06/03/2007
Trasporto navale e portualità, un seminario del CREL
Si è svolto a Cagliari un seminario, organizzato dal CREL, sulle problematiche del trasprto navale e sulla portualità. La relazione introduttiva è stata svolta da Fabrizio Carta, componente della commissione trasporti del CREL. Vi sono poi stati interventi del Dr. Franco Manca dell'Osservatorio Economico, di rappresentanti degli armatori (Moby e Tirrenia), della CICT, degli autotrasportatori, del segretario dell'Autorità portuale, Garofalo, del prof. Deiana e dell'assessore regionale ai trasporti, Broccia.

Di seguito il testo della relazione introduttiva. Gli atti del seminario saranno disponibili nelle prossime settimane.


Trasporto navale e sistema regionale di portualità


Cagliari 5 Marzo 2007

Introduzione Fabrizio Carta, componente CREL


PREMESSA


E’ scontato osservare quanto sono importanti per la Sardegna (unica vera grande isola dell’Italia) e per il suo sviluppo socio economico, il sistema dei trasporti marittimi e le infrastrutture portuali. Non appare tuttavia superfluo, dato il predominare di una cultura che, in Sardegna, ha spesso portato a trascurare il mare e le opportunità che esso offre.

Noi sardi, spesso, siamo più portati a piangere e lamentarci per la nostra condizione insulare, piuttosto che a considerare i possibili vantaggi derivanti dalla posizione geografica strategica in mezzo al Mediterraneo.

Questa condizione geografica, a lungo considerata un handicap, può essere trasformata in una ricchezza per i sardi, se appunto si riuscirà a valorizzarla.

A fianco delle iniziative economiche e politiche, non sarebbe sbagliata un’azione culturale per comprendere tutti insieme le buone possibilità che ci sono in termini di sviluppo e di occupazione, se si rilancia un sistema portuale efficiente e un sistema di trasporti marittimo, rispondente alle esigenze della società moderna.

Nessuno intende negare le difficoltà che provengono dal fatto di vivere in un’isola, e sono tante, ma, in un’economia e in una società moderna, si possono trarre anche opportunità di sviluppo e di nuova occupazione.

SUPERAMENTO INSULARITA’

I sardi devono sicuramente rivendicare allo Stato Centrale il superamento delle difficoltà derivanti dall’insularità, ma devono anche orientare le azioni e le politiche di sviluppo verso il mare e verso la valorizzazione dei sistemi marittimi e portuali.

Non per sterile rivendicazionismo, ma perché le difficoltà oggettive della Sardegna dovrebbero essere rimosse da interventi ad hoc dello Stato e del Governo. Bisogna domandarsi se la questione continuità territoriale debba essere affrontata solo dai Sardi o se, invece, debba essere una rivendicazione nei confronti dello Stato italiano.

Una risposta a questo primo interrogativo è stata data: la Finanziaria Nazionale prevede che il problema della continuità territoriale (nella prima stesura si parlava di contiguità territoriale) sia di esclusiva competenza, anche finanziaria, della Regione sarda. Questo è uno dei frutti, non so quanto voluto, della battaglia sulla compartecipazione alle entrate erariali che, tutti hanno portato avanti nei confronti del Governo (forze politiche, sindacati, associazioni, Giunta regionale). La recente legge finanziaria nazionale, nel chiudere, almeno per il momento, il contenzioso tra Sardegna e Stato Nazionale, in merito alla compartecipazione della Sardegna al gettito di alcune tasse riscosse nell’isola, mette il problema della continuità territoriale a totale carico della comunità sarda.
Va naturalmente rilevato che lo Stato e il Governo, con l’intesa sancita nella Finanziaria, hanno sicuramente aumentato, in modo considerevole, specie negli anni a venire, la quantità delle risorse da assegnare alla Sardegna. Bisognerà quindi considerare per il futuro che il problema “continuità territoriale” andrà affrontato attingendo da questi maggiori trasferimenti derivanti dalla compartecipazione alle entrate. Un obiettivo concreto da perseguire è quello di destinare una parte di quelle risorse alla continuità territoriale (per merci e passeggeri).
Proprio perché non bisognerà attendersi altre risorse diverse da quelle rivenienti dalla Finanziaria, bisognerà orientare, in modo intelligente, le scelte strategiche della Sardegna verso il settore marittimo e portuale.

Insomma la Sardegna, accettando l’impostazione sopra delineata, ritiene esaudita l’antica rivendicazione.

Naturalmente non vogliamo qui dare un giudizio perché questa non è la sede adatta. Eventualmente se ne parlerà più approfonditamente in altre occasioni.

CONTINUITA’ TERRITORIALE.

Questo prescinde dalla formula tecnica da adottare per la continuità territoriale.

Di continuità territoriale si parla molto per il trasporto aereo, molto di meno per quello marittimo.

Nel primo caso, vi sono effetti buoni nella scelta fatta (sicuramente il calo sostanzioso ed evidente delle tariffe in specie per i residenti), ma anche negativi (il monopolio e a volte la mancanza di posti liberi). Nel caso del trasporto marittimo l’argomento è rimasto più in sordina e, anche se esiste qualche sconto per i passeggeri residenti ( a fronte dei contributi che lo Stato riserva alla Tirrenia) ancora non si è ben avanzata una proposta convincente per quanto riguarda il trasporto delle merci.

Indubbiamente, lo scenario appare diverso. Il trasporto aereo è, in larga misura, destinato al trasporto di passeggeri e solo in misura molto limitata a quello delle merci. Il suo sviluppo e la sua crescita, prevedibile e auspicabile, influiscono, soprattutto, sullo sviluppo turistico e sulla mobilità delle persone, in specie dei residenti. Quello marittimo attiene invece sia al trasporto passeggeri, ma ancor di più a quello merci e, al suo andamento, sono ugualmente interessati sia il comparto turistico sia quello produttivo.

IL TRASPORTO NAVALE

Il trasporto dei passeggeri è affidato in larga misura compagnia di navigazione Tirrenia. in certi porti a livello di monopolio. Il sistema è sicuramente arretrato. Basti pensare alla cronica insufficienza e alla scarsa efficienza, alla vetustà di alcune navi specie su certe rotte. Gli stessi tempi di percorrenza, salvo alcune navi veloci, sono inalterati da cinquanta anni e sicuramente poco concorrenziali rispetto all’utilizzo del mezzo aereo. Le compagnie di navigazione forse dovrebbero far meglio la loro parte, in testa la Tirrenia. Qualità dei trasporti marittimi, velocità, convenienza commerciale, diversificazione degli orari, sono obiettivi da raggiungere per incidere in maniera significativa sul turismo. Solo di recente si è sviluppata la concorrenza con armatori privati che però anch’essi operano solo nei porti ritenuti economicamente “convincenti” tralasciando gli altri.

Il trasporto marittimo, però, senza voler trascurare il discorso sui passeggeri, si appunta maggiormente sul segmento delle merci. E’ quindi più collegato con il mondo della produzione e quindi del sistema delle imprese sarde e legato dunque alla loro capacità di esportazione. L’efficienza del trasporto marittimo può dare maggiore competitività alle merci, sempre che il sistema produttivo sardo orienti le sue produzioni verso l’esportazione.
Il miglior sistema di trasporto marittimo che si dovesse riuscire ad organizzare, poco varrebbe a fronte di un sistema industriale e produttivo involuto su se stesso.

Ovviamente è come il cane che si mangia la coda: da un lato va rilevata l’inadeguatezza del sistema produttivo isolano. Tuttavia, stante la forte dipendenza dell’isola dall’esterno per quanto riguarda i consumi, tutte le inefficienze legate alla mancata continuità territoriale (carenza di concorrenza nel trasporto, strutture inadeguate, alti costi dei servizi portuali) si scaricano sui prezzi dei beni di consumo offerti sul mercato locale, con una evidente penalizzazione dei cittadini sardi.

I dati sul trasporto via nave: il 98% delle merci in uscita dalla Sardegna sono movimentate via mare con un ritmo di crescita costante.
Le previsioni riguardanti la movimentazione delle merci via mare indicano un aumento significativo. Si parla di un aumento dei traffici entro il 2010 di circa il 20%
Se questo scenario è realistico, la Sardegna potrebbe intercettare una parte di questi flussi anche internazionali.

Il rapporto dei passeggeri trasportati e in uscita (da e per la Sardegna) è di fatto paritario. Nel settore delle merci vi è un divario di oltre il 30% a favore delle merci in entrata e questo la dice lunga sulla situazione dell’economia sarda che importa più di quanto esporta.
I rimorchi arrivano pieni e ripartono vuoti.
Il trasporto merci è incentrato in una percentuale di oltre il 50% sui prodotti petroliferi (Il 58% delle merci trasportate movimentate sono prodotti petroliferi) ed è indirizzato sul sistema portuale del Nord Sardegna, in particolare su Olbia.

L’assetto dei traffici e il saldo commerciale sono quindi storicamente e in maniera evidente sbilanciati verso il Nord Italia e il centro Europa, mentre risultano pressoché nulli gli scambi con gli altri porti del Mediterraneo ed estremamente deboli anche le relazioni con le altre regioni del Sud (per Napoli e Palermo sussistono collegamenti marittimi con cadenza mono-bisettimanale).

Il traffico di merci proveniente dalle regioni del Centro-Nord, in costante crescita, si concentra sugli scali di Olbia, Golfo Aranci. Portotorres, dando luogo a un vero e proprio “cordone ombelicale” tra gli scali del Tirreno centro settentrionale (Livorno, Piombino, Genova, Civitavecchia) ed i porti del Nord Sardegna.

AUTOSTRADE DEL MARE

I flussi in transito sugli scali di Olbia/Golfo Aranci attraversano, quindi, l’intera isola, per poi ripartirsi sulle province di Oristano, Sulcis, Medio Campidano, e Cagliari, peraltro rivolgendosi ad una rete stradale per gran parte inadeguata. Incide negativamente la effettiva insufficenza della offerta di trasporto su ferro. Sulla linea ferroviaria Golfo Aranci-Cagliari (chiusa in orario notturno) si registra, di conseguenza, un progressivo calo dei traffici, con la progressiva dismissione dei servizi di traghettamento ferroviario e un conseguente calo del traffico tra il 1994 ed il 2002 pari a 55%.

Le merci prendono la via delle strade, attraverso l’uso del gommato, stante l’assoluta carenza del sistema ferroviario sardo che registra un ritardo, sono dichiarazioni lette sulla stampa di qualche settimane fa, di oltre cinquanta anni.

Il sistema stradale sardo appare obsoleto e inadeguato a rispondere all’esigenza di trasporto veloce su strada. Né si può pensare, dati i costi enormi necessari per costruire le strade, di poter avere una rete stradale interna efficiente in pochi anni. (Secondo quanto dichiarato da alcuni esponenti dell’assessorato ai lavori pubblici per costruire un chilometro di strada occorrono 6 milioni di euro !!! Si può arrivare anche a 20 milioni in caso di asperità del terreno o difficoltà tecniche.) I costi enormi e la lentezza degli interventi dello Stato e dell’ANAS dimostrano come intraprendere questa via richiede anni e anni di tempo.

La scelta di privilegiare l’uso del gommato non appare del resto compatibile con il rispetto dell’ambiente.
Si ritiene invece preferibile che le merci all’interno del territorio regionale viaggino su rotaia (facendo viaggiare di notte i convogli merci con la soluzione camion su treno, quando i treni passeggeri sono fermi) o via mare, creando un sistema portuale isolano integrato e collegato dalle “vie e le autostrade del mare” che consentano di raggiungere quasi tutte le province; l’intermodalità si farà poi carico di distribuire nel territorio con costi contenuti sia dal punto di vista economico che ambientale.

Oggi la Sardegna è tagliata fuori dal sistema delle autostrade del mare. Purtroppo ciò è ribadito anche dall’ultimo decreto approvato pochi giorni fa. Le rotte passano davanti alla Sardegna, ma non si fermano, collegando Spagna e Francia e Nord Africa con tutti i porti italiani. Questo è grave perché va ricordato che i trasportatori che utilizzano le autostrade del mare hanno un notevole contributo economico che permette di risparmiare fino al 33%. Il costo finale delle nostre merci è quindi penalizzato da questo fatto.

Naturalmente su questo aspetto, sarà determinante l’intervento della Regione Sardegna, già avvenuto per altro, per far correggere il decreto e inserire la Sardegna nelle rotte delle autostrade del mare.

FLOTTA SARDA

E’ oggi in grado il sistema marittimo sardo, basato quasi esclusivamente sul monopolio della Tirrenia, a rispondere alle esigenze dei sardi? La risposta potrebbe essere retorica. Qualcuno parla di flotta sarda. Ci pare che questo sia detto anche nel disegno di legge Finanziaria regionale nella quale sono stanziate anche delle risorse.

L’esigenza nasce dalla constatazione dell’insufficienza del monopolio della Tirrenia, tra l’altro finanziata dallo Stato. La diatriba della Regione Sarda contro la proroga della convenzione con la Tirrenia è fondata su fatti concreti e su un malumore diffuso anche tra gli utenti nei confronti della compagnia principe, anche perché gli operatori privati operano solo su pochi porti e con poche tratte.

La flotta sarda è una cosa concreta o è un sogno? Occorre riflettere con molta attenzione e in ogni caso quando si parla di flotta sarda non credo che si possa pensare ad una flotta di proprietà della Regione Sarda o allestita solo con i soldi della Regione. In tempi di libera concorrenza ci sembra una proposta irrealizzabile, anche perché non mi sembra che gli imprenditori sardi stiano facendo la fila per partecipare.

Ci sono delle oggettive difficoltà che potrebbero rendere irrealizzabile la costruzione di una flotta sarda. In ogni caso, bisognerà tener conto che, nonostante le sue inefficienze evidenti, la Tirrenia garantisce le tratte, almeno per i passeggeri, anche nei periodi di scarsa frequenza. Occorrerà stare bene attenti a costruire in modo concreto l’alternativa, tenendo anche conto della normativa europea sulla concorrenza.

L’idea di costituire una flotta sarda (che, per quanto detto, dovrebbe pubblico-privata) va analizzata con attenzione perché ha un gran valore per la costruzione di un sistema basato su una reale concorrenza. Oggi opera un concessionario pubblico che pratica certi prezzi (alti perché ci scarica tutto il gigantismo e l’inefficienza di un’azienda che è figlia delle partecipazioni statali) e i concorrenti privati (praticamente uno solo) che si limitano a far pagare una modesta quota in meno rispetto al pubblico. L’ingresso di un nuovo soggetto pubblico privato, motivato ad un reale contenimento dei prezzi nell’interesse dell’economia sarda, potrebbe ottenere il risultato di costringere tutti a fare i conti anche con i suoi costi e favorire una reale concorrenza.


BACINO DI CARENAGGIO

Altra cosa certa è che le navi viaggiano perché esiste la Sardegna e si ha il diritto di rivendicare che una parte della ricchezza prodotta rimanga in Sardegna, anche in termini di occupazione.

Sulle navi della Tirrenia il personale raramente è sardo sia. Si pensi che, in Corsica, c’è stata una lunga vertenza (il sindacato ha fatto sciopero per un mese) perché sulle navi di collegamento con la Francia i dipendenti non erano corsi. In Sardegna?

Inoltre le navi hanno bisogno di manutenzione e di bacini di carenaggio. Cosa rimane in Sardegna di tutto questo? Vi sono delle proposte interessanti di qualche imprenditore privato per ingrandire quelli che ci sono, ma tutto rimane senza risposta vuoi perché si ritiene che si tratti di attività con poco valore aggiunto e che soffrono la concorrenza di altre nazioni, in specie africane, competitive sui costi., vuoi per scelte politiche che privilegiano magari altri tipi di ormeggio.
Un bacino di carenaggio sarebbe un buon sostegno all’occupazione e darebbe impulso anche a progetti formativi per creare nuovi mestieri e professionalità.


INFRASTRUTTURE PORTUALI

I flussi che si attendono sui containers – secondo una ricerca di Ocean Shipping Consultant – di qui al 2015 prevedono un aumento del 75% per mezzo di navi sempre più capienti che avranno bisogno di concentrare le toccate su pochi scali dotati di fondali di almeno -15 m., di spazi adeguati, di retroporti, di fluidificazione.
Il rischio reale è che il nostro Paese non riesca ad intercettare questi traffici, perché i nostri porti sono quasi tutti chiusi dalle città, sono asfittici, mancano di assistenza esterna ancillare, in molti non si scavano i fondali, pochi hanno o possono avere reali relazioni internazionali, quasi nessuno è in grado di ospitare le nuove grandi navi.
Non solo; nella prospettiva che si configura certi armatori vorrebbero impadronirsi degli scali, ponendo drammatici problemi al terminalismo nostrano, ma ancor più mettendo in discussione la natura stessa del porto, la sua proprietà. La proprietà pubblica dei porti è un prius imprescindibile.
E quasi come un paradigma qualcuno pensa di risolvere questa massa di problemi dal respiro, questo sì globale, con approcci localistici tipici della cultura italiana.
Non si tratta di difendere un prodotto di origine protetta, controllata e garantita. Con il localismo e con il protezionismo non si va da nessuna parte.
I porti commerciali o sono inseriti in una visione nazionale e gestiti con uniformità di regole ed allora possono competere nei mercati internazionali oppure non sono; nel senso che la dimensione gestionale locale non favorisce né l’investimento né l’utilizzo.
E’ un approccio economico ma necessario. Qualcuno che vorrebbero la regionalizzazione o magari un interporto in ogni provincia, qualcuno ancora vuole privatizzare i porti (nella proprietà, visto che la gestione è già privata).
Bisogna senz’altro lasciare la proprietà in mano pubblica, bisogna collegare in Sardegna i porti tra loro, magari specializzandoli, ma bisogna esser pronti a raccogliere i flussi sopradescritti.
In questo contesto, si caratterizza lo sviluppo del Porto container di Cagliari.

Tralasciando la lunga storia di polemiche e di ritardi accumulati, si può affermare che il Porto container di Cagliari è una realtà. Occorre, probabilmente, far capire alla Regione Sarda e a tutta la Sardegna che si tratta di un’opera e di un’infrastruttura che deve “servire” tutta la Sardegna e non la sola provincia cagliaritana. Su questo sono stati fatti alcuni passi in avanti se è vero che sono stati stanziato cento milioni di EURO attraverso un accordo di programma tra Governo e Regione Sardegna.
Il Porto sembra orientato verso un forte aumento dei traffici. E’ vero che sono influenzati da politiche internazionali, ma proprio per questo bisogna essere pronti ed attrezzati per intercettarli.
Un ulteriore elemento di sviluppo potrebbe consistere nel realizzare collegamenti intermodali (anche ferroviari) attorno al Porto Canale con il resto della Sardegna e se si potesse ipotizzare una lavorazione in loco dei container. Questo non è compito del terminalista ma del sistema produttivo sardo.

Vi è infine l’ipotesi avanzata da qualcuno sulla necessità della presenza di un altro terminalista. In un’economia basata sulla concorrenza, senz’altro questo è possibile, ma probabilmente è necessario che ogni operatore raggiunga gli standard di efficienza e di produttività minimi anche in termini quantitativi.

NAVI DA CROCIERA

Altro aspetto da considerare è quello degli attracchi delle navi da crociera. Si parla di attracchi nel Porto di Cagliari ma bisogna anche prevedere di aumentare il pescaggio sia in avamposto sia nell’acqua antistante lo stesso molo, perché diversamente le grosse navi non possono ormeggiare

LA SICUREZZA


La sicurezza nei porti è sicuramente in ritardo rispetto a quella, per esempio, negli aeroporti. Nei porti della Sardegna esistono concessioni che permettono di gestire “I servizi di rimorchio”. Ci sono dei rimorchiatori pronti ad intervenire nelle manovre di ormeggio e disormeggio delle navi. Tuttavia le navi non sono obbligate a utilizzare questo servizio, ma vi è una discrezione da parte dei comandanti. Tutto ciò crea un’alta percentuale di rischio, anche perché in questo modo non si sostengono determinati costi, creando però situazioni di pericolo reale.
Sulla sicurezza, anche in mare e nei porti, non si deve però risparmiare ma occorre spalmare i maggiori costi sugli utilizzatori.

Le politiche di sviluppo devono portare sviluppo e occupazione nuova, aggiuntiva e non solo occupazione di scarsa qualità.

Oggi nei porti sardi e sulle navi operano centinaia, se non migliaia, di lavoratori.

Occorre quindi, nell’ambito di un accordo generale per lo sviluppo della portualità e dei sistemi di trasporto marittimo, costruire anche un sistema di tutele occupazionali, di mobilità interaziendale, di monitoraggio sulla legalità e sulla sicurezza nel lavoro portuale, di definizione di un sistema corretto di ammortizzatori sociali.

Non può esistere uno sviluppo a tutti i costi, ma uno sviluppo che sia compatibile con le esigenze di sicurezza.

Non sempre questo è avvenuto sia nei porti (basti pensare ai recenti infortuni mortali sul lavoro sia nei porti che sulle navi), ma anche agli incidenti di navi mercantili, quando non passeggeri, che hanno creato il rischio di danni anche ambientali.
Ma altrettanta attenzione va posta sulla sicurezza a bordo delle navi sulle quali si registrano, spesso, incidenti anche mortali.

CONCLUSIONI

Per sostenere lo sviluppo dei Porti e del sistema di trasporto navale ci vogliono politiche coerenti, perché la posizione geografica non è sufficiente: appoggio logistico, saper fare, personale formato adeguatamente, sicurezza. Ci vogliono anche forti investimenti europei, nazionali e regionali. Ci vogliono sinergia e coesione tra gli attori istituzionali, economici e sociali.
In questo senso la Regione deve svolgere un ruolo di indirizzo, ma senza uno sforzo comune, difficilmente si raggiungeranno gli obiettivi, brevemente delineati.