02/09/2006
Il compleanno della legge 626: una nota di Sergio Melis responsabile sportello 626 Cisl Cagliari
Una nota di Sergio Melis - responsabile del punto 626 della Cisl di Cagliari

Cagliari 31/8/2006


Il compleanno del D. Lgs 626/94

Fra qualche giorno, il 19 settembre 2006, il Decreto Legislativo n° 626/94 compirà dodici anni. Questa norma, frutto del recepimento delle prime otto Direttive europee, ormai arrivate a sedici, è stata aggiornata con varie norme nazionali tra il recente D. Lgs. N°195, del 10 aprile 2006 (rumore).
Molto si è scritto e molto si attende ancora da questa norma.
Sfogliando le varie “brochure” dell’Inail le statistiche di questi ultimi anni sugli infortuni e sulle morti (chiamate chissà perché bianche dai media) avvenute principalmente nei luoghi di lavoro, sembrerebbe che molto poco sia cambiato. Le statistiche mettono in evidenza che in Italia avvengono più di 3000 infortuni al giorno, oltre 1200 morti all’anno (di cui il 12% regolarizzati post-mortem).
“Il fenomeno dei danni da lavoro - dice la Dott.ssa Silvia Amatucci dell’INAIL - è un problema non solo sociale, ma anche economico e costa ancora oggi all’azienda Italia una cifra che supera il 3% del Prodotto Interno Lordo (PIL)”. Questo è quanto risulta dall'analisi svolta dagli attuari dell’INAIL, “sulla base degli eventi lesivi del 2003, per i quali sono stati indennizzati dall’Istituto circa 650mila casi di infortunio e 4000 di malattia professionale”, “il costo è pari a circa 41,6 miliardi di euro”.
Secondo i dati diffusi dall'INAIL, nel corso del 2005 gli infortuni sul lavoro sono stati 939566, in Italia, 18909 in Sardegna e 8874 nella provincia di Cagliari. Il trend rispetto al 2003 è in diminuzione in campo nazionale, ma invece in aumento in Sardegna e a Cagliari (circa il 3% in più di infortuni). Gli infortuni mortali sono stati, purtroppo, ben 1206 in campo nazionale, 28 in Sardegna e 11 nella provincia di Cagliari, con una riduzione rispetto al 2003.
(nei prossimi giorni sul sito www.cislcagliari.it pubblicheremo un'analisi più approfondita).
Poco meno di quattro lavoratori al giorno continuano a morire nel nostro Paese per infortunio sul lavoro.
Una domanda, tra le tante, sorge spontanea: ma le nuove norme europee, che prevedono, tra le altre cose, ancora oggi e in modo perentorio la partecipazione dei lavoratori attraverso i loro rappresentanti in tutti i luoghi di lavoro, sono servite a poco se non a nulla?
La risposta è un’altra domanda: cosa sarebbe successo se l’attuale normativa e la partecipazione diretta dei lavoratori non ci fossero state?
Le due risposte non le conosco anche se posso fare sul problema qualche considerazione:
1)è passata la “moda” della sicurezza. Pochi convegni e poca presenza nei giornali e nelle televisioni al di fuori del fatto molto grave o, peggio ancora, della tragedia che fa “notizia”. Oggi è sempre più difficile, anche all’interno della struttura sindacale, fare militanza. Scegliere di fare il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) all’interno della struttura sindacale di base del sindacato in azienda, la RSU, è un peso molto gravoso sia per l’impegno necessario per svolgere bene questo “servizio”, sia perché la Direzione Aziendale vede, il più delle volte, questi lavoratori come “rompiscatole”. E, ancora peggio, molti compagni di lavoro li “riconoscono” quasi come controparte e non come loro rappresentanti;
2)negli ultimi due mesi una ragazzina e un ragazzino (poco più di trent’anni in due) sono morti nel loro posto di lavoro. Questa tragedia colpisce due volte. Non solo questi adolescenti sono stati costretti alla fatica di otto ore di lavoro (quando basta) e sono morti, ma la scuola non è riuscita a tenerli presso di sé ancora per qualche anno. Una società che vuole essere civile e solidale non può abbandonare a se stesse queste persone, comunque portatrici di molti diritti. Non è giusto che abbiano l’onere di provvedere ai propri bisogni e, a volte, a quelli delle proprie famiglie e siano caricati di doveri che non dovrebbero ancora essere loro, ma di una società veramente giusta ed equa.
3)Non credo di sbagliare di molto (pur non disponendo di dati certi) ipotizzando che in Sardegna, tra il Ministero del lavoro (ispettorato), servizi di prevenzione delle ASL, servizi ispettivi dell’INAIL e dell’INPS deputati, tra le altre cose, alla prevenzione e controllo nei luoghi di lavoro, le risorse umane impiegate non superino le cento unità. Pochissime se vengono raffrontate al numero delle aziende su cui dovrebbero vigilare;
4)Molti lavoratori che conoscono i loro diritti, oltreché i loro doveri, hanno paura di metterli in campo, di farli valere, di scendere in piazza. Il lavoro è più importante. La famiglia, l’essere, comunque, occupato impegna il lavoratore, si potrebbe dire a livello morale. Per il lavoratore, padre di famiglia, e non solo, il salario è indispensabile. “Alla mia sicurezza ci sto attento io”, rimugina. Sta zitto. Anche se non ci sono minacce dirette, personali, arrivano sempre i discorsi che gli investimenti per la produzione non si possono fare, il mercato non tira. È facile fare i conti: due più due fa sempre quattro.

Nel piccolo, senza pretese, tre proposte:
a)se ogni “venerdì” di ciascuna settimana, tutti i “cento ispettori” fossero inviati dalle loro strutture a controllare, non perché già denunciate, due aziende (solo due, non di più) a caso, magari scelte con estrazione tra quelle nelle quali sul documento della valutazione dei rischi non appare la firma del RLS e delle altre figure fondamentali previste dalla suddetta norma, almeno il 12% delle regolarizzazioni post-mortem si ridurrebbero;
b)se tutti i nuovi assunti, prima di prendere servizio in una azienda, fossero informati e formati in modo “adeguato” sui rischi presenti nel luogo di lavoro e insiti nella propria mansione, come diversi articoli del D. Lgs. 626/94 prevedono, la quasi totalità degli infortuni gravi non si verificherebbe. La prova i lavoratori la verificano quotidianamente: dove è presente la “cultura della sicurezza” gli infortuni sono calati in modo impensabile solo qualche anno fa (A me pare giusto pensare che la riduzione degli infortuni messi in evidenza dalle statistiche INAIL non siano avvenute per caso, ma siano il risultato dell’operare comune dei vari soggetti impegnati nella tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori presenti in azienda e fuori);
c)l’idea di controllare dove va a finire il cemento acquistato sia in cementificio che nelle rivendite di materiale edile, ascoltata nel congresso territoriale della FILCA di Cagliari, mi pare che possa diventare molto produttiva nella lotta al lavoro nero. Potrebbe essere la pista da seguire (sempre per i “cento ispettori”) per individuare i luoghi dove viene utilizzato e le imprese che vi operano.


Note.
Norme cui fare riferimento per quanto riguarda la formazione e l’informazione dei lavoratori.

D. Lgs. 626/94: art. 3 comma 1 lett. s, t,;
D. Lgs. 626/94: art. 21
D. Lgs. 626/94: art. 22
Circolare Ministero del lavoro 7 agosto 1995, n.102
Circolare Ministero del lavoro 5 marzo 1998, n. 30
Decreto ministeriale 16 gennaio 1997 (G.U. 3 febbraio 1997, n. 27)
Rivista: “Dati Inail sull’andamento degli infortuni sul lavoro” è a disposizione nel sito internet dell’INAIL.
Sergio Melis