18/07/2006
Dibattito sulle miniere oggi alla Cisl di Cagliari
Stamani alla Cisl di Cagliari dibattito, organizzato dalla USR/CISL sarda, sul problema delle miniere, dei parchi, del territorio e sulla bonifica e valorizzazione dei siti, dalle coste alle aree interne.
Dopo la relazione introduttiva del segretario USR, Giovanni Matta, parleranno esperti del settore, quali Paolo Fadda e Giovanni Carta.
Dopo gli interventi, previsti per ognia area geografica interessata, concluderà i lavori il segretario generale della Cisl sarda, Mario Medde.
Di seguito il testo dell'intervento della segreteria della Cisl di Cagliari:
Intervento della UST/CISL di Cagliari e Medio Campidano

Il patrimonio minerario della Sardegna e dei siti che insistono nel territorio del Medio Campidano e del Sarrabus Gerrei possono costituire un occasione di sviluppo socio economico per le popolazioni del nostro territorio, attraverso la ricostruzione dei siti stessi, la loro valorizzazione, la costruzione di percorsi e itinerari turistico archeologici.

Tutto ciò deve essere preceduto da un’opera di bonifica e di messa in sicurezza dei siti.

Tuttavia, la valorizzazione dei siti ex minerari dismessi deve andare di pari passo con la promozione di iniziative di sviluppo, che devono contribuire al rilancio dell’economia del territorio, nonché costituire fonte di attrazione di movimenti turistici.

Pensare di bonificare soltanto (anche se questo è assolutamente necessario) e poi di ristrutturare i siti rispettandone la storia, le volumetrie e la cultura è sicuramente una cosa giusta e positiva.

Tuttavia, per creare ricchezza in zone abbandonate da anni e dove sussistono le vestigia di un pur glorioso passato ma che sono residui di un’economia ormai tramontata, bisogna costruire una filiera che, attraverso anche la sinergia tra il sistema pubblico e l’impegno controllato di privati seri e affidabili, si basi sulla costruzione di una rete viaria sufficiente, su un adeguato sistema di trasporti pubblico e privato, sulla nascita di iniziative turistico alberghiere di qualità, pur rispettose dei luoghi, delle coste e delle tradizioni locali, su un marketing da effettuare a livello internazionale, attraverso iniziative promozionali promosse dalla Regione Sarda, dal sistema dei comuni e dai tour operator, da un sistema formativo che accompagni tali iniziative, creando professionalità specifiche e mirate nel settore turistico e alberghiero.

Sarebbe perdente pensare che lo sviluppo socio economico si possa basare esclusivamente sul sito minerario in se stesso e su una sua semplice valorizzazione, se non per un turismo di nicchia che, pur apprezzabile, non modificherebbe la realtà socio economica del nostro territorio.

Basti pensare ad alcuni siti, sicuramente bellissimi, ma le cui potenzialità attrattive sono limitate dall’assenza dei fattori enunciati.
In altre parole se noi non inseriamo la godibilità del sito minerario, opportunamente valorizzato in un contesto di promozione di sviluppo più ampio, rischiamo di avere una sorta di cattedrale in un deserto: cioè beni di alto valore culturale, che però non saranno fruiti se non da pochissimi e senza che vi sia una svolta per le popolazioni del territorio, che dopo aver vissuto per anni sulle miniere ma aver anche visto il loro territorio mortificato e martoriato, oggi dovrebbero poter avere vantaggi da una riconversione dei siti che però va collegata con lo sviluppo dell’intero territorio.

Occorre anche mettere in relazione i siti minerari, opportunamente valorizzati, con il movimento turistico delle coste sarde, per quell’integrazione interno/coste, che appare fondamentale per un rilancio equilibrato dell’economia sarda, troppo sbilanciato a favore delle zone costiere.

Questo vale per la zona di Arbus e per quella di Villasalto, teatro di iniziative del Parco Geominerario, o meglio teatro di iniziative del processo di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili. Tali iniziative avrebbero dovuto avere una direzione di marcia, ma in realtà l’ATI IFRAS appare più un ente rivolto a succhiare contributi regionali – magari per un intento buono che è quello di dare uno stipendio agli ex LSU - piuttosto che ad operare per lo sviluppo del Parco Geominerario.

Il progetto di stabilizzazione dei LSU è stato più che altro il ricrearsi di una situazione assistenziale, tanto che i LSU sono impegnati da anni più in cantieri comunali, piuttosto che nel compito originario di preparare il terreno a quello che sarebbe dovuto essere il Parco geominerario.

Ecco perché, pur con le dovute cautele e osservazioni, non ci pare da buttare via il progetto, pensato dalla Regione Sarda.

Indubbiamente, esso è carente dal punto di vista della concertazione, perché non ci risulta che né il sindacato regionale né quello territoriale (Cagliari e Medio Campidano) sia mai stato convocato preventivamente e quindi il nostro parere non è stato acquisito.

Ma questo non ci deve stupire, perché è una prassi costante di questa Giunta regionale, ma direi della politica attuale, in generale.

A noi piace guardare dapprima alle nostre responsabilità: ci pare che, a fronte di una politica decisionista, forse non dobbiamo rassegnarci ad inseguire le questioni ma dobbiamo prevenirle: quindi ci vorrebbe un’elaborazione avanzata sui problemi principali e questo non sempre è avvenuto: è una sorta di mea culpa che facciamo a noi stessi, prima che ad altri. (absit iniuria verbis)!!

Al di là quindi delle critiche sul metodo adottato, come organizzazione Sindacale è giusto chiedersi quali criteri potevamo richiedere per la valorizzazione delle aree in questione:
· Il rispetto dei vincoli paesaggistici e della disciplina urbanistica.
· Il rispetto delle volumetrie preesistenti.
· L’individuazione dei requisiti tecnici economici e scientifici dei possibili aggiudicanti.
· L’indicazione di linee guida sulle metodologie da affrontare per sviluppare gli interventi.
· La subordinazione della cessione al rispetto degli interventi programmati.
Ci sembra che questi elementi siano presenti nel bando.

In secondo luogo, al di là del problema vendita o non vendita, ci sembra che la base d’asta sia abbastanza bassa, specie se si considera che le spese della bonifica sembrano essere a carico della Regione Sarda.

A questo proposito, si possono fare alcune osservazioni:

Possiamo soffermarci in particolare sugli aspetti legati alla Concessione o sulla Cessione, aspetti sostanziali e di scelte politiche di una certa rilevanza,
Nella prima ipotesi, la Regione cede delle aree in concessione e ne rimane comunque proprietaria, magari pensando anche a forme di partecipazione societarie attraverso società in House Regionali;
Nella seconda ipotesi (che è poi quella scelta), la Regione cede, quindi vende delle aree e si occupa solo ed esclusivamente della parte legata alle bonifiche ambientali, ipotesi un po’ preoccupante, in particolare perché ci si priva di aree molto importanti.

La Regione difende questo bando di gara, asserendo e sostenendo il fatto che i “gioielli di famiglia” se li tiene lei e non li cede a nessuno: Questo è corretto ma non si capisce esattamente quali siano.

La Regione vende, ma si dovrà fare carico delle bonifiche e del ripristino ambientale, con una spendita non indifferente di risorse: l’assessore Sanna ha garantito che esse in parte verranno garantite dai fondi P.O.R.
Questo è auspicabile sia vero e che le risorse a disposizione siano sufficienti a garantire il recupero ambientale, altrimenti si sarebbe potuto fare un bando nel quale prevedere che il compratore avesse l’obbligo di fare tutte le operazioni di bonifica ambientale.
Ci si può chiedere se ci si rende conto di cosa e di quali proporzioni di aree e volumi di movimentazioni stiamo parlando.

Basta fare un piccolo esempio:
Secondo alcuni esperti consultati, per l’area di Montevecchio Ponente, quella che ricade sul versante di Ingurtosu, stiamo parlando di un area di circa 53 Km quadrati, vi è una stima di movimentazione e asportazione di terreno compromesso, di circa 3,5/ 5 Milioni di Metri cubi.

Ammettiamo che almeno la metà di tutta questa movimentazione vada messa in discarica, anche perché parte di essa contiene elementi velenosi. In Sardegna non esiste una discarica che possa contenere queste volumetrie e quindi si dovrebbe ricorrere all’esterno. Ma se si dovesse ricorrere all’esterno, ammesso sempre che esistano discariche tali da ricevere queste quantità di materiali, ci sarebbero cifre da capogiro da spendere, che forse neanche i fondi POR potrebbero sostenere.

Da evidenziare, anche, che, in base alle legge Ronchi n. 22 ed altre specificate più avanti, i volumi di materiali o tipi di terreno compromesso, vanno rimossi!!!!

Altre considerazioni sui siti minerari che ricadono nel Medio Campidano, Area Ingurtosu e Sarrabus Gerrei, Area Su Suergiu ex Miniera di Antimonio.

Bisogna innanzitutto fare 2 doverose distinzioni fra i due siti:
nonostante siano due località ex minerarie che rientrano nell’area del Geoparco e riconosciute come patrimonio dell’umanità dall’Unesco, i siti dell’Arburese Guspinese, sono, a differenza del Sarrabus Gerrei, (ex Miniera di Villasalto Su Suergiu, ex Miniera di Baccu Locci a Villaputzu, ex miniera di Monte Narba, San Vito), siti d’interesse Nazionale e quindi regolamentati da leggi e vincoli nazionali, contrariamente a quelli del Sarrabus Gerrei, che in parte, sono sottoposti a vincoli di recupero ambientale sul fronte regionale
Per essere più chiari: per i siti d’interesse Nazionale si deve applicare la legge Ronchi – Legge 22 art 17 e il decreto ministeriale n 471/99 che regola tutte le operazioni di bonifica.

La legge Ronchi ha in sé degli aspetti burocratici pesantissimi con vincoli di finanziamento, vincoli che ad oggi hanno causato dei rallentamenti in tutte le operazioni di bonifica ambientale.

Tutto il decreto 471, forse si potrebbe considerare una vera legge capestro, in quanto sul fronte dei piani di caratterizzazione delle aree, indica anche il numero dei campioni e il tipo delle analisi da effettuare per l’evidenziazione del livello di inquinamento e tipo d’intervento.

La legge impone, per le volumetrie asportabili, l’obbligo di messa in discarica di quanto inquinato e asportato dal territorio compromesso.
Il Governo Berlusconi, con la 152 del 2006, Testo Unico Ambientale, ha cercato di smorzare i vincoli pesantissimi che non permettono il vero decollo delle bonifiche Minerarie, a parte le questioni delle risorse finanziarie, rispetto alla legge Ronchi ed il successivo 471 prevedendo forme più blande, in particolare sui piani di caratterizzazione.

Il neo Governo Nazionale, appena insediato ha rigettato il Testo unico Ambientale, ritenendolo inadeguato. Questo implica un nuovo rallentamento sul piano delle bonifiche e quindi una situazione di sostanziale incertezza legislativa.

Anche se la parte del Sarrabus Gerrei non è interessata dal bando vogliamo evidenziare quanto segue:
A Su Suergiu, Villasalto, parte del patrimonio immobiliare è stato recuperato e oggi sono disponibili circa 70 posti letto in una struttura alberghiera. Rimane da compiere il recupero ambientale sottoposto ai vincoli di carattere Regionale.
Sempre nel Sarrabus, a Baccu Locci a Villaputzu, il comune ha incamerato circa 7 milioni di Euro, parte da Risorse Nazionali, € 5,5 e 1,5 di provenienza Regionale, ritagliate da fondi destinati, per la realizzazione di un progetto molto interessante e integrato con il territorio che sta eseguendo l’IGEA.

Quindi, quel che è certo è che vanno ben precisati i beni e i manufatti da cedere, il titolo della cessione (che però nel bando ci sembra cimunque vincolata alla realizzazione degli interventi previsti dall’accordo di programma), e siamo anche d’accordo sul fatto che vengano collegate le iniziative previste con il progetto del Parco Geominerario.

Questo in sintonia con gli accordi firmati a suo tempo, fin dal 1991, dal sindacato con le varie Giunte regionali che si sono succedute. Vi era un impegno, per il territorio del Medio Campidano, che i processi di deindustrializzazione, di chiusura dell’attività estrattiva dovessero poi portare ad una valorizzazione dei siti minerari dismessi.

Perciò gli accordi firmati con ENI, Governo, Regione prevedono che le aree possano essere messe a disposizione dei privati in funzione del progetto di utilizzo e di valorizzazione e non certo per speculazioni edilizie o finanziarie.

Non si possono ripetere gli errori commessi con la cessione della ex colonia marina e del comprensorio marino di “Funtanazza” che è risultata un’operazione di tipo commerciale, che non ha portato vantaggio alle popolazioni ex minerarie.

La colonia e l’area circostante sono state vendute, contravvenendo agli accordi, senza che la cessione fosse vincolata al progetto di valorizzazione e questo non ha determinato la nascita di alcun posto di lavoro. Anche perché la cessione di alcuni beni alle amministrazioni comunali, di fatto, non ha portato investimenti interessanti né occupazione realmente stabile e aggiuntiva.

Bisogna quindi riprendere in mano i vecchi accordi per Montevecchio Ingurtosu e Funtanazza e rivitalizzarli.

Nella relazione fatta a nome della segreteria nel Convegno di Sanluri del 30 settembre 2005, abbiamo scritto: “Come non chiedere con forza la nascita di un vero e proprio Parco Geominerario: il territorio del Guspinese è ricco di tradizione mineraria: Vi sono importanti lavori di bonifica e di messa in sicurezza da compiere, vi sono interventi di valorizzazione delle aree che possono essere fonte di attrazione per un turismo minerario moderno e apportatore di ricchezza per le popolazioni.
Ci si avvia al termine dell’affidamento quinquennale all’IFRAS, che ha stabilizzato nella zona un centinaio di lavoratori, ma continuando a condannarli ad una logica puramente assistenziale , quasi con la perpetuazione dei lavori socialmente utili. Ebbene è necessario pensare di utilizzare i lavoratori in una logica di impresa, che stabilizzi realmente i lavoratori che vanno impegnati in lavori connessi al Parco e non per esigenze occasionali e non programmate, così come avviene ora.”

E’ naturale quindi che gli interventi che si programmeranno dovranno prevedere anche la sorte dei lavoratori che oggi trovano occupazione all’interno del progetto Parco geominerario e questo è un tassello che andrà messo con forza e intelligenza all’interno degli accordi di programma, perché ogni intervento dovrà essere finalizzato allo sviluppo e all’aumento dell’occupazione della nuova provincia del Medio Campidano e del Sarrabus Gerrei e non a speculazioni.


Vale la pena di aggiungere che, per raggiungere obiettivi importanti e condivisi, il metodo del confronto ed il coinvolgimento di tutti i soggetti rimane sempre l’arma vincente, ma che non bisogna però in ogni caso allontanarsi mai dal merito e dalla sostanza delle questioni.


La Segreteria della UST/CISL di Cagliari e del MEDIO Campidano