Assemblea Unitaria dei rappresentanti della sicurezza
Hotel Mediterraneo, 30 Maggio 2007 ore 9,00
Piattaforma unitaria per la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Un occasione importante come la giornata di oggi, è una ghiotta opportunità che non dobbiamo lasciarci scappare non solo per parlare di sicurezza in tutte le sue forme, ma in particolare di sicurezza nei porti.
Questo ci da modo di far capire a coloro che, vuoi perché inesperti, vuoi perché impreparati, non sanno quali sono e come sono le caratteristiche del lavoro portuale.
E’ oramai da anni che il termine scaricatori di porto ha lasciato le banchine,ma per la peculiarità e la specificità del nostro lavoro rimaniamo pur sempre scaricatori. E’ pur vero che la modernizzazione e l’evoluzione industriale è stata di aiuto ai portuali che da qualche decennio a questa parte fanno uso di macchinari più complessi che permettono di velocizzare i tempi di lavoro,ma è pur vero che dobbiamo porci una domanda;
l’avvento di nuovi macchinari e il velocizzare i tempi di lavoro aiutano e basta o rendono anche più rischioso e pericoloso il nostro lavoro?
Nei tempi antecedenti la realizzazione del Terminal del porto Canale,Cagliari ha sempre e solo contato sul porto storico,il cosiddetto porto antistante la via Roma in cui venivano svolte sia le operazioni commerciali che quelle sulle navi passeggeri.
Allora erano i lavoratori della Compagnia Portuale gli unici autorizzati a svolgere le operazioni nel porto,che in collaborazione con l’Azienda Mezzi Meccanici, oggi Autorità Portuale,faceva uso della grandi gru che vedevamo scorgere da lontano, per la movimentazione delle merci alla rinfusa.
Quelli erano altri tempi, tempi in cui non vi erano parcheggi destinati ai semirimorchi,non vi erano aree destinate allo sbarco e imbarco di rinfusa e non vi era ne asfalto ne segnaletica, ma solo esclusivamente polvere e se non ricordiamo male anche scarsa illuminazione la notte.
Ampie distese di banchine e ampi sterrati che al solo muoversi di un’auto sollevavano polvere che solo il maestrale riusciva ad allontanare.
I portuali lavoravano in condizioni assurde, sotto il sole cocente e la pioggia,ma malgrado ciò su i loro visi oltre alla stanchezza si vedeva il sorriso.
Già, proprio il sorriso,era il sorriso di persone che amavano quel lavoro e malgrado le difficoltà erano felici perché riuscivano a portare a casa un buon stipendio.
Oggi purtroppo non è più cosi.
Con il riordinamento del sistema portuale in base alla legge 84 del 1994, la vecchia compagnia portuale ha subito delle trasformazioni mantenendo comunque lo stesso nome di un tempo ma fornendo esclusivamente manodopera, allo stesso tempo nascevano nuove imprese portuali regolate dalla medesima legge dagli art. 16 e 18.
Mentre il lavoro ro-ro continuava in regime di monopolio Tirrenia, le imprese si organizzavano per strappare l’appalto con la migliore offerta.
La gare d’appalto in effetti sono sempre state un tasto dolente, a danno della sicurezza dei portuali.
Squadre ridotte, carichi di lavoro estenuanti, orari e turni di lavoro assurdi e inconcepibili legati alla atipicità del lavoro nei porti, questo è il prezzo, che da anni pagano i portuali.
Le imprese continuano a scannarsi tra di loro per strappare l’appalto con la “peggior offerta” al ribasso, rifacendosi esclusivamente sul sacrificio e la pelle dei lavoratori per ammortizzare i costi , mentre la Tirrenia sguazza godendo dei benefici del minor prezzo.
L’avvio della attività nel porto industriale, incominciava a produrre picchi di lavoro improvvisi, oltre a quelli già presenti durante la stagione estiva nel porto storico dalle navi passeggeri.
Tale situazione portò la CLP a ricorrere ad altro personale tramite le agenzie interinali per sopperire alla grossa mole di lavoro.
Anche questo è stato un duro prezzo da pagare perché il più delle volte venivano mandati dei lavoratori alla prima esperienza in questo settore e praticamente uitilizzabili solo al 50% perché non formati adeguatamente.
Sarà stato un caso, una coincidenza, ma le morti bianche avvenute nei porti cagliaritani ne sono la dimostrazione pratica di ciò appena rimarcato.
Costantino e Fausto erano lavoratori atipici, formatisi da soli, nel tempo, chiamata dopo chiamata, sperando che il lavoro portuale potesse farli realizzare nella vita.
Purtroppo per loro non fu cosi ed è per questo che urliamo a gran voce, mai più lavoratori inesperti,sempre più formazione, sempre più senso di responsabilità delle parti sociali, e soprattutto controlli e verifiche da parte di coloro che sono i preposti.
Solo con la qualità si può rilanciare la portualità.
E’ uno scandalo nazionale. Dobbiamo decisamente cambiare il nostro modo di produrre.
Un lavoro che non garantisca la vita e la salute è una schiavitù a termine.
4 morti al giorno,più di 1200 all’anno,un milione di infortuni di cui almeno trentamila con invalidità permanenti.
I costi valutati sono di circa 42 milioni di euro,per rendite,spese sanitarie,proteiche e riabilitative, oneri dell’inps.
L’Inail nel 2006 ha prodotto un avanzo di amministrazione di 2 miliardi di euro prontamente incamerati dal Ministero dell’economia e delle finanze; l’accumulo complessivo al 2006 è di 11 miliardi.
Il reinserimento lavorativo dell’infortunato è sempre problematico, quando non impossibile, obbligandolo a vivere solo con la misera rendita.
Tanto che molti lavoratori denunciano l’infortunio al pronto soccorso come incidente avvenuto per altre cause e continuano a sottoporsi a ritmi di lavoro e ad orari impossibili.
Di più, fondi Inail destinati a favorire il reinserimento vengono dirottati a finanziare la messa in sicurezza di edifici scolastici.
Mancano centinaia di ispettori del lavoro; il personale dedicato delle ASL è al 50% del fabbisogno. Entrambi hanno, comunque, poteri troppo limitati.
Nonostante il Piano sanitario nazionale 2006-2008 preveda per legge una quota del 5% da destinare alla prevenzione per la sicurezza, oggi siamo allo 0,8% in media nazionale.
La mancanza di considerazione pubblica del valore del lavoro e del sacrificio delle vittime degli infortuni e dei loro familiari sta rafforzando la convinzione che non si riesca ad andare oltre il cordoglio e la commozione momentanea.
Non può continuare così. Dov’è lo Stato? Dov’è la declamata responsabilità sociale delle imprese?
I porti continuano ad essere solidali con questo scenario nefasto.
La sicurezza - quale principio fondamentale dello Stato che si rinviene, tra l’altro, nel D.Lgs. 272/1999 - applicata o meno può essere un elemento che distorce la concorrenza sulla pelle dei lavoratori.
Bisogna che le norme, tutte, e i loro protocolli applicativi vengano seguiti.
Bisogna che venga emanato il decreto attuativo che aspettiamo da troppo tempo.
Bisogna che sia reso coattivo il coordinamento di tutti i soggetti preposti alla prevenzione per la sicurezza, inserendovi anche una rappresentanza coordinata dei r.l.s. che deve poter operare a tempo pieno in tutto l’ambito portuale.
Bisogna superare l’aleatorietà dei Comitati per l’igiene e la sicurezza.
Bisogna che le Autorità portuali si dotino del sufficiente numero di ispettori, che devono conoscere il lavoro portuale, assumendo
l’ispezione (sia per la sicurezza sia per controllare chi e come opera in porto) quale metodo costante di prevenzione e non sporadico o su chiamata per sanzionare raramente. Si tratta di un compito istituzionale primario. Le risorse necessarie sono rinvenibili nelle aumentate disponibilità finanziarie previste per le A.P.
Anche alle Autorità Marittime chiediamo il massimo sforzo per contribuire a garantire il lavoro, la salute, la vita nei porti da esse controllate.
Il fine primario non è la produzione; e questo vale per l’impresa quanto per il lavoratore. La spesa in sicurezza, prima che obbligatoria formalmente, dovrebbe essere considerata tale culturalmente, elemento strutturale che connota la qualità del fare impresa.
L’appuntamento di oggi deve essere l’inizio di una serie di attività specifiche e mirate che il porto e i lavoratori tutti ci chiedono da anni in tema di sicurezza.
CGIL ,CISL E UIL si auspicano che i decisori tutti assumano la massima responsabilità nell’attivare tutte quelle iniziative volte a far recepire ad ogni singolo lavoratore il valore essenziale della sicurezza nel lavoro e di conseguenza il grande valore della vita.