cassa dei tirocinanti, con il tacito assenso degli organismi preposti al controllo! E senza che, a fronte di un mancato aumento del prodotto interno lordo regionale e della ricchezza, ci fossero reali benefici per l’economia da questo regime di orari.
Finalmente la Regione Sardegna ha approvato la legge regionale 11 maggio 2006, la legge sul commercio, entrata in vigore il 7 giugno scorso, introducendo alcune importanti novità in merito ai regimi degli orari di vendita e dell’apertura domenicale.
La legge, all’articolo 5 comma 5, prevede infatti la chiusura domenicale e festiva e individua le procedure che i comuni devono adottare per poter derogare alla chiusura domenicale, individuandole nel mese di dicembre e per ulteriori otto domeniche o festività nel corso dell’anno.
La legge introduce anche un elemento importante: i comuni devono sentire le organizzazioni sindacali dei lavoratori, le organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio maggiormente rappresentative. Anche il successivo comma prevede la concertazione per i periodi di maggiore afflusso turistico, in occasione di eventi straordinari o per venire incontro alle esigenze e ai tempi di vita dei cittadini. Vieta inoltre tassativamente l’apertura in alcuni giorni come primo maggio, 25 aprile, Pasqua, natale etc. Una legge, per questo aspetto condivisibile, perché dà anche un ruolo importante alle associazioni dei consumatori, ai sindacati alle organizzazioni dei commercianti. Apertura domenicale si, dunque, ma solo se ritenuta opportuna in un quadro d’insieme. Per noi città turistica non vuol dire città con i supermercati aperti, dove magari infilarci gli anziani al fresco (come suggeriva un non indimenticabile ministro della salute) e magari il centro città deserto. Città turistica è quella che rende vivibile la città per i suoi cittadini, in primis, e poi anche per i turisti durante tutta la settimana, rendendo fruibili i servizi essenziali, i beni culturali e animando la città con manifestazioni di quartiere e promuovendo anche i centri commerciali naturali.
Tutto a posto dunque? Nemmeno per sogno. I comuni non hanno dato luogo ad una concertazione tempestiva, si ritengono depositari di un potere assoluto rispetto alle aperture domenicali a prescindere dall’esito della concertazione e, soprattutto, manca un discorso di area e di coordinamento tra i diversi Comuni.
Se è comprensibile quindi il caos delle prime domeniche (ma si poteva evitare se si fosse discusso nel periodo intercorrente tra la pubblicazione e l’entrata in vigore), bisognerà pur darsi un’organizzazione che dia risposte alle esigenze del commercio e del turismo, fonti di ricchezza per il nostro territorio, ma che rispetti anche i diritti dei lavoratori.

In questo senso noi auspichiamo che vi sia un confronto, almeno tra i comuni dell’area cagliaritana e questo coordinamento possa essere svolto o dalla provincia, pur non citata nella legge, o dal Comune capoluogo che non può e non deve rinchiudersi in se stesso, come abbiamo più volte affermato, ma aprirsi all’area.
Potrebbero essere previste turnazioni nelle aperture o limitazioni ai soli casi necessari o ai comuni costieri o montani, così come prevede la legge.
Ma anche la Regione non può pensare di aver esaurito il suo ruolo, perché ancora non è stata abrogata quella norma regionale che consente ai Comuni, dichiarati turistici, di aggirare il dettato della legge e, di fatto, continuare ad agire come niente fosse successo.
Questa è una tentazione, avanzata da parte di alcuni amministratori locali, alla quale la Cisl intende opporsi, pena lo stravolgimento della legge e in questo senso si attiverà per rendere concreti i controlli necessari.