ESECUTIVO UST/CISL CAGLIARI 13/9/2006
Relazione segreteria
Con questo esecutivo di ripresa autunnale, vogliamo recuperare quanto già discusso nell’esecutivo del 6 luglio scorso e tracciare, sinteticamente, un programma di massima per i prossimi mesi, indicando quali iniziative intendiamo portare avanti.
L’estate appena trascorsa ha visto il riaccendersi della discussione sul documento economico e finanziario e sulla predisposizione della finanziaria, dal punto di vista interno, e, dal punto di vista internazionale, l’acuirsi della crisi in medio oriente, con lo scoppio della guerra tra Israele e hezbollah e il permanere delle crisi dell’Afghanistan e dell’IRAQ, paesi nei quali ormai i morti per attentati suicidi quasi non fanno più notizia.
L’intervento in Libano, deciso dal nostro Governo sembra aver messo la sordina alla guerra (non si sa fino a quando), appare generoso e intelligente strategicamente perché ha fatto salire le quotazioni dell’Italia in campo internazionale ed ha messo fine agli interventi unilaterali degli Stati Uniti che, a quanto abbiamo visto, non hanno posto fine alle minacce terroristiche (basti pensare a quanto accaduto a Londra poche settimane or sono). Tuttavia, sono decisioni cha hanno portato un gran numero di giovani italiani in operazioni di pace ma che sono comunque ad alto rischio delle vite umane. Rimane dunque la preoccupazione per una situazione internazionale, densa di crisi e di focolai di tensione e di guerra, sempre più esposta ad atti terroristici in una spirale di odio e violenza che non appare mai finire.
Il dibattito sulla Finanziaria e sui “tagli” ventilati in questi mesi.
Indubbiamente veniamo da un periodo di stagnazione: il prodotto interno lordo, la ricchezza prodotta dagli italiani, negli ultimi anni, non è aumentata, siamo costretti a rientrare nei parametri dell’Unione Europea (rapporto deficit/PIL, debito pubblico). Insomma una condizione che richiede interventi e risparmi anche perché la manovra per rimettere a posto i conti è pretesa dalla Comunità Europea. Una manovra annunciata in 35 miliardi di euro, poi portata a 30 miliardi.
La Cisl e il sindacato nazionale in genere, pur riconoscendo la delicatezza della situazione, sostiene la tesi cha la manovra di trenta miliardi (15 di tagli e 15 di investimenti) sia spalmata in più anni, anche in considerazione del fatto che due dati appaiono positivi: un improvviso e inatteso buon risultato delle entrate fiscali (non si sa quanto ereditato dal precedente Governo o quanto indotto dall’atteggiamento del Nuovo); la stima di una crescita superiore a quanto previsto (si parla del 1,4) dato che inverte la tendenza alla crescita zero degli ultimi anni. Questa proposta si muove nel solco di non fare pesare eccessivamente gli interventi sulla ripresa e perché il peso della manovra non cada, come al solito, sulle spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.
Su questi due punti, la maggioranza sembra divisa (una parte appoggia le linee del sindacato, un’altra preferirebbe intervenire sul risanamento, sicuramente necessario, approfittando del momento congiunturale favorevole).
Nel frattempo si parla di interventi sulle Pensioni, sulla Scuola, sulla Sanità, sul pubblico impiego: non sembra una musica tanto diversa dal passato.
Si parla però anche di tassare le rendite finanziarie e di recupero dell’evasione fiscale e questa è una musica nuova rispetto al Governo Berlusconi che parlava invece molto spesso di condoni.
Diceva il professor Zamagni che una società deve vedere un equilibrio tra i diversi fattori: lavoro, produzione, rendite finanziarie. Le rendite finanziarie hanno raggiunto un livello troppo elevato, rispetto agli altri due fattori ed hanno sottratto risorse ai lavoratori e ai pensionati. Bisogna intervenire su questo aspetto. Ecco perché penso che provvedimenti di unificazione delle aliquote sulle rendite finanziarie siano importanti e condivisibili. Bisogna anche chiedere interventi seri sul fronte dell’evasione fiscale per recuperare gettito da riversare verso gli investimenti e verso l’occupazione.
Le altre priorità che il sindacato sta portando avanti sono: il superamento della precarietà. Si parla tanto di legge Biagi: qualcuno la vuole abolire, ma credo che questo non risolverà il problema del lavoro precario. La Cisl ha le sue proposte: si tratta di approfondirle e portarle avanti con il Governo e farle condividere dal nostro popolo. Bisogna introdurre ammortizzatori sociali universali, bisogna intervenire sulle aliquote contributive (lavoro dipendente – COCOPRO), bisogna creare un sistema diffuso di bilateralità in tutti i comparti che accompagni le misure pubbliche. Bisogna anche intervenire nel settore pubblico dove oggi si addensa, insieme al settore servizi (Call center, Commercio) la grande massa del lavoro precario se non nero. A questo proposito il recente intervento dell’ispettorato del lavoro sul call center ATESIA ci deve fare riflettere, anche se probabilmente non risolverà automaticamente il problema della precarietà.
Io vorrei collegare il discorso sulla precarietà con quello delle Pensioni. Il Governo Berlusconi ha fatto due riforme delle pensioni, tutte e due con decorrenza 2008: in pratica la patata bollente è stata lasciata, con astuzia, al Governo successivo.
La legge Maroni ha introdotto uno scalone iniquo che penalizza, a partire dal 2008, una fascia di lavoratori tra i 50 e i 55 anni, spostando loro la decorrenza della pensione anche di tre anni in un colpo solo. Nel programma dell’Ulivo vi era l’obiettivo di abolire lo scalone e questo è un fatto positivo, perché il provvedimento Maroni introduce iniquità e riproduce il fenomeno delle pensioni di annata. Oggi si vuole mettere mano a questo scalone, ma gli si vuole sostituire un meccanismo di incentivi o disincentivi a seconda dell’età del pensionamento. Tutto questo è ragionevole, secondo me, ma è ovvio che non si possono accettare ulteriori penalizzazioni dei lavoratori. Intanto è importante che delle pensioni non si discuta nella Finanziaria perché abbiamo sempre detto che le pensioni non devono fare cassa, ma che la riforma pensionistica va discussa a parte. Il problema delle pensioni di anzianità si risolverà da solo, perché, purtroppo l’entrata al lavoro dei giovani è sempre più tardiva e avere un lavoro “fisso” e continuativo che porti ad una pensione decente è una chimera per i nostri giovani, pur laureati.
Allora mi viene in mente l’altra riforma del Governo: quella sulla previdenza complementare che dovrebbe accostare, saldare gli interessi delle generazioni. I giovani, se non verrà ricostruito un sistema pensionistico di previdenza pubblico accompagnato da quella complementare, rischiano di avere una pensione bassissima. Basta pensare alla sostituzione del calcolo della pensione a ripartizione con il metodo retributivo (applicato a coloro che nel 1995 avevano più di 18 anni di contribuzione) con quello contributivo, a capitalizzazione, o, ancora, al fatto che i tanti lavoratori atipici non si vedono accreditare contributi decenti.
Questa è una priorità che, secondo me, sopravanza la prima e sulla quale ci dobbiamo impegnare fortemente nei prossimi mesi.
Naturalmente con Il Governo si stano aprendo una serie di tavoli di concertazione a livello nazionale; quello sul sommerso, quello sulla fiscalità di vantaggio (la questione del cuneo fiscale è molto delicata per gli interessi che ci sono in campo), quello sul Mezzogiorno, quello sulla salute e sulla sanità con il Ministro Turco, con la quale si sta attivando un tavolo permanente sulle politiche sanitarie e socio sanitarie.
C’è anche il problema della difesa delle condizioni di vita delle persone anziane, dei pensionati che assume un valore determinante per la qualità della vita e per il grado di civiltà della nostra società: la difesa del potere d’acquisto delle pensioni è un primo obiettivo: fino alla legge Amato 1992) le pensioni vedevano la loro misura agganciata alle retribuzioni dei lavoratori, oggi non è più cos’ e questo ha portato ad una perdita notevole che va sanata con una contrattazione annuale che introduca aumenti per le pensioni non solo basate sull’indicizzazione ma anche sull’aumento della ricchezza del Paese. La costituzione di un fondo per i non autosufficienti per la quale si sono fatte manifestazioni imponenti e proposte di legge di iniziativa popolare; la parificazione della no tax area tra pensionati e dipendenti, la costruzione di un paniere ad hoc per calcolare gli aumenti del costo della vita dell’anziano, sono obiettivi del sindacato confederale quanto di quello della FNP..
Vi è poi la problematica dell’immigrazione che, forse in Sardegna non ha raggiunto quantità elevate, ma che in futuro sarà un fenomeno da governare con intelligenza: proseguono gli sbarchi e purtroppo le morti degli immigrati, vi sono problemi di integrazione specie al Nord cha vanno affrontati con spirito di solidarietà ed uno dei primi obiettivi deve essere quello di abolire la legge Bossi Fini.
Resta infine il problema della riforma della contrattazione e di una difesa del salario del lavoratore ( e anche del pensionato) perché oggi il tenore di vita dei lavoratori si è abbassato a fronte di un’inflazione sempre notevole. Il rilancio della contrattazione deve cogliere a favore del lavoratore gli aumenti di produttività delle aziende. C’è bisogno in Italia di liberalizzazioni perché finora si sono fatte solo privatizzazioni che hanno danneggiato lavoratori e consumatori, senza che si siano rotti i monopoli e siano diminuiti i prezzi. Il decreto Bersani condivisibile per vari aspetti è solo una prima piccola parziale risposta in questo senso.
A livello regionale
Sul versante regionale, la segreteria della Cisl regionale ha tenuto una conferenza stampa, durante la quale ha presentato alcuni dati sulla situazione socio economica della Sardegna ed ha tratteggiato le principali vertenze in corso.
Dal dossier del Regionale, risulta chiaramente, a prescindere dalle responsabilità, il grave ritardo in cui si trova la nostra Regione. Si è ben lontani dai parametri stabiliti da Lisbona, sia in termini di occupazione che di sviluppo. La ricerca della Cisl regionale mette in evidenza che la variazione del valore aggiunto dell’industria in Sardegna registra un calo preoccupante nell’ultimo biennio, con un tasso ben superiore della media nazionale e del mezzogiorno. C’è una perdita di circa tremila addetti: il documento sottolinea il ritardo da parte della Regione in termini di politica industriale. Il settore manifatturiero è invece fondamentale per il rilancio dell’economia e dell’occupazione.
I tassi di disoccupazione, pur inferiori a quelli del Sud, sono ben lontani dalla media nazionale 11,9% contro il 7,6%, mentre il tasso di occupazione (età 15/64 anni), registra un ritardo di 6 punti sulla media nazionale.
Tutto ciò mentre i sardi in condizione di povertà relativa raggiungono, nel 2005, la cifra di 324711 e nell’agosto del 2006 la cifra di 331892 unità. Va considerato in questa fascia (povertà relativa) una famiglia di due persone che ha una spesa media mensile inferiore ad euro 919,98.
Al di là del quadro statistico macro economico, vi è l’enunciazione delle vertenze più significative. Si tratta di vertenze regionali che, però, in molti casi hanno ricadute pesanti anche e soprattutto nel nostro territorio.
Basti pensare alla vertenza dei lavoratori della formazione professionale, la gran parte dei quali dislocati nelle nostre province, o alla problematica della dismissione del patrimonio minerario i cui siti sono in parte situati nel Medio Campidano o ancora il problema della continuità territoriale, che ha inciso pesantemente sulla funzionalità dell’aeroporto di Cagliari, o, ancora, sul problema dell’energia che determina conseguenze negative per i lavoratori di SINDYAL e del sito di Macchiareddu. Non si può dimenticare il mancato rispetto dell’accordo di programma sulla chimica (i famosi trecento milioni di euro da investire nei siti chimici di cui cento in quello di Assemini) del quale non si sente più parlare.
Ma anche l’emergenza del lavoro precario e atipico colpisce fortemente la nostra provincia nella quale è concentrato un altissimo numero di call center e di supermercati , regno della precarietà.
E’ poi fondamentale riprendere la vertenza con il Governo sulle entrate e ciò tanto più a fronte della riduzione dei fondi europei e al mancato riconoscimento della specificità dell’insularità per la Sardegna e puntare su una fiscalità di vantaggio a favore del nostro territorio.
Infine la mancata attuazione del piano sanitario e socio sanitario e la questione scuola, questioni di livello regionale, penalizzano fortemente un territorio urbano come il nostro che vede concentrazione di scuole, forte pendolarismo studentesco e, per quanto attiene il socio sanitario, un indice di vecchiaia specie per la città di Cagliari elevatissimo che richiederebbe interventi appropriati: c’è bisogno di razionalizzare ma aumentando la qualità dei servizi, magari qualificando le strutture e favorendo un’assistenza domiciliare integrata efficiente.
Le politiche regionali del resto incidono anche sull’occupazione: basti pensare a quanto accade nel mondo della sanità privata con razionalizzazioni che portano a licenziamenti, alla riduzione dell’investimento per gli appalti delle pulizie in Regione, agli interventi sui consorzi di bonifica, alle questioni relative all’ARST e nel complesso al sistema di trasporto pubblico locale. La stessa mancanza di una politica industriale penalizza in larga misura il nostro territorio.
C’è poi la costruzione di una nuova intesa istituzionale di programma con il Governo che dovrà tenere conto delle esigenze di Cagliari e del Medio Canpidano in termini di investimenti infrastrutturali.
Rispetto alla Regione Sarda si dovrà riprendere dunque l’iniziativa e rivendicare un percorso di concertazione che finora non si è attuato compiutamente: in questo senso anche noi dovremo essere partecipi.
A livello territoriale
Un’analisi della situazione socio economica dell’Istituto Tagliacarne ci dice che la provincia di Cagliari ( i dati non sono disaggregati) registra un tasso di disoccupazione superiore alle medie regionali e nazionali, un tasso di occupazione inferiore. Il tasso di attività (rapporto tra le forze lavoro e il totale della popolazione compresa tra 15 e 64 anni) 59,2 è invece in linea con il dato regionale (59,6), ma inferiore a quello nazionale e a quello della provincia di Sassari. (61,3).
Insomma chi favoleggia del capoluogo come il paese del Bengodi in Sardegna, si sbaglia di grosso perché anzi la condizione di povertà incide in maniera molto più rilevante in un area ad alta densità abitativa come è quella dell’area metropolitana.
Se poi andiamo ad esaminare i dati del Medio Campidano la situazione è ancora più preoccupante.
Tuttavia la nostra azione di sindacato territoriale ci ha portato alla convinzione che esistano tutti i requisiti e le possibilità di rilancio dello sviluppo nelle nostre due province: a patto che vi sia una sinergia tra le forze sociali, istituzionali, economiche e produttive della provincia e che la nuova provincia di Cagliari e il capoluogo portino avanti una politica di leadership morale e non egemonica rispetto alle altre aree della Sardegna.
Lo sviluppo e la crescita dell’area cagliaritana se vista in un’ottica regionale possono fungere da traino per l’intera isola.
Bisogna far capire che alcuni punti di forza della nostra economia hanno un respiro regionale.
La nostra azione nel corso dell’anno si è indirizzata: verso una presenza sul territorio rispetto alle controparti e agli attori sociali dei due territori (o meglio province), attivando, insieme alle altre organizzazioni sindacali, un meccanismo di concertazione globale nei territori con Province, Comuni, Autorità portuale, CTM, CICT, SARAS, CONFINDUSTRIA, TEATRO LIRICO, ASL8, ASL 6, Comuni diversi, nella convinzione che lo sviluppo debba passare attraverso processi di questo genere, concordati e condivisi democraticamente e non da visioni, anche nobili e culturalmente elevate, ma sterili perché isolate.
E’ opportuno che il sindacato incida sulle grandi questioni attuali quali la progettazione integrata, il piano sociale e sanitario, la Governance con la CONFINDUSTRIA, il rilancio dell’industria, la difesa e il rilancio di strutture importanti quali il Teatro Lirico, Il Porto Canale, in una logica regionale, il completamento di alcune infrastrutture quali le strade e la viabilità in gener.
Tutto ciò nella convinzione che ciò porti verso una cultura di difesa dei diritti dei lavoratori, dei disoccupati, dei lavoratori atipici, delle donne e degli immigrati.
In questo senso è stato ed è importante seguire e partecipare alle vertenze regionali, categoriali o provinciali, in modo propositivo e sempre in sinergia con le Federazioni e la USR. ecercare di tenere un rapporto costante con CGIL e UIL per un discorso unitario che a Cagliari abbiamo sempre portato avanti.
Vanno ripresi a breve i confronti con la Giunta provinciale e con il presidente Milia e rafforzati i tavoli aperti con i diversi assessori sulle politiche immigrazione, sui lavori socialmente utili, sui servizi per l’impiego, sulle politiche sociali, nell’ambito della realizzazione dei PLUS, sulla stessa progettazione integrata e sulle questioni prioritarie dello sviluppo della provincia porto, aeroporto, industria, agricoltura, Sistema turistico locale. E altrettanto va fatto rispetto al Medio Campidano con la nuova provincia su politiche sociali, organici, LSU, industria.
La richiesta di incontro inviata al Sindaco di Cagliari mira a ripristinare un corretto rapporto di concertazione con il capoluogo, percorso attivato durante la scorsa legislatura, ma poi, lentamente spentosi. Il primo incontro fatto su Sardegna fatti bella e le dichiarazioni del Sindaco sembrano profilare un diverso modo di concertazione che andrà messo alla prova nelle prossime settimane.
Analoghi tavoli vanno attivato con i Comuni più grandi del territorio e con e la ASL 6 e la SL 8.
sicurezza, Mentre va rivendicata la posizione della nostraorganizzazione nei riguardi degli orari degli esercizi commerciali, non vista fine a se stessa, ma conciliata con i tempi di vita dei cittadini, dei lavoratori e dei pensionati.
Particolarmente rilevante per l’economia del territorio deve essere anche l’impegno per la difesa e il rilancio del tessuto produttivo industriale, dei grandi call center, spesso ricettacolo di lavoro precario
Dal punto di vista organizzativo, la segreteria ha previsto un rilancio del sistema dei servizi, stabilendo un incontro ad hoc da tenere nelle prossime settimane, nel quale fare proposte e costituire una rete.
Proponiamo anche un percorso formativo, costituito da 5 corsi residenziali di 2 giorni ciascuno rivolti alla creazione di un quadro dirigente del territorio:
Come già annunciato nei precedenti esecutivi e consigli, vogliamo mettere in piedi un percorso formativo, di alta qualità, riservato a circa venti quadri sindacali del territorio, provenienti dalle categorie, finalizzato ad una migliore preparazione dei nostri dirigenti in vista di un loro utilizzo sia nelle strutture della UST che in quelle delle federazioni (fermo restando che le decisioni vanno affidate al metodo democratico e ai congressi).
Vorremmo dare un po’ di ferri del mestiere. Per questo occorre un patto con le Federazioni per la partecipazione ai corsi, in quanto la squadra, sia pure con possibili integrazioni in corso d’opera, deve partire e possibilmente arrivare, garantire puntualità e serietà nella partecipazione, impegno futuro nelle diverse attività sindacali.
Il percorso è integrato all’interno delle iniziative più complessive della UST che si snoderanno sia attraverso corsi residenziali, sia attraverso momenti formativi seminariali, di vario genere. Il progetto, di massima, verrà presentato all’esecutivo e, se approvato, verrà proposto anche alla USR per un sostanziale aiuto sia economico che di staff e di risorse umane. Fermo restando che i formatori che vi sono nel territorio dovrebbero essere sufficienti.
L’iter formativo sarà quindi rivolto a sindacalisti possibilmente giovani e comunque “utilizzabili” per i prossimi anni, a donne, a rappresentanti del Medio Campidano, in particolare, senza dimenticare rappresentanti della FNP e degli enti e associazioni e coordinamenti. Si snoderà attraverso 5 corsi di formazione residenziali di due giorni ciascuno, con inizio alle ore 9,30 del giovedì e termine alle ore 18,00 del venerdì, in località da definire ma che consentano il pernottamento, utile ai fini della socializzazione e della migliore riuscita di corsi. Ogni corso dovrebbe costare intorno ai 2.500,00 euro e quindi se ne potrebbero fare 1 entro il 2006, 3 nel 2007, 1 nei primi mesi del 2008.
La Proposta:
Il Sindacato come organizzazione: (entro novembre 2006)
I diversi modelli sindacali.
La Cisl: storia, valori, concezione sindacale, Statuto.
Il Sindacato in Sardegna: le sue specificità.
La Cisl: l’organizzazione, l’assetto, gli organi deliberanti.
I servizi della Cisl: Inas, Uffici vertenze, IAL, ADICONSUM, SICET, etc.
Elementi di gestione amministrativa.
La riforma del mercato del lavoro e la contrattazione collettiva (marzo/aprile 2007)
Riforma del mercato del lavoro e nuove tipologie contrattuali
Contrattazione e svolgimento del rapporto di lavoro (settore privato e pubblico)
Legge contrattazione collettiva/bilateralità nel nuovo assetto costituzionale.
I sistemi del welfare e le politiche sociali (ottobre 2007)
Sistemi di welfare e politiche sociali (politiche per la famiglia politiche per gli anziani.)
Previdenza pubblica e complementare
Le politiche per i giovani e per la parità.
Sicurezza del lavoro e responsabilità sociale d’impresa ( novembre 2007)
Le nuove questioni della sicurezza sul lavoro (Testo Unico, Mobbing etc)
Sindacato e responsabilità sociale delle aziende e delle imprese.
Gli strumenti dell’azione sindacale (marzo 2008)
La comunicazione (interpersonale, scritta, il rapporto con i mezzi di informazione, l’informatica)
L’uso del tempo
Lavorare per progetti
Le decisioni
CORSO MEDIO CAMPIDANO
Ai fini della costruzione di una classe dirigente del Medio Campidano, in previsione della nascita del territorio autonomo nel 2009, La Ust di Cagliari, d’intesa con la USR e con il suo contributo di risorse umane e “materiali”, intende organizzare un corso dedicato a quadri, delegati, militanti del medio campidano.
La durata del corso è di tre giorni.
La bozza del corso:
primo giorno:
Presentazione del corso – socializzazione – La Cisl come organizzazione (Mario Medde).
Il Medio Campidano tra passato e presente: evoluzione delle lotte sindacali (Sergio Concas)
Secondo giorno
Un’analisi della realtà socio economica del territorio (un esperto da scegliere: per es. Franco Manca dell’osservatorio economico)
Flessibilità e mercato del lavoro. (Livia Ricciardi)
Le politiche sociali (Oriana Putzolu)
Terzo giorno
Gli strumenti (comunicazione etc.) (Ledovi)
PROGRAMMA VERTENZE
Riunione ad hoc con le Federazioni. Proposta di tre serate formative su “Busta Paga”, Le sanzioni disciplinari, i licenziamenti, i trasferimenti di azienda e di ramo d’azienda; i ricorsi ex articolo 28 legge 300/70 ed ex 410 c.p.c. (docenti Chicco, L’avvocato Lobina, Giuseppe. Vedere anche la situazione delle vertenze nel settore pubblico. Obiettivo: accorpare il servizio vertenze.)
Cagliari 13.9.2006
Il Segretario generale
Fabrizio Carta