24/01/2005
La FISASCAT e la CISL scrivono all'arcivescovo di Cagliari per sensibilizzarlo sulla questione delle eccessive aperture domenicali e festive nel commercio.
Da diverso tempo nel territorio di Cagliari l'apertura dei "negozi" e dei grandi centri commerciali è totalmente liberalizzata. I lavoratori e il sindacato sostengono che la domenica non è un giorno di lavoro ordinario.
Il testo della lettera a firma Iride Manca e Fabrizio Carta:
Da diversi anni le aziende del settore commerciale, e in particolare quelle della grande distribuzione, sfruttando le deroghe della legislazione nazionale e regionale, hanno di fatto reso ordinaria l’apertura delle strutture di vendita nei giorni domenicali e festivi in genere.

Fino al 1998, l’apertura domenicale era consentita, in Sardegna, per il solo mese di dicembre e per il periodo estivo ( 15 aprile – 15 ottobre ) per le zone definite “turistiche”. Poi, con l’entrata in vigore della legge “Bersani”, è stata consentita, di fatto, l’apertura in ogni periodo dell’anno. Sono stati definiti turistici tutti i Comuni dove sono presenti centri commerciali di grandi dimensioni, in base ad accordi di programma tra i singoli Comuni e le aziende della grande distribuzione.

Ma se tutto ciò si concilia, forse, con le moderne esigenze del commercio, si concilia altrettanto con la qualità della vita dei lavoratori addetti ?

Occorre a nostro parere rivendicare una qualità di vita, strettamente legata ai tempi della città e del lavoro. La Regione e molte amministrazioni comunali devono capire che, per stabilire quali sono le città turistiche, non serve la liberalizzazione selvaggia dell’apertura degli esercizi commerciali, ma occorre agire sui trasporti, potenziandoli e non dimezzandoli così come accade normalmente nei giorni festivi, sulla fruibilità dei beni culturali, sui servizi pubblici e privati (comprese le scuole e gli asili per i figli delle lavoratrici madri), per venire incontro effettivamente alle esigenze dei turisti e dei residenti.

La CISL ritiene inaccettabile quella cultura neoliberista che scarica sul settore commerciale le esigenze di un modello consumistico di società, allargando in maniera esasperata gli orari dei negozi e le aperture domenicali e festive.

La negatività di tale cultura ha ripercussioni negative sugli operatori del commercio, settore nel quale non vi è solo la Grande distribuzione, ma anche miriadi di aziende piccole e piccolissime, nelle quali i lavoratori sono spesso privi di ogni tutela sindacale, il lavoro nero o grigio è la norma, i salari sono bassissimi, gli orari sono massacranti, gli straordinari non pagati e il lavoro domenicale e festivo, sono ormai un’abitudine consolidata.

Insomma, i lavoratori, spesso, sono costretti a subire in silenzio per non rischiare il licenziamento che, a fronte degli altissimi tassi di disoccupazione e in assenza di un serio sistema di ammortizzatori sociali, diventa uno spauracchio drammatico.
La CISL e la FISASCAT (la Federazione che rappresenta i lavoratori del terziario) vogliono ribadire che la Domenica non è e non deve diventare un giorno lavorativo ordinario, ma per quanto possibile, deve essere dedicato alla famiglia, agli interessi personali, religiosi, ricreativi, culturali. Le prestazioni domenicali devono essere l’eccezione e devono essere riservate ai servizi essenziali (ad esempio ospedali, ordine pubblico etc.), mentre vanno quindi contrastate con forza le indebite pressioni delle aziende per invertire questo rapporto.

Quel che è grave e inaccettabile è l’arroganza, con la quale alcuni Grandi Gruppi intendono costringere i lavoratori a prestazioni nei giorni festivi.
Così è accaduto, di recente, all’AUCHAN di Santa Gilla lo scorso mese di dicembre, quando l’azienda, in mancanza di volontarietà da parte dei dipendenti, ha pensato bene di precettare i lavoratori, disponendo d’ufficio e senza una seria consultazione, una giornata di riposo durante la settimana, per costringerli poi alla prestazione domenicale.

Solo la forte reazione del Sindacato e la protesta clamorosa dei lavoratori, scesi immediatamente in sciopero, hanno impedito l’attuazione del disegno aziendale.

Ma serve poi davvero al settore commerciale una politica di questo genere o è solo una risposta al modello di consumismo che la Società impone ? E’ davvero quello delle aperture infinite una politica che paga in termini di occupazione e di aumento del reddito ? O serve invece solo ad una precarizzazione del lavoro che poi è figlia delle leggi che hanno consentito la liberalizzazione degli orari ? Non è un caso se le forme di flessibilità del lavoro, nel settore del commercio, sono ben antecedenti alla legge 30.


Ma al di là delle considerazioni tecniche e politiche, che forse La possono annoiare, vogliamo, sia pure brevemente, riflettere con Sua Eccellenza sulle conseguenze che una simile società, basata sul consumismo e sull’arrivismo, determina sulla vita sociale delle persone.
Non esistono quasi più spazi per la famiglia che sempre di più va allo sfascio, alla disgregazione; mancano i momenti per stare insieme, confrontarsi, discutere; non c’è più la possibilità, per chi è credente, di partecipare all’attività delle parrocchie, neanche la domenica. Insomma, chi comanda è il dio denaro e l’importante è apparire e non essere. L’individualismo prevale e parole come l’altruismo e la solidarietà sembrano fuori dal tempo e dalla storia, salvo ritorni di facciata, con buonistiche maratone televisive. Dove sono andati a finire i talenti che ognuno di noi dovrebbe custodire gelosamente ? Si rischia veramente di andare verso il baratro sociale.

Ci permettiamo perciò, Eccellenza, di ricorrere al Suo alto Ministero, ben consapevoli di quanto Ella sia particolarmente sensibile e attento, rispetto all’istituzione familiare e alla sua unità, laddove si coltivano i valori della vita e ciò che veramente conta: il rispetto, l’onestà, l’amicizia, l’amore per i figli e per il prossimo.

Siamo convinti che Ella, con la sua autorevolezza morale e con la sensibilità che la contraddistingue, sin dal momento del suo insediamento nella città di Cagliari, possa intervenire rivolgendo un alto appello affinché simili comportamenti non si verifichino più e perché si cerchi, infine, di invertire una rotta sbagliata. Non è più sopportabile sottoporre una comunità ad un’organizzazione del lavoro fatta di ingiustizie, ricatti, annullamento dell’essere umano, per soddisfare esigenze di mero profitto, soprattutto quando gli enormi sacrifici richiesti alimentano, non tanto lo sviluppo economico e sociale della nostra terra, quanto invece implementano unicamente i profitti delle Multinazionali straniere, rendendole sempre più prepotenti.

Da parte nostra abbiamo esternato, in numerose occasioni, le nostre proteste anche all’assessorato regionale competente, manifestando la necessità di intervenire per modificare la normativa vigente, iniqua e penalizzante. L’occasione propizia può essere quella che, entro poche settimane, andrà varato il disegno di legge che disciplina le attività commerciali. Per quanto sappiamo, per ora nulla è stato fatto e le osservazioni inviate dal Sindacato sono rimaste lettera morta.

Noi pensiamo, invece, che solo attraverso un forte impegno da parte di tutte le forze sociali, culturali e religiose, si possa modificare la cultura dominante.

Siamo grati dell’attenzione che Ella vorrà dedicare a questo appello e siamo certi del Suo alto e significativo intervento, atto a migliorare la qualità della vita delle persone e delle famiglie.
Le inviamo i nostri più ferventi saluti.

Cagliari, 20 Gennaio 2005


IL SEGRETARIO GENERALE LA SEGRETARIA TERRITORIALE
U.S.T. CISL CAGLIARI FISASCAT CISL CAGLIARI
(FABRIZIO CARTA) (IRIDE MANCA)