Relazione del Segretario Generale Fabrizio Carta
Questo Consiglio generale è l’ultimo del 2007.
Prima di dare corso alla lettura della relazione, mi sembra opportuno e doveroso iniziare chiedendo un minuto di raccoglimento per i lavoratori deceduti nel terribile incidente sul lavoro, avvenuto, nei giorni scorsi, a Torino.
Ancora una volta i lavoratori e le loro famiglie pagano un prezzo altissimo. Durante il 2007, si è parlato tanto di infortuni sul lavoro. Anche nella nostra provincia ci sono stati diversi incidenti mortali. Ci sono delle precise responsabilità in capo alle aziende, che vanno individuate e sanzionate, ma il ripetersi di morti bianche deve interrogare ognuno di noi, perché siamo responsabili tutti per non aver fatto di più, per non esserci impegnati sul piano della sicurezza sul lavoro.
I Convegni, le piattaforme, gli incontri in Prefettura o presso la Confindustria sono necessari, ma si deve fare davvero qualcosa di straordinario se è vero, come è vero, che, nel terzo millennio, in una Nazione che si vanta di essere ai primi posti nel mondo per cultura e sviluppo si muore sul lavoro. Si muore nelle fabbriche, nonostante l’avanzamento della tecnologia, nonostante le normative, pure avanzate. Vale di più produrre senza sosta, piuttosto che la vita umana: e sappiamo quanto costino gli infortuni sul lavoro alla società, oltreché all’individuo.
Ma siamo in una società dove è più importante consumare, piuttosto che venire incontro alle esigenze dei lavoratori e dei pensionati e investire sull’occupazione. Vale di più la produttività piuttosto che la salvaguardia della vita umana.
Mi domando se sia giusto costruire una società basata solo sull’aumento della produzione all’infinito. C’è il rischio che lo sviluppo, se non è compatibile con l’ambiente, distruggerà il mondo e alla lunga comprometterà la qualità della vita.
C’era un articolo sulla “Repubblica” di venerdì scorso che se la prendeva contro coloro che criticano il consumismo. Diceva il giornalista che il consumismo è anche una sorta di conquista dei ceti deboli, una liberazione dalla povertà, perché ha consentito alle classi medio/basse di poter acquistare e consumare. Ma sappiamo che, se tutti i cittadini del mondo (cinesi, indiani, africani) consumassero quanto i popoli occidentali, il mondo si distruggerebbe. E allora ?
Possiamo pensare di fermare lo sviluppo in quelle nazioni ora in ritardo, conservando il benessere solo per noi, o sarà invece il caso di ridistribuire meglio le risorse mondiali, con un’attenta politica energetica e con una riduzione dei consumi superflui ?
Il discorso sarebbe lungo e noi dobbiamo parlare di quello che viviamo tutti i giorni. L’approfondimento sarà per la prossima occasione.
Quale ruolo può avere il Sindacato.
Abbiamo vissuto insieme, nel corso dell’anno, tante sfide, tante iniziative. Qualcuno dice che il Sindacato è in crisi, che non rappresenta più nessuno, che non è capace di intercettare i bisogni emergenti, quelli dei poveri, dei giovani, delle donne, degli immigrati. Insomma, secondo qualcuno, il sindacato si è allontanato dalle aziende, per cercare un ruolo politico che mal gli si addice.
Ebbene, molte critiche sono giuste, dobbiamo ascoltarle, l’abbiamo fatto anche nella nostra assemblea organizzativa (da quella territoriale del 5 luglio a quella regionale e nazionale e poi ognuno nelle sue categorie). Ma possiamo partire dalla constatazione che il sindacato, che pure si deve aggiornare nella sua organizzazione, è però vivo, è una realtà pulsante nella società moderna.
Se così non fosse, non saremmo stati in grado di mobilitare cinque milioni di lavoratori, pensionati, disoccupati nella tornata di votazioni per l’accordo sul Welfare, dei quali ben 30000 a Cagliari e oltre 8000 nel Medio Campidano.
E’ stata una grande prova di partecipazione e di interesse anche perché il voto è stato preceduto da centinaia e migliaia di assemblee informative, accese, con forti discussioni, ma che hanno dimostrato che quando si parla ai nostri associati, ai pensionati, ai lavoratori con serietà e spiegando bene i propri valori e le proprie idee e si presentano con onestà intellettuale, senza trionfalismi ma senza catastrofismi, i risultati raggiunti, la “Gente” capisce e ci dà il consenso. Ciò è tanto più importante, perché l’accordo, il protocollo rappresenta una vittoria della Cisl, una vittoria del metodo concertativo, un successo anche per l’autonomia del Sindacato e per la Cisl in particolare.
La Cisl è un sindacato autonomo e pluralista e il suo modello è vincente è un esempio per tutti. Si firmano gli accordi con le controparti e con il Governo se i contenuti sono accettabili, se i risultati raggiunti sono positivi per i nostri rappresentati, a prescindere dal colore politico dei Governi, delle Giunte, dei Sindaci.
Se non ci sono risposte, il sindacato, a costo di essere considerato all’antica, protesta, sciopera, manifesta, scende in piazza, come è avvenuto il 1° dicembre del 2007 o, come avvenuto due anni fa il 1° dicembre del 2005.
Le manifestazioni regionali
Voglio fare un parallelo tra queste due manifestazioni. Quella del 2005 a Roma, sotto la pioggia battente, per rivendicare nei confronti dello Stato una diversa ripartizione delle entrate fiscali, a fianco del Presidente Soru, e quella della settimana scorsa, bellissima, colorata con tante bandiere Cisl, critica ma non rassegnata (hanno i scritto i giornali) per rivendicare al Governo, ma anche alla Giunta regionale una maggiore attenzione nei confronti del lavoro, dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati.
Anche nella manifestazione di quest’anno c’erano tante fasce tricolori di sindaci, ma va riconosciuto anche in questa occasione un ruolo importante alla Cisl che, con pazienza e tenacia, ha saputo unire e non dividere, per raggiungere gli obiettivi che devono e possono essere centrati per rilanciare lo sviluppo e l’occupazione.
Ambedue sono iniziative fatte di sabato (che perciò valgono doppie) riuscite per merito dell’impegno di tutti voi e dei delegati e che denotano l’autonomia del Sindacato e della Cisl, in particolare: il sindacato è vivo e rappresenta una larga parte della società sarda. Basta del resto frequentare le nostre sedi per vedere il numero delle persone che vengono in sindacato e che chiedono risposte. E’ una grande sfida ed anche un grande impegno per tutti noi quello di rispondere alle migliaia di lavoratori e pensionati e di cittadini che si rivolgono a noi, che può dare però tante soddisfazioni, pur in mezzo a mille difficoltà e alle tante crisi che attraversano la Sardegna e le nostre Province.
Qualcuno vorrebbe ricacciarci solo dentro le aziende. Ma possiamo tutelare bene i lavoratori quando solo 6 milioni di lavoratori dipendenti (su un totale di oltre 15 milioni) lavorano in aziende al di sotto dei 15 dipendenti, se non siamo presenti anche fuori dalle aziende ?
Le crisi del territorio
Va rilanciato il confronto con lo Stato centrale e con la Regione Sarda, ma va anche ripreso un confronto sindacale a livello europeo, se non mondiale.
Alcune problematiche vissute dal nostro territorio dipendono infatti dalla globalizzazione non governata. Basti pensare alla chiusura dell’UNILEVER voluta dalla Multinazionale olandese e quindi da scelte che partono da un livello ben più alto di quello regionale, o, per altri versi, dall’annunciata crisi del Porto Container di Cagliari che, dopo un’iniziale positivo sviluppo dei traffici, ora langue. Sono a rischio quelle poche centinaia di posti di lavoro creati (una goccia rispetto alla potenzialità reale) perché poteri forti, internazionali, scelte strategiche di operatori mondiali (quali la Maersk proprietaria di una parte del pacchetto azionario della CICT) fanno transitare i container in altri porti del Mediterraneo. Dopo un’attesa di vent’anni, c’è il rischio di ulteriori sofferenze per il lavoro nel porto.
Sono solo due esempi, ma che ci dicono di una realtà complessa da affrontare non chiudendosi in se stessi, ma cercando l’apporto del livello nazionale, per evitare che le scelte passino sopra la nostra testa.
L’industria
Da tempo, all’interno del movimento sindacale, ma, più in generale, nell’ambito del mondo produttivo isolano e cagliaritano, si sta affermando quella concezione che vede nello sviluppo dell’industria uno dei perni sul quale impiantare uno sviluppo di qualità che crei investimenti, occupazione e ricchezza da distribuire.
Se infatti si paragonano i tassi di occupazione industriale in Sardegna, con quelli del resto delle regioni italiane, con particolare riferimento a quelle del centro nord, più ricche, si può notare uno scostamento notevole a tutto svantaggio della Sardegna e della provincia cagliaritana. Fatta cento l’occupazione in generale, nelle regioni più evolute, l’occupazione nell’industria arriva al 30%, mentre in Sardegna ci si attesta su una percentuale del 22%, con un dato in calo costante negli ultimi anni. Altrettanto si può dire per il prodotto del settore industriale. I numeri per la provincia di Cagliari non si discostano di molto da quelli regionali.
Insomma, senza voler trascurare il potenziamento del turismo, dei servizi, almeno di quelli innovativi, tuttavia per far crescere la Sardegna e Cagliari non si può trascurare di sostenere lo sviluppo industriale.
Ma, si potrebbe obiettare, lo sviluppo dell’industria è compatibile con il rispetto dell’ambiente ? E questa impostazione che caratterizza tante rivendicazioni del sindacato, anche nelle recenti vertenze (vedi tavolo di Palazzo Chigi per il rilancio dell’industria) è condivisa dall’opinione pubblica e dalla generalità del popolo sardo. ?
Che la domanda non sia oziosa, l’hanno dimostrato alcuni recenti episodi, quali la campagna di stampa (negativa), appoggiata da alcuni politici locali, nei confronti dell’attività della raffineria della SARAS, o, ancora, la vittoria dei NO al recente referendum sui fumi di acciaeria , se pure non ha raggiunto il quorum, ma anche le recenti critiche all’utilizzo del carbone Sulcis da parte degli ecologisti, hanno dimostrato che i sardi vedono con sospetto un certo sviluppo industriale.
Noi, è bene dirlo con chiarezza, siamo per uno sviluppo sostenibile, caratterizzato da forme di certificazione e fondato sul rispetto dell’ambiente.
A questo proposito abbiamo iniziato un confronto con la Provincia, la Confindustria e i comuni interessati delle aree industriali, per raggiungere la Certificazione Emas dell’Area industriale di Sarroch.
Occorre dunque fare cultura e far capire alla Regione, al Governo nazionale, all’Unione Europea, ma anche all’opinione pubblica, che la strada dello sviluppo passa necessariamente attraverso un rilancio dell’industria, a partire da quella esistente, che non deve però essere assistita, e da intraprese moderne, non inquinanti, rispettose della maggiore ricchezza della Sardegna che è l’ambiente.
Lo sviluppo dell’industria nell’area cagliaritana è certamente influenzato dai problemi più generali che, se risolti, potrebbero dare nuova linfa al tessuto produttivo cagliaritano che, pure, ha delle aree industriali pregiate e appetibili. La riduzione dell’alto costo dell’energia, il rilancio dell’accordo di programma sulla chimica, lo sviluppo della rete dei porti, con particolare riferimento al porto container, che vive una fase di stallo, potrebbero essere i provvedimenti che vanno in questo senso.
Anche nell’anno 2007, l’attività della SARAS raffinerie vede occupati migliaia di lavoratori, diretti e nell’indotto, con un forte aumento in concomitanza con le fermate. Vi è però, anche qui, la necessità per il sistema delle imprese di appalto (specie metalmeccaniche) di consorziarsi per fare massa critica in occasione dei grandi appalti, per evitare l’esposizione all’assegnazione a ribasso per via di grandi concorrenti Nazionali e Internazionali e per far crescere le professionalità locali: spesso si è costretti a ricorrere a lavoratori di altre regioni, per non essere riusciti a formare le adeguate professionalità. Certo la Saras ha occupato, da anni, una grande porzione di territorio, tolta di fatto al turismo, ma, dall’altro lato, vi sono benefici notevoli per l’occupazione del territorio, anche se non ciò non deve trascurare un controllo attento del rispetto dell’ambiente.
A Cagliari però, si registrano diverse crisi aziendali di grande rilevanza.
Basti pensare ancora all’UNILEVER (ai lavoratori asserragliati in fabbrica va la nostra solidarietà), fabbrica di proprietà di una multinazionale, all’avanguardia nell’organizzazione e nella produttività e nella quale si è sempre applicata una flessibilità rispondente alle esigenze produttive dell’azienda, che ora chiude, per scelte internazionali, difficili da contrastare e senza che alcun imprenditore sardo riesca a rilevare lo stabilimento, mantenere la produzione e salvare i posti di lavoro. Cagliari perde una fabbrica di eccellenza e rischiano il posto circa 200 lavoratori con alta professionalità e competenza.
Ma, anche altre aziende di qualità, quali la Vitrociset, hanno abbandonato il territorio di Cagliari., mentre languono gli investimenti nel settore delle costruzioni.
Mentre la Syndial è in attesa di perfezionare l’intesa di cessione dello stabilimento al Gruppo Ineos-Evc, strettamente legata agli accordi bilaterali per l’abbattimento del costo energia con Enel ed Endesa che sembrerebbe in fase di definizione.
Questo accordo dovrebbe permettere allo stabilimento di riorganizzarsi in termini industriali per produrre a pieno ritmo Dicloretano per tutta la filiera produttiva, Portotorres e Porto Marghera.
Alla Mineraria Silius, oggi già ricostituita Fluorite di Silius, dopo aver riassunto gran parte del personale, si aspetta la definizione del nuovo piano industriale per il completo sfruttamento della Miniera, tenendo conto del momento favorevole del prezzo della Fluorite a livello Mondiale.
In questo caso, la Regione deve imprimere una accelerazione e sbloccare le risorse finanziare indispensabili per un rilancio definitivo, essendo la stessa, anche l’unica realtà produttiva del Gerrei.
Altra priorità sono le aziende manifatturiere nel settore delle ceramiche.
Anch’esse soffrono degli alti costi dell’energia, ed utilizzando prevalentemente quella ti tipo Termica, gasolio, Gpl, il de minimis a loro riconosciuto, non le mette al riparo da logiche di mercato, di tipo internazionale, penalizzandole sul piano della competizione per via dell’assenza del Metano in Sardegna.
Bisogna quindi attirare nuovi investimenti e lo si può fare in due modi: o offrendo incentivi come in passato, ma sappiamo che questa strada apre le porte spesso a imprenditori prenditori dal mordi e fuggi e che lasciano poco sul territorio o, migliorando la qualità delle infrastrutture. Naturalmente bisogna risolvere il problema dell’energia, attingendo anche alle fonti rinnovabili, all’eolico e sfruttando il prossimo gasdotto, sperando che la data prevista del 2012, sia rispettata.
Si deve però puntare sul miglioramento delle infrastrutture: per raggiungere la zona industriale di Sarroch e, per certi versi, anche quella di Assemini, occorre un tempo infinito e che non è compatibile con un moderno sistema industriale e bisogna accelerare gli investimenti in questo settore. Le strade devono essere messe in condizioni di reggere il traffico pesante e dare scorrevolezza e sicurezza.
E’ importante anche investire nello sviluppo del retro porto, perché oggi le merci che arrivano sui container non vengono lavorate, non esistendo una piattaforma logistica né un collegamento intermodale che diano valore aggiunto al traffico che arriva dalle navi madri. E, data la stasi se non il regresso del porto storico di Cagliari, occorre chieder con forza l’inserimento della Sardegna nelle rotte delle autostrade del mare, dalle quali siamo esclusi, che potrebbero evitare il fenomeno delle merci, dirette al Sud Sardegna, che sbarcano ad Olbia e, caricate sui TIR, intasano la già malandatissima Carlo Felice. Per questo il sindacato chiede un accordo di programma quadro da inserire nell’intesa istituzionale di programma.
In sintesi, la strategia per un miglior futuro potrebbe essere questa: rendere concreti gli investimenti necessari per dare qualità alle infrastrutture e rendere le aree industriali e il territorio appetibili per nuove intraprese industriali. Questo processo, localizzato nella provincia di Cagliari, unito alla risoluzione dei grandi problemi enunciati (energia, trasporti etc.) può risultare un’arma vincente.
Con un’avvertenza, non ci può essere sviluppo armonico, se non c’è il rispetto per la qualità del lavoro e per la sicurezza. Troppe le morti e gli infortuni sul lavoro che si registrano anche nel 2007 e che rappresentano, oltre che un’intollerabile perdita di vite umane, una sconfitta ed un grande prezzo pagato da tutti noi e dalla società intera.
In sintesi si allo sviluppo industriale che porti occupazione di qualità ma che sia rispettoso dell’ambiente e della vita umana.
Le tante vertenze
La manifestazione di sabato scorso ha fatto emergere le tante emergenze regionali, ma anche le tante crisi nella provincia di Cagliari e del Medio Campidano.
Non è ozioso ricordarle e quasi tutte si innestano nel filone regionale.
Tutti i settori ne sono interessati, anche quelli che un volta sembravano fuori da ogni possibile pericolo.
Non si intravede alcuna soluzione per i lavoratori della Scaini che continuano a percorrere il loro calvario, con vaghe speranze di ricollocazione e con una mobilità in deroga che si assottiglia sempre più.
Ma c’è poi tutto il settore degli appalti da quello delle pulizie della Regione, a quello degli stabilimenti militari a quello dell’aeroporto (che cresce di traffici, ma riduce gli importi degli appalti e di fatto licenzia), a quello dei servizi postali, con rischio licenziamento dei dipendenti della Sardarecapiti, al problema delle Case di cura private che vedono ridurre le risorse a disposizione, messe a disposizione dalla Regione, e sono costrette a licenziamenti o a dolorose riconversioni, ai 42 lavoratori della Multiservizi ostaggio dei palleggiamenti di responsabilità tra Comune di Cagliari e Regione Sarda.
Vi sono poi le annose vertenze della formazione professionale che stenta ad essere risolta e che ha costretto i lavoratori a forme di protesta estreme, quali lo sciopero della fame.
Ora c’è l’impegno dei capigruppo a prevedere, in finanziaria, una proroga della L. 42, mentre non decollano le assunzioni dei lavoratori nei Comuni e nelle Province, anche a causa di una normativa a volte lacunosa e a volte non ben applicata.
Tutto ciò a fronte di un mancato rilancio del sistema Formazione Professionale: si parla tanto di formazione continua, mancano in alcuni casi, (nella zona industria) i saldatori) figure professionali e le imprese sono costrette a ricorrere a manodopera di fuori, ma la Formazione langue.
Una recente ricerca della Provincia di Cagliari certifica che è più facile trovare lavoro per i disoccupati che non hanno qualificazione piuttosto per chi ha lauree e diplomi e questo la dice lunga sulla qualità del lavoro che si trova in Sardegna e nelle nostre province del Sud Sardegna.
Si pensi anche al Geoparco, esempio di stabilizzazione di LSU basato sul nulla e che, di fatto, senza alcuna loro colpa sono rimasti ancora tali (LSU). Oppure ai lavoratori di Ecoserdiana che, pur operando in un settore dove si dovrebbe creare occupazione, rischiano di andare a casa a causa di mancate scelte della Regione e della Provincia.
Pensiamo però anche alle centinaia di lavoratori di quelle aziende che, a causa delle riforme regionali, stanno per chiudere e ancora non ne è certo l’assorbimento nei ruoli della Regione che ne è proprietaria in alcuni casi al 100%, quali Progemisa, Bic Sardegna, Osservatorio economico, oppure ai lavoratori di Sviluppo Italia.
Molte di queste vertenze sono regionali, ma colpiscono lavoratori del nostro territorio.
Ma Cagliari è interessata non solo per le piccole o grandi vertenze del territorio, ma anche per le grandi questioni, ancora in sospeso con la Regione e con il Governo:
la realizzazione dell'accordo sulla chimica e sull'energia, il completamento dei lavori per il Porto Canale, l'applicazione alla Sardegna delle rotte delle autostrade del mare, la realizzazione e il completamento del sistema viario della provincia (SS.554, 125, 131, 195), la riforma dei servizi per l'impiego e della formazione non possono rimanere eternamente in sospeso, pena il mancato sviluppo che non può che tradursi, in un mondo in cui tutto si muove velocemente, in un regresso che inciderà negativamente anche sull'occupazione.
Dati sull’occupazione
Tutto ciò avviene, nonostante le conferenze stampa della Regione, trionfalistiche e imbastite sui dati ISTAT dell'occupazione. E’ vero che diminuisce il tasso di disoccupazione (teorico, basti ricordare che si considera occupato chi ha lavorato per un'ora la settimana precedente alla rilevazione statistica) ma diminuisce il tasso di attività e aumenta lo scoraggiamento nel cercare occupazione mente i dati sull'occupazione femminile, in Sardegna e a Cagliari, sono ben lontani dai parametri nazionali. Quest’ultimo dato è ancora più negativo, se si considera che la percentuale dell’occupazione nel settore dei servizi, in Sardegna e anche in provincia di Cagliari (vecchia e nuova) si attesta sul 75% ed è noto che in quel settore l’indice di occupazione femminile è certamente superiore a quello dell’industria. Mi pare che il discorso sull’occupazione assomigli stranamente a quello sull’inflazione: esistono i dati ufficiali, statistici, ma esiste l’inflazione percepita, quella reale che si tocca con mano quando si va fare la spesa, ed esiste la disoccupazione, quella che si presenta con il volto di tanti giovani, donne che cercano e non trovano lavoro o sono costretti ad emigrare e anche di tanti lavoratori che lo perdono e non riescono ad essere reintegrati nel lavoro.
La manifestazione ha rappresentato perciò un segnale forte nei confronti della Giunta regionale Sarda, perché accettando il dialogo e ripristinando la concertazione, vari una Finanziaria orientata a sviluppare lavoro e occupazione e a ridurre i gap storici che hanno penalizzato la Sardegna, nei trasporti, nell'energia, nell'efficienza della pubblica amministrazione, nei servizi di formazione continua e di orientamento al lavoro, nella garanzia di standard di qualità dell'assistenza e della sanità. La trattativa è in corso ed i risultati saranno apprezzati nella loro concretezza.
Oggi c’è la conferenza stampa di CGIL CISL UIL che presentano i punti della proposta sindacale che non è centrata, tutta, come dice Soru sulla formazione professionale.
In sintesi: Incentivi alle imprese, politiche del lavoro, emendamenti sul personale delle partecipate, il finanziamento della legge 20, prevedendo interventi anche sulla sicurezza sui posti di lavoro, la formazione professionale, le politiche abitative, la stabilizzazione dei precari dell’Ente Foreste, provvedimenti concernenti i lavoratori di Sviluppo Italia e degli ex ESAF, confluiti in Abbanoa, il fondo per la non autosufficienza, la gradazione, per i redditi più bassi, dell’addizionale regionale, l’applicazione dei pacchetti integrati agevolativi anche al di fuori della progettazione integrata, vincolo ad alcuni parametri (di occupazione etc. ) per la riduzione dell’IRAP alle imprese.
Ma anche il Governo, pur apprezzabile nell'accordo sul Welfare, spesso è tuttavia latitante rispetto alle esigenze dei sardi. L'incontro con il Governo di luglio scorso sulla crisi dell'industria sarda, poi replicato a settembre, non ha registrato nessun concreto passo in avanti. Ed è assolutamente insufficiente il livello di confronto, previsto per il 13 prossimo.
Occorre dare risposte problemi dei lavoratori e dei pensionati sardi, alla crisi dell'occupazione, specie giovanile, e alla scarsa qualità del lavoro che non corrisponde alle professionalità acquisite con lo studio universitario.
Dobbiamo dare risposte a queste crisi drammatiche, vissute tutti i giorni, al dramma delle povertà, ingenerata da salari che non crescono adeguatamente in relazione all’inflazione che di nuovo aumenta ed al costo dei mutui che incide per diverse centinaia di euro all’anno, se non al mese.
L’accordo sul Welfare costituisce un punto di partenza importante perché introduce elementi per la creazione di un sistema di protezione sociale e di ammortizzatori sociali adeguati, dà una prima risposta alla tutela delle pensioni, comprese quelle dei giovani, per la prima volta tratta la tematica del lavoro dei giovani, affronta il nodo del rapporto tra generazioni. Ma il sindacato non finisce con l’accordo di luglio e per questo il sindacato deve incalzare Governo e Imprenditori perché si attui una diversa ripartizione della ricchezza, se è vero, come dice anche il Governatore della Banca d’Italia, che i salari e le pensioni sono troppo bassi.
Il sindacato confederale ha predisposto una piattaforma sul fisco, che avete in cartella, e minaccia uno sciopero generale se non si rinnovano i contratti e se non si riduce il peso dell’imposizione fiscale su salari e pensioni.
Per far questo occorre combattere il fenomeno dell’evasione fiscale, affrontare con ancora maggiore decisione il problema dell’emersione dal lavoro nero e grigio, i cui risultati a livello provinciale appaiono deludenti, rivendicare risorse adeguate per le politiche sociali, a partire dal fondo per la non autosufficienza e dall’applicazione corretta dei PLUS, che devono tendere a realizzare risparmi di risorse da destinare alla qualità dei servizi socio sanitari e all’integrazione dei servizi tra i diversi comuni della Sardegna.
Comune di Cagliari
Il problema della tenuta dei redditi da lavoro dipendente e da pensione è però strettamente collegato con il tema della fiscalità locale. Si è inteso il problema del federalismo fiscale, nel senso di aggiungere alla tassazione nazionale, la tassazione locale. A volte, si sono ridotte le aliquote fiscali a livello nazionale in maniera indiscriminata, favorendo gli evasori, e costringendo il sistema degli enti locali ad aumentare magari l’addizionale IRPEF o l’ICI o la TARSU.
Insomma, la riduzione del trasferimento delle risorse dallo Stato ai Comuni ha determinato un aumento dell’imposizione fiscale sul cittadino, con gravi ripercussioni sul tenore di vita dei ceti più deboli e senza che gli aumenti incidano, in modo significativo, sulla qualità dei servizi offerti (servizi sociali, nettezza urbana, trasporto pubblico locale).
Su questi aspetti, sono stati aperti alcuni tavoli di confronto con alcuni Comuni, l’anno scorso, ma da considerare ancora interlocutori. Quest’anno occorre affrontare la tematica in modo preventivo. Si pensi a quanto accaduto al Comune di Cagliari, dove la TARSU è aumentata di oltre il 20%, senza alcun miglioramento del servizio che anzi è sempre più scadente e senza che si potesse aprire alcun dialogo con l’amministrazione comunale di Cagliari che predilige i grandi tavoli comuni (con centinaia di partecipanti come ai tavoli del piano strategico – in ciò imitando la Giunta Regionale Sarda), ma sfuggendo ad un tavolo di concertazione diretto. E così sulla TARSU e sulle tariffe il Comune, nonostante i proclami che la concertazione era alla base del suo programma, non ha raccolto la nostra protesta ed ha aumentato sensibilmente le aliquote per i cittadini e anche per le imprese.
Ma così avviene anche per il tavolo di concertazione delle politiche sociali che, inaugurato due anni fa, in concomitanza dell’assessorato alle politiche sociali di Angelo Vargiu, è stato messo nel dimenticatoio. Fatto che ha determinato la definizione del PLUS (piano unitario locale socio sanitario) senza alcun coinvolgimento delle organizzazioni sindacali.
Ma il Comune di Cagliari appare incerto anche nella definizione dei ruoli della società Multiservizi, diventata a totale partecipazione pubblica, che, lungi dal decollare, in realtà ha aperto una procedura di mobilità nei confronti di 22 dipendenti, impegnati nella lettura dei contatori dell’acqua.
Noi riteniamo che si debba premere sul Comune di Cagliari perché sia ripristinato un tavolo con CGIL CISL UIL e non solo sulle politiche sociali, ma su quelle tariffarie e sulle tematiche del lavoro.
LA CISL DI CAGLIARI
Nel corso dell’ultimo anno, abbiamo cercato di realizzare il programma che c’eravamo proposti: ci siamo riuniti spesso, abbiamo svolto l’attività formativa sulle vertenze ed abbiamo organizzato altre due giornate di formazione, con la partecipazione di circa trenta giovani delegati, sul mercato del lavoro e sulla qualità dell’occupazione.
Abbiamo aperto e reso funzionante lo sportello informatico, rafforzato il servizio dell’INAS per l’immigrazione, attraverso un comando dalla UST, rimpolpato l’Ufficio Vertenze, con l’assunzione di un dipendente a tempo parziale. Abbiamo convocato spesso l’esecutivo in sedute di formazione e di informazione (vedi 2 agosto sull’accordo del Welfare o per discutere dei rapporti tra stampa e sindacato.) Diverse volte si è riunito anche il coordinamento del Medio Campidano. Abbiamo svolto un’intensa attività unitaria sia nel Medio Campidano che nel Cagliaritano. Basti ricordare l’assemblea dei quadri e delegati del Medio Campidano di febbraio, quelle dei delegati di Cagliari del 16 marzo, l’assemblea unitaria sulla sicurezza del 30 maggio. Abbiamo registrato e partecipato all’importantissima mobilitazione regionale dei pensionati e abbiamo celebrato l’assemblea organizzativa del 5 luglio. Ai lavori del Consiglio generale di aprile scorso, ha preso parte il segretario aggiunto Baretta. L’impegno della segreteria e di quasi tutte le Federazioni nell’organizzazione delle assemblee e nel successivo referendum e nella partecipazione straordinaria nella manifestazione di dicembre, dimostra che non abbiamo potuto dormire, neanche se avessimo voluto. E cito solo le iniziative straordinarie, per non parlare dell’attività di routine.
Di questo impegno dobbiamo dare atto a tutta l’organizzazione.
E solo quest’impegno e non aiuti esterni che ci hanno consentito di ottenere buoni risultati nelle elezioni delle RSU. Siamo il primo sindacato, anche a Cagliari, nel pubblico impiego, sommando i dati dei Regionali a quelli dei dipendenti della sanità, dei ministeri, delle agenzie fiscali, del parastato, degli enti locali. Si sono ottenuti risultati significativi in alcuni grandi Comuni, come quello di Cagliari, sono aumentate le liste presentate nel sistema degli enti locali, vi è stato un consistente recupero percentuale nella sanità, con il primato nella ASL 8, mentre agenzie fiscali, parastato e ministeri confermano, sia pure con qualche difficoltà all’INPS di Cagliari, la posizione.
Ma anche all’Università di Cagliari la Cisl aumenta in voti e seggi e si è riusciti a centrare la difficile impresa di eleggere un rappresentante Cisl all’interno del Comitato Portuale. Infine al Teatro Lirico la Cisl si conferma prima tra i confederali.
Nel 2007, tenendo conto che i dati in cartella non sono definitivi, si conferma e si supera il dato del 2006 e dalla scomposizione dei dati, si nota che la Cisl cresce anche nel Medio Campidano.
Ora si deve trasformare questo consenso, questo potenziale in aumento anche dei tesserati, dando corso a percorsi di formazione dei delegati eletti nelle liste Cisl.
I programmi futuri - Cosa ci si propone di fare:
Dal punto di vista politico:
· Attivare tavoli di confronto con il Comune di Cagliari e con gli altri, almeno quelli più grandi, su tariffe, politiche sociali, piano per il lavoro.
· Proseguire nel confronto con la Confindustria sia per lo sviluppo, con il tavolo di Governance, sia per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro.
· Partecipare con nostre proposte sia alla realizzazione dei PLUS che al piano strategico del Comune di Cagliari.
· Riaprire il confronto con le Province di Cagliari e del Medio Campidano sulle politiche di sviluppo e sui servizi, con particolare riguardo ai servizi per l’impiego e ai piani formativi provinciali.
Dal punto di vista organizzativo
· La realizzazione di un momento formativo per i quadri e delegati del Medio Campidano con la ripetizione riservata a quadri di questo territorio del primo modulo già realizzato per Cagliari sulla storia della Cisl e sull’organizzazione, invitando anche un segretario confederale nazionale.
· La prosecuzione del percorso formativo, già iniziato, con due moduli (sulla Comunicazione e sulle politiche sociali).
· L’integrazione della segreteria con la componente femminile, in ottemperanza del regolamento approvato ad aprile e alle circolari nazionali e regionali.
· Un’integrazione ed uno sviluppo dello sportello informatico, affiancandovi uno sportello Club giovani Alai.
· Un rafforzamento e, soprattutto, un’integrazione dei servizi, con il coinvolgimento ed un raccordo tra le diverse associazioni, per la contiguità ormai esistente tra i diversi settori.
· Una politica sindacale che metta insieme l’esperienza e la capacità dei pensionati e del loro sistema di presenza capillare con quello delle categorie attive.
· L’avvio della costruzione di un quadro dirigente del Medio Campidano.
TESSERAMENTO
Il tesseramento chiude con 1200 tessere in più rispetto al 2006. Tale bilancio è suscettibile di qualche piccolo miglioramento, perché ancora qualche categoria deve aggiornare la situazione. Si registra un aumento del 3% complessivo tra Cagliari e Medio Campidano, ma il dato, pur positivo, deve essere considerato non ottimale, se si tiene conto che nella nostra UST sono entrati 17 comuni nuovi che hanno portato, con la FNP in particolare, oltre 1000 iscritti in più. Quindi si può parlare di risultato stazionario.
Va dunque messa una ancora maggiore attenzione al tesseramento che costituisce non solo il termometro del consenso che riusciamo ad avere con le politiche sindacali, ma anche l’unica fonte di finanziamento. Vi sono aree nelle quali si può crescere: trasporti (specie aeroporto e porto), telecomunicazioni (nei call center), ma anche nell’area del pubblico impiego che perde 181 iscritti, Consiglio Generale del 12 dicembre 2007anche per effetto dei passaggi dall’area pubblica a quella privata dell’Esaf, senza che crescano nel settore di arrivo.
Da registrare con soddisfazione gli aumenti dei postali, dei metalmeccanici, degli edili, dei bancari. In generale, ritengo che con più sinergie tra Federazioni e Ust si possa arrivare ad avere un risultato ancora migliore.
Per raggiungere i risultati prefissi è necessario però che la costruzione delle iniziative e la condivisione della linea politica portata avanti da questa segreteria, avvenga attraverso la partecipazione e il contributo dell’esecutivo e di tutto il consiglio.