15/01/2008
Incontro Università di Cagliari - Parti sociali: l'intervento della Cisl di Cagliari
Si è svolto oggi un incontro. peraltro previsto dalla legge, durante il quale il rettore dell'Università di Cagliari, ha illustrato alle parti sociali (presenti confindustria, crel, cgil, cisl,uil, confsal), le strategie dell'ateneo cagliaritano per la didattica.
All'iniziativa hanno partecipato anche numerosi presidi delle diverse facoltà. La Cisl confederale, anche ocn il contributo della categoria, ha elaborato un documento che è stato ampiamente riassunto nella mattinata ed è stato poi inviato al Rettore.
Testo dell'intervento:
Sull’università, dicono diversi studiosi, si gioca il futuro di una Nazione. Quindi riportando la massima, si dovrebbe dire sull’università di Cagliari si gioca il destino di una Regione, come la Sardegna e di una città metropolitana, come Cagliari.
Il sindacato confederale di Cagliari mette tra i primi obiettivi quello di avere un’Università di qualità che, intanto dia risposte in termini culturali (sia dal lato scientifico che da quello umanistico) ai nostri giovani, perché acquisire una cultura è essenziale anche per il mondo del lavoro. Un’Università che non sia chiusa in se stessa ma che attragga studenti e fruitori anche da altre parti del mondo e dell’Europa.
E’ positivo che i nostri giovani, anche grazie ai contributi delle istituzioni universitarie, vadano all’estero a studiare e perfezionarsi: in questo modo si acquisiscono importanti esperienze umane e culturali molto utili per la crescita professionale. Il problema è che poi il ritorno non è possibile, perché le aspettative e, perché no, le ambizioni coltivate non trovano soddisfazione nella nostra Regione.
Noi diciamo sempre ai nostri figli e ai nostri giovani di studiare, di iscriversi all’università, di laurearsi: questo è giusto, ma abbiamo una terribile responsabilità, perché se poi la società nel suo insieme non riesce a creare quei posti di lavoro di qualità, corrispondenti al livello del titolo di studio conseguito o, comunque, al livello di professionalità spendibile sul mercato, creiamo fortissime disillusioni e crisi anche esistenziali in chi si è impegnato.
Per questo, il decentramento dell’Università nella periferia della Regione non può essere visto solo come il modo attraverso il quale i giovani (per es. nuoresi o iglesienti) studiano a 10 metri da casa loro. Ma, questo percorso può essere valido solo se quell’università decentrata diventa polo di eccellenza e di attrazione per residenti e non residenti, per italiani e non italiani. Altrimenti diventa fonte di sprechi e di particolarismi locali.
E’ quindi necessario, a nostro avviso, che l’Università si colleghi alla società esterna, alla società civile, alle forze sociali e imprenditoriali, che il mondo della ricerca non sia fine a se stesso, ma produca risultati e faccia crescere le opportunità di lavoro e di sviluppo di qualità.
C’è quindi un problema di quantità di laureati (la Sardegna è sicuramente deficitaria in questo senso, se paragonata alle altre regioni e alle altre nazioni europee), c’è un problema di qualità, se sono vere le statistiche che ogni tanto si leggono e che mettono le facoltà sarde agli ultimi posti della graduatoria, c’è un problema di scarso interesse da parte del sistema degli enti locali. Leggendo il bilancio, ci si accorge che la Regione Sarda, che giustamente mette al centro della sua azione, la costruzione della società della conoscenza, non mi pare metta una grande quantità di risorse (il 10%) e, soprattutto, mi pare che vi sia un disinteresse del sistema degli Enti locali. Stupisce notare che la Provincia, la città di Cagliari o altre cittadine dell’hinterland, che pure dovrebbero avere forti interessi, anche economici, nello sviluppo dell’Università cagliaritana, non partecipino attivamente in termini di partecipazione finanziaria almeno su progetti condivisi. Eppure un grande numero di studenti vive e spende, soprattutto con gli affitti – spesso in nero – purtroppo, nel capoluogo e negli altri comuni limitrofi.
E’ importante cercare di acquisire la maggior quantità di risorse, anche perché studiare o meglio far studiare un giovane sta diventando nuovamente un costo enorme, a volte insopportabile, per una famiglia media di operai, impiegati o pensionati, dato il livello bassissimo delle retribuzioni e delle pensioni, specie in Sardegna e il fatto che la maggiore parte delle famiglie è monoreddito. Non si tratta di aumentare solo il numero degli studenti, ma si tratta di agevolare i più meritevoli, provenienti dai ceti meno abbienti, se non vogliamo perpetuare una società di tipo medievale. Circa le tasse per gli studenti, l’eventuale aumento deve essere collegato a miglioramenti qualitativi dei servizi offerti, ma anche con una graduazione che non penalizzi chi veramente ha bisogno e ipotizzando controlli veri sul reddito dichiarato.
Per tornare al ragionamento di prima, alcuni dati che ho letto, sia pure velocemente, all’interno del materiale consegnatoci venerdì scorso, riguardanti l’accesso al mercato del lavoro, mi sembra che parlino di un fallimento sostanziale dei corsi di laurea triennali. Le percentuali di occupazione a distanza di 24 mesi dal conseguimento della laurea sono piuttosto modeste (mi pare il 63% sono ancora disoccupati e degli occupati solo il 27% ha un lavoro stabile, mentre tutti gli altri sono nell’area del lavoro atipico o precario.)
In un’analisi che abbiamo svolto di recente come sindacato confederale la composizione del mercato del lavoro nella provincia di Cagliari, coerente con quella regionale, si attesta su una percentuale piuttosto alta di lavoratori nel settore servizi (spesso di bassa qualità): il 75% contro la media nazionale del 65%, il 21,5% nel settore dell’industria, il 3,5% nel settore dell’agricoltura. L’altra osservazione è che il peso dell’edilizia si attesta sul 50% all’interno del settore industria contro una media del 30% delle regioni più ricche. L’altro dato significativo, emerso dalla ricerca, è la debolezza della componente femminile che registra percentuali molto inferiori a quelle nazionali in termini di occupazione, di disoccupazione e di tasso di attività. Infine, nella sola provincia di Cagliari, ci sono circa 50000 iscritti al Fondo lavoratori parasubordinati dell’INPS e questo, pur essendo necessaria una taratura dei numeri, la dice lunga sulla qualità dell’occupazione. Su questo mi sembra che l’Università di Cagliari contribuisca grandemente, visto che, secondo i numeri forniti dalla categoria di riferimento, ci sono oltre 500 precari nel sistema universitario di Cagliari.
Il sindacato punta molto sullo sviluppo dell’industria (moderna, compatibile con l’ambiente, di qualità) per il rilancio dell’occupazione e dello sviluppo. Lo dice anche il tavolo di Governance e questo potrebbe voler dire lo sviluppo dei corsi di laurea nelle materie scientifiche, ma non solo: figure come gli psicologi del lavoro o di gestori di risorse umane o esperti nel marketing credo che siano altrettanto importanti per il sistema imprenditoriale.
Come far uscire gli atenei dalla crisi. (dalla piattaforma territoriale CGIL CISL UIL)
Ridurre gli sprechi, dovuti al proliferare degli atenei e dei corsi di laurea, degli insegnamenti e del numero, enorme, degli esami universitari.
Cambiare il reclutamento dei professori universitari e collegare gli insegnanti con l’esame attento, anche dinamico, degli andamenti del mercato del lavoro. L’università di Cagliari può esercitare un ruolo importante, visto che è riconosciuto ente che può svolgere l’attività di agenzia per il lavoro e integrare, supportare e, vista la difficoltà di partenza dei servizi pubblici all’impiego, le funzioni nel campo della domanda/offerta di lavoro.
Mettere al centro dell’attenzione lo studente e mettere in prima fila l’apprendimento più che l’insegnamento o le logiche interne.
Controllare anche il fenomeno delle lauree facili, determinate da convenzioni con enti pubblici che hanno consentito di trasformare particolari attività lavorative dei dipendenti in crediti formativi utili ai fini del conseguimento della laurea.
Infine, rafforzare i rapporti tra mondo dell’università e della ricerca e le forze sociali e le organizzazioni sindacali, in modo non occasionale o episodico in modo da definire insieme le competenze e i profili professionali necessari al mercato del lavoro stesso. Non solo quindi un processo di consultazione, ma di collaborazione fattiva nei progetti, nella individuazione di obiettivi, nell’elaborazione dei contenuti, nella verifica e valutazione dei risultati. Insomma, collaborazione costante con il mondo del lavoro, in modo da raggiungere il risultato dell’accreditamento qualitativo dei corsi di studio e di laurea.

Il segretario generale Cisl Cagliari
Fabrizio Carta