23/10/2006
Diritto alla salute: incontro dibattito alla Cisl di Cagliari. La relazione introduttiva.
Si è svolto a Cagliari, organizzato dalla Cisl di Cagliari, un incontro dibattito sul "diritto alla salute".
La relazione del segretario territoriale Edoardo Bizzarro ha introdotto i lavori (a seguire il testo completo), facendo una panoramica sulla situazione in provincia di Cagliari, illustrando quanto sta accadendo nella predisposizione dei PLUS e indicando la politica della partecipazione e della concertazione come l'unico modo per mettere insieme le istituzioni (Provincia, Comune, ASL 8, Sindacato) e rispondere in modo sinergico alle esigenze della popolazione: povertà, invecchiamento, assenza di servizi sociali, carenza di quelli sanitari.
Dopo la relazione, sono intervenuti Guido Deidda segretario della FP, Egidio Murgia segretario della FNP e Paolo Mereu segretario della Cisl Medici che hanno completato, dalle varie angolazioni, la linea sindacale. ( nei prossimi giorni pubblicheremo il testo degli interventi delle Federazioni) Successivamente, hanno preso la parola l'assessore alle politiche della Provincia di Cagliari Angela Quachero, che ha meso in evidenza i risultati raggiunti con i PLUS, ma anche le sue criticità e il direttore della ASL 8 Dr. Gino Gumirato: Il piano strategico della ASL 8 non è ancora partito a causa della sua complessità e perché si è aperta la discussione con le parti sociali e il ritardo nell'approvazione del piano sociale e sanitario ha un'influenza molto limitata (in pratica limitata alla determinazione del numero dei posti letto) Ha naturalmente respinto le critiche mosse al piano strategico nei mesi scorsi, prevedendo una fase attuativa nei prossimi 2 anni. Non c'è la necessità, nonostante il deficit di bilancio, di ridurre i costi perché il costo medio pro capite per la Sardegna è tra i più bassi in Italia, ma c'è da qualificare la spesa: spendere anche di più ma meglio è la ricetta del manager della ASL 8 che ha ascritto a suo merito anche il potenziamento dell'organico (si parla di circa 400 nuove immissioni in organico di infermieri). Sull'ospedalizzazione, non c'è volontà di ridurre i posti letto - che peraltro hanno un tasso di occupazione molto basso - ma quello di riqualificarli e di far aumentare il tasso di occupazione fino al 75%. A seguire, dopo gli interventi di alcuni assessori comunali presenti (Angelo Vargiu del comune di Cagliari e Stefano Delunas del Comune di Cagliari, e del sindaco di Mandas Umberto Oppus che hanno messo in luce la mancanza di risorse derivanti dai tagli della Finanziaria Nazionale) vi sono state le conclusioni di Oriana Putzolu, segretaria regionale USR, che ha messo in evidenza le problematiche a livello regionale, lamentando la carenza di concertazione, i ritardi nell'approvazione del piano sanitario regionale e di quello socio assistenziale e rilevando
le incongruenze dell'articolo 102 della legge Finanziaria Nazionale, nella parte nella quale scarica sulla Regione Sardegna i costi della sanità, in cambio di una maggiore compartecipazione alle entrate. Infine, ha concluso i lavori, Fabrizio Carta segretario generale Cisl Cagliari. Ha auspicato che le problematiche della salute e dei servizi socio sanitari diventino una problematica generale, che interessi tutti e tutte le Federazioni, diventando così un tassello di una più ampia vertenza territoriale. Per questo, è necessario operare per una società più giusta, migliorando la vivibilità delle città, la sicurezza nei posti di lavoro, l'utilizzo del trasporto pubblico locale: in pratica, modificando alcuni modelli imposti dalla società del consumo che poi creano danni alla salute.
Infine, ha ribadito la necessità di aprire tavoli sindacali concreti, anche perché la qualità dei servizi socio assistenziali e sanitari, si basa, in larga misura, sulla valorizzazione della professionalità e sulla stabilizzazione dei lavoratori addetti.
Il testo della relazione
(di Edoardo Bizzarro)

IL DIRITTO ALLA SALUTE
Servizi socio-assistenziali-sanitari e ruolo del territorio
Cagliari, 23 Ottobre 2006 – Sala Convegni “Giuseppe Sechi”

RELAZIONE
EDOARDO BIZZARRO, SEGRETARIO TERRITORIALE CISL CAGLIARI

Introduzione
L’incontro di oggi nasce dall’esigenza di richiamare l’attenzione sui problemi della sanità e delle politiche sociali nel nostro territorio, problemi sui quali è necessario intervenire con urgenza ed incisività. Vuole essere l’occasione per riflettere sulle dinamiche che devono essere messe in atto nelle realtà locali affinché ci sia un’offerta di servizi sociali, assistenziali e sanitari tali da garantire a ciascun individuo il diritto alla salute, inteso come diritto al completo benessere fisico, psicologico e sociale.
Un indicatore significativo del grado di sviluppo di una società consiste nella capacità di ciascun individuo di accedere ai servizi che consentono di migliorare le proprie condizioni di vita e, tra essi, i servizi socio-assistenziali e sanitari assumono un’importanza fondamentale, essendo il diritto alla salute un diritto inalienabile della persona. Occorre pertanto che le politiche sociali e sanitarie assumano carattere di priorità nell’agenda politica di ciascun Comune.
In questi ultimi anni in Italia il modo di intendere le politiche sociali e sanitarie si è profondamente modificato: sia decentrando compiti e responsabilità nelle periferie, dove meglio possono essere interpretati i bisogni del territorio; sia prevedendo l’integrazione tra servizi sociali e servizi sanitari.
Questa impostazione comporta un allargamento del livello decisionale. Le istituzioni locali e sanitarie, per gestire con efficacia la programmazione e la erogazione dei servizi, devono essere affiancate da tutti gli attori sociali presenti nel territorio: Sindacati, Organizzazioni non profit, Volontariato, Associazioni di rappresentanza dei cittadini e degli utenti.
Un punto di svolta in questa direzione è stato segnato dalla Legge 328 del 2000, che richiama nelle disposizioni in essa contenute tre principi cardine: l’universalità del diritto alla salute, la programmazione partecipata, l’integrazione socio-sanitaria.
Purtroppo in questo caso il dettato della norma ha faticato e fatica tuttora a tradursi dalla teoria alla pratica. A livello nazionale, il governo succeduto all’emanazione della Legge la ha di fatto ignorata, rendendosi responsabile di una inaccettabile inadempienza. A livello locale, il Consiglio Regionale della Sardegna solo a dicembre del 2005, ha approvato la legge 23 che, con un pesantissimo ritardo rispetto alle altre Regioni, recepisce i contenuti e i principi della L.328. Il Piano Sociale e il Piano Sanitario sono ancora all’esame del Consiglio Regionale.
Non stupisce pertanto che le politiche socio-sanitarie in Sardegna viaggino a velocità a dir poco ridotta e che non siano ancora riuscite ad incidere efficacemente sulle reali esigenze di territori il cui tessuto socio-economico si presenta particolarmente fragile: disoccupazione diffusa, aumento delle situazioni di povertà, ripresa dell’emigrazione dei giovani, crescita dell’immigrazione dai paesi extracomunitari, invecchiamento della popolazione.
A fronte di ciò mancano adeguate strutture sociali di sostegno ed il servizio sanitario presenta numerosi elementi di disfunzione, come i tempi di attesa così lunghi che di fatto dirottano l’utenza altrove, e la mancanza di strutture sanitarie residenziali e semiresidenziali alternative all’ospedalizzazione.
Il sindacato, da parte sua, è da tempo impegnato nell’attività di denuncia e di sensibilizzazione verso i problemi connessi all’esercizio del diritto alla salute in Sardegna e lo ha fatto anche con iniziative di mobilitazione generale, come le Marce della Salute del 2003, una serie di manifestazioni itineranti incentrate sulle condizioni degli anziani e di tutte le categorie sociali più deboli. Le Marce della Salute hanno prodotto una vertenza le cui rivendicazioni sono tuttora di estrema attualità, in quanto attendono ancora risposta concreta da parte delle istituzioni.
Oggi, con la Legge Regionale 23 e con la prossima entrata in vigore, speriamo imminente, del Piano Sociale e del Piano Sanitario, le realtà locali sono chiamate a muovere i primi passi verso il cambiamento, il che richiede l’impiego di tutte le risorse umane disponibili e tutto l’impegno di cui esse sono capaci.
E’ da questi presupposti che dobbiamo partire, se vogliamo determinare realmente un’inversione di tendenza e mettere in atto un processo di crescita e di sviluppo del nostro territorio e della nostra Regione, con la consapevolezza che non esiste reale sviluppo economico senza il miglioramento delle condizioni sociali della popolazione.

La sfida dei Plus
All’indomani della emanazione della L.R.23, i Plus, Piani Locali Unitari dei Servizi alla persona, rappresentano lo strumento di cui oggi le realtà locali della Sardegna dispongono per programmare e realizzare un sistema di servizi socio-assistenziali-sanitari adeguato alle particolarità del territorio e rispondente ai criteri di efficienza e di efficacia.
In questa prospettiva, i dati sui bisogni assumono particolare rilevanza, in quanto costituiscono il punto di partenza dell’attività di programmazione, che deve avvenire attraverso il coinvolgimento di tutti quei soggetti della società civile in grado di offrire un contributo alla realizzazione dei Piani.
Al fine di ottimizzare l’impiego delle risorse disponibili, i Comuni sono chiamati a consorziarsi per dar vita a forme di aggregazione che consentano anche ai piccoli centri, con scarsi mezzi a disposizione, di costituire una offerta di servizi in grado di migliorare la qualità di vita della comunità locale.
L’offerta di servizi socio-sanitari, se vuole essere davvero adeguata alla domanda, non può prescindere dal coordinamento e la messa in rete di tutti gli interventi programmati: deve essere cioè un sistema integrato. Ciò significa superare la tradizionale visione settoriale, che vede le prestazioni sanitarie e quelle di carattere sociale disgiunte e quindi incapaci di affrontare la situazione di bisogno nella sua complessità.
Pertanto, abbiamo condiviso e sosteniamo le disposizioni contenute nella Legge 23 che prevedono un’azione di concerto tra i diversi attori preposti alla erogazione dei servizi.
I Piani Locali Unitari dei Servizi richiamano tutti i soggetti interessati, e tra essi anche il sindacato, a scelte di grande responsabilità e di grande impegno. La programmazione partecipata e la realizzazione di un sistema integrato di servizi alla persona sono compiti non certo facili, che richiedono sensibilità sociale, capacità relazionale, abilità progettuale e flessibilità.
Si tratta di una vera e propria sfida, alla quale noi come sindacato non possiamo e non vogliamo sottrarci, pur consapevoli del fatto che non sarà un percorso lineare, ma un processo di apprendimento fatto anche di tentativi e di possibili errori, che tuttavia rappresenta la strada privilegiata per affrontare i problemi sociali e sanitari della nostra Regione.
Ad oggi, si è svolta la prima fase delle procedure relative ai Plus, partendo dalla definizione dei Profili d’Ambito e proseguendo con l’avvio dei Tavoli Tematici.
I Profili d’Ambito, elaborati da gruppi tecnici sulla base dei dati acquisiti in fase di monitoraggio, disegnano il quadro socio-economico dell’ambito territoriale di riferimento; contengono cioè la descrizione delle condizioni socio-economiche e sanitarie della popolazione, nonché dei servizi sociali e delle strutture sanitarie presenti (ricordo che nella Provincia di Cagliari sono stati elaborati sette Profili d’Ambito, tanti quanti i distretti individuati).
Ai Tavoli Tematici hanno partecipato, oltre alle istituzioni locali e le amministrazioni sanitarie, tutti i soggetti a diverso titolo interessati alle attività riguardanti i servizi sociali, socio-assistenziali e sanitari. Attraverso il loro contributo, sono stati evidenziati i problemi più rilevanti di ogni ambito territoriale, facendo emergere i bisogni e le linee di intervento da intraprendere. Si è trattato insomma di un importante momento di partecipazione, nel quale la Cisl e gli altri sindacati hanno potuto trovare spazio per rappresentare le emergenze e per proporre le strategie di intervento ritenute più opportune.
Con l’avvio dei Plus, per la prima volta nel nostro territorio si è messo in atto un processo di larga partecipazione sociale e di confronto in materia di servizi alla persona, dando finalmente attuazione alle disposizioni della L.328 e della L.R.23, e, di rimando, al principio di sussidiarietà orizzontale affermato dall’articolo 118 della Costituzione.
La numerosa presenza, nelle riunioni, di associazioni, di rappresentanze sociali e di cittadini, testimonia la voglia della società civile di dare il proprio contributo su temi che così direttamente ricadono sulla vita di ciascun individuo, ma che finora sono stati gestiti dai pochi addetti preposti a tale funzione.
Noi, come sindacato, siamo stati presenti fin dalle prime fasi di avvio della L.R.23 e abbiamo partecipato con assiduità ad ogni momento relativo ai Plus, convinti che il metodo partecipato debba essere il fulcro dell’ attività di programmazione tesa alla tutela del diritto alla salute.
In questa fase, importante è stato il ruolo della Provincia e della Asl. La Provincia di Cagliari, con il proprio Assessorato alle Politiche Sociali, ha svolto una funzione di coordinamento e di supporto durante tutta l’attività, in linea con lo spirito della Legge 23 che assegna alle province un’importanza centrale sul piano organizzativo, in una logica di rete capace di attivare e ottimizzare le risorse presenti nel territorio. La Asl, dal canto suo, per la prima volta ha sottoposto alla valutazione dei sindaci e delle rappresentanze sociali il Piano Strategico, cioè l’atto di programmazione dei servizi sanitari dei prossimi anni.
Sia la Provincia che la Asl, con la loro presenza congiunta e costante, hanno mostrato la volontà di perseguire un avvicinamento tra le amministrazioni locali e la cittadinanza, nonché l’impegno a realizzare un sistema integrato.
Sul piano del metodo, esprimiamo quindi soddisfazione. Una presenza del territorio così larga e articolata sono un elemento di novità. Basti pensare che finora la programmazione dei servizi veniva definita nel chiuso delle amministrazioni. Tuttavia ciò non deve restare un’esperienza isolata e fine a se stessa: il rapporto fra istituzioni e forze sociali deve diventare la prassi consueta, essendo la condizione di base per una buona pianificazione dei servizi alle persone.

La situazione sociale nel nostro territorio
La programmazione partecipata e l’integrazione socio-sanitaria acquistano valore proprio perché tese a realizzare l’universalità del diritto alla salute. Questa affermazione assume un significato particolare nella nostra realtà sociale, dove molteplici e profonde sono le situazioni di disagio e dove evidenti sono gli squilibri tra le diverse aree territoriali. Dai rapporti sulla situazione sociale isolana e dai più recenti dati forniti dai Profili d’ambito della nostra provincia emerge un quadro sconfortante.
Risulta ancora generalizzato un forte tasso di disoccupazione, correlato a condizioni di povertà economica e di deprivazione socio-culturale, che determinano una pressante richiesta di interventi assistenziali.
Aumenta il numero dei cittadini immigrati e, con essi, aumentano i bisogni di cui essi sono portatori. Occorre quindi essere in grado di affrontare una sempre più estesa domanda di servizi: accoglienza, alloggi, mediazione culturale, istruzione, cure medico-sanitarie e così via.
Grande preoccupazione suscita la condizione dei giovani, per gli elevati tassi di abbandono scolastico e per la diffusa difficoltà a trovare un lavoro che li renda autosufficienti e dia loro la possibilità di progettare i proprio futuro.
Anche la situazione demografica si configura come una vera e propria emergenza: diminuisce il numero dei giovani, aumenta l’età media e si amplia a dismisura il numero di anziani.
E’ ovvio che la condizione di anziano necessita di attenzioni e di tutela particolari, proprio per il fatto che nelle fasce di età più avanzate sono presenti con maggiore incidenza casi di salute precaria e di non autosufficienza, spesso collegati a difficoltà di natura economica.
Nel contempo, diminuisce la possibilità di assistenza familiare, in conseguenza dei profondi mutamenti della struttura della famiglia, che diventa un nucleo sempre più ristretto e in cui non è più garantita la costante presenza femminile alla quale tradizionalmente erano affidate la cura e l’assistenza dell’anziano. Nonostante questo, mancano strutture alternative e, di fatto, il problema ricade interamente sulla famiglia e sulla sua possibilità di reddito.
Il calo della natalità conferma la condizione di disagio della famiglia e soprattutto delle madri, sulle quali, nella maggior parte dei casi, ricade tutto il peso di conciliare il lavoro con la cura dei figli. Occorre pertanto assegnare ai servizi per l’infanzia e alle misure di sostegno familiare un ruolo centrale nella programmazione delle politiche sociali.
A questo proposito, vorrei ricordare le parole del Presidente della Repubblica, il quale nelle scorse settimane ha affermato che la bassa natalità “ è un obiettivo segnale di malessere di una comunità umana” e una delle ragioni del fenomeno è da ricondurre alla “carenza di servizi al sostegno delle famiglie con figli”.
Emerge la necessità di intervenire organicamente con misure di sostegno familiare e con la realizzazione di una rete di servizi che garantisca la tutela per la persona nell’intero arco della vita.

La situazione sanitaria
Anche sul versante della sanità, la situazione del nostro territorio si presenta critica; ciò si evidenzia particolarmente nella difficoltà per molti cittadini ad accedere prontamente al Servizio sanitario.
I Profili d’ambito confermano l’esistenza di profondi squilibri nell’offerta sanitaria, sia riguardo alle diverse aree di bisogni, sia in relazione alla diversa intensità con cui essa si presenta da Comune a Comune.
La “migrazione sanitaria” rappresenta spesso l’unica alternativa. Tale fenomeno denuncia il divario con le altre regioni italiane e dimostra quanto ancora sia lontana una condizione di uguaglianza per tutti i cittadini nell’accesso ai servizi.
Altro aspetto preoccupante è rappresentato dalle liste d’attesa. Esse rappresentano oggi un grave motivo di disagio, che impone una serie di interventi mirati alla distribuzione capillare e omogenea delle strutture sanitarie nel territorio.
Per contro, il disavanzo economico accumulato negli anni dalle Asl, rende necessario il contenimento della spesa sanitaria. Nelle diverse occasioni che ci hanno visto a confronto, il Direttore della ASL 8 dott. Gumirato, ha
affermato la necessità di approntare misure finalizzate alla riorganizzazione della rete ospedaliera e alla riduzione dei ricoveri impropri.
La Cisl è convinta che occorra superare una visione ospedalocentrica della sanità. Tuttavia ritiene che il processo di deospedalizzazione debba essere necessariamente accompagnato dalla realizzazione di una rete di strutture alternative, quali l’assistenza domiciliare intergrata, i centri semiresidenziali, i centri diurni e i servizi sanitari sul territorio per la diagnostica.
Al momento, attendiamo quindi di conoscere attraverso quali modalità la Asl intende avviare il processo di riorganizzazione dell’offerta dei servizi sociosanitari.
La situazione della Sanità nel nostro territorio necessita sicuramente di essere affrontata con una disamina più articolata e competente, ciò che rimando ai successivi interventi.
Aggiungo solo una breve considerazione: conciliare l’esigenza di un sistema sanitario qualificato con la necessità di razionalizzare la spesa vuol dire anche ragionare in termini di prevenzione e di educazione alla salute. Si tratta di strategie di cui per la verità si parla poco, ma che nel medio e lungo periodo possono condurre a esiti molto apprezzabili.
E’ auspicabile, pertanto, che siano predisposti piani di educazione alla salute e di prevenzione, anche agendo di concerto con altri soggetti presenti nel territorio, tra i quali la scuola.
A tale proposito, vorrei sottolineare la grave assenza delle Istituzioni scolastiche in tutta questa prima fase di riorganizzazione delle politiche socio-sanitarie nella nostra Provincia. Eppure, una scuola integrata nel territorio e adeguata ai suoi bisogni può incidere con grande efficacia sulle condizioni sociali della comunità in cui opera. L’istruzione e la formazione rappresentano infatti il motore del processo evolutivo di una società e costituiscono le basi per l’affermazione del diritto alla salute nella sua accezione più ampia.

Conclusioni
Il processo che si è avviato con la Legge 23 ha aperto una fase cruciale per le politiche socio-assistenziali e sanitarie del nostro territorio. Le nuove disposizioni ci offrono l’occasione di determinare un’inversione di rotta rispetto ad una condizione di sofferenza sociale ormai sotto gli occhi di tutti.
E’ nostro dovere adoperarci affinché gli strumenti normativi siano applicati: eventuali fallimenti non potranno che essere attribuiti alla nostra responsabilità. Sarà opportuno procedere per specifiche aree di intervento, delineando, attraverso la programmazione negoziata, obiettivi ben definiti da raggiungere.
Occorre evitare che si ripeta quanto accaduto con la Legge 4 del 1988, molto avanzata sul piano dei contenuti, ma che non fu mai recepita dai soggetti chiamati a metterla in atto,.
L’azione congiunta tra i Comuni e l’Amministrazione sanitaria, che ha segnato l’avvio dei Plus, è stata, come ho già avuto modo di dire, l’elemento di novità introdotto dalla Legge 23 ed ha costituito il punto di forza di tutta l’attività. Pertanto occorre che questa sinergia prosegua anche durante la fase di attuazione degli interventi, nell’ottica dell’integrazione socio-sanitaria dei servizi.
La capacità di porre in essere una programmazione partecipata richiede un salto culturale di notevole portata, a cui non possiamo rinunciare se vogliamo realizzare un sistema integrato di servizi alle persone che riduca le disuguaglianze sociali e metta in atto un processo virtuoso di sviluppo del nostro territorio.
Una sfida ardua, ma irrinunciabile per chi ha davanti a sé, ben chiari, i principi sanciti dalla nostra Costituzione e per chi ha il dovere di adoperarsi per rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscono una effettiva eguaglianza nell’esigibilità dei diritti.