Durante il convegno sul manifesto per il lavoro, di particolare interesse è stato l'intervento di Mauro Muntoni della Fistel di Cagliari che ha seguito, con attenzione, il processo di emersione dal nero nei call center della Sardegna
MAURO MUNTONI FISTEL-CISL
18.03.2008
Quando si parla di TELECOMUNICAZIONI nella regione Sardegna ci stiamo fondamentalmente riferendo al mondo dei CALL CENTER.
Nel corso del 2007, è stata fatta la stabilizzazione dei lavoratori precari, noto come AVVISO COMUNE, per il passaggio da forme di lavoro precario a lavoro subordinato.
Al 30 aprile 2007 e solo nella provincia di Cagliari le aziende note all’Ufficio Provinciale del Lavoro erano 54. Cinquantaquattro call center solo nella provincia di Cagliari.
Questi 54 call center danno lavoro a circa 1200 lavoratori (parliamo di dati stimati).
Non dimentichiamo poi le realtà che stanno sorgendo a Sassari, a Olbia e negli altri territori.
Se a questi sommiamo i lavoratori delle grandi imprese che sono presenti in Sardegna con siti particolarmente pesanti dal punto di vista numerico (ad esempio SKY che ha un gigantesco call center da un migliaio di persone, o la società di telefonini 3 con 400 persone, o i lavoratori di Telecom Italia) è chiaro che stiamo parlando di migliaia e migliaia di posti di lavoro, che per una regione povera quale la nostra, rappresentano veramente una boccata d’ossigeno per la disoccupazione isolana. Una realtà vasta ma purtroppo molto frazionata.
Rapidamente voglio tracciare un identikit di queste ragazze e ragazzi che lavorano nel call center, evidenziarvi le loro difficoltà e le difficoltà del Sindacato per intercettare le loro esigenze.
Parliamo spesso di ragazzi con elevata scolarità, in una fascia di età compresa tra i 20 e i 40 anni. La maggior parte lavora part-time non per scelta personale ma per una scelta dell’imprenditore.
Questi ragazzi iniziano a lavorare nei call center ritenendolo un lavoro di passaggio, in attesa di trovare “qualcosa di meglio” che però, passano gli anni, e questo qualcosa di meglio non arriva. Restano imprigionati, con le cuffie in testa e lo sguardo sul monitor, per mancanza di alternative lavorative concrete.
Anche se hanno titoli di studio che gli permetterebbero ben altri lavori, anche se sono laureati e talvolta studiano per un master post-laurea, l’alternativa al loro lavoro in Sardegna non si trova.
Questi ragazzi conoscono bene cosa significa la precarietà del lavoro in quanto sono abituati a cambiare frequentemente lavoro, ma sempre da un call center ad un altro.
Abbiamo visto che sono ragazzi giovani e con elevata scolarità. La presenza femminile è molto elevata. Sono persone che fanno un lavoro che non amano ma continuano a farlo per anni e anni.
Questo dato interessa molto gli imprenditori. Infatti, al contrario di altre regioni, dove la fuga dai call center è elevata perché ci sono le alternative, in Sardegna invece si ha a disposizione personale fidelizzato e ormai molto esperto in quello che fanno.
Questo è uno dei motivi dell’alta concentrazione di call center nella nostra isola.
Sono molti i problemi che affliggono questi lavoratori.
In primis vorrei citare lo stress.
E’ evidente che il contatto col pubblico è di per se un’attività mentalmente usurante.
Altro motivo di stress è il lavoro organizzato a turni, che variano di continuo. Infatti per seguire le curve di traffico, cioè quei picchi di chiamate generate dai clienti che varia a seconda della stagionalità, del lancio di nuovi prodotti, di particolari offerte o campagne pubblicitarie, i turni dei ragazzi spesso sono variati con preavviso di pochi giorni.
Questo impedisce di poter gestire e organizzare la propria vita privata.
Altro stress è dovuto alla pressione a cui sono sottoposti dai loro superiori per raggiungere i risultati aziendali. Nonostante lo Statuto dei lavoratori vieti espressamente il controllo a distanza, i supervisori sono a conoscenza dei dati individuali riguardanti la quantità di chiamate, la durata, se il cliente richiama più volte perché non ha ottenuto risposte soddisfacenti, eccetera.
Queste informazioni vengono usate poi contro il lavoratore per dimostrare la sua inefficienza, in colloqui talvolta svolti con toni aggressivi e minacciosi.
Tutto questo sempre senza comunicazioni scritte, per non incorrere in problemi col Sindacato.
Altro problema sono le condizioni dei posti di lavoro. Talvolta questi call center sono allestiti in locali non idonei quali appartamenti riadattati, o grossi capannoni industriali.
In questi locali l’illuminazione è inadatta all’uso coi monitor, con fastidiosi riflessi; talvolta mancano i pannelli divisori fonoassorbenti tra una postazione e l’altra rendendo la sala più simile ad un’infernale bolgia dantesca che non ad un luogo di lavoro. Spesso i ragazzi non hanno una postazione pre-assegnata ma la postazione di lavoro varia di giorno in giorno e se l’igiene non viene garantita da chi effettua le pulizie, vi lascio immaginare in che condizioni si trovano tastiere e mouse usati da decine di persone diverse.
Infine tra i problemi evidenzio la scarsa sindacalizzazione di questi lavoratori.
Molti pensano di fare un lavoro per un periodo limitato della loro vita, e perciò non prestano molta attenzione alle situazioni disagevoli che li circondano.
Molti sono disincantati dalla politica e di riflesso dal Sindacato, confondendo le due cose. Molti pensano che il Sindacato sia inutile perché non può risolvere i problemi di un lavoro cosi strutturato.
Senza dimenticare che, soprattutto nei call center più piccoli, pressioni e ritorsioni sono tali da scoraggiare l’iscrizione al Sindacato.
Tutto questo porta questi lavoratori ad essere lontani dal Sindacato e a non conoscere i propri elementari diritti ed essere in totale balia di quanto dicono i propri superiori.
Il Sindacato, la FISTEL-CISL, trova resistenze negli imprenditori che impediscono il contatto con i lavoratori. Trova difficoltà nel seguire un cosi vasto numero di aziende (abbiamo visto ben 54 nella sola provincia di Cagliari). Ha difficoltà nell’affermare la propria rappresentatività a fronte di un numero ridotto di iscritti.
Ha difficoltà nell’intraprendere azioni incisive di lotta quali gli scioperi. In una realtà lavorativa dove ognuno è un numero, sostituibile da un altro in qualunque momento, viene vanificato qualunque sciopero perché comunque le chiamate che non vengono prese dallo scioperante, saranno ricevute da altri.
E’ necessario da parte nostra individuare all’interno delle aziende delle persone capaci e valide, formarle sindacalmente al meglio e permetterle di poter operare in autonomia per migliorare le condizioni di lavoro, del proprio lavoro.
E’ necessario stimolare il contatto personale con i lavoratori, anche attraverso i servizi che CISL ci mette a disposizione, ad esempio col CAAF o con L’ETSI.
Dobbiamo usare i nuovi mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione come internet, la posta elettronica, i forum e le chat per arrivare a dare risposte e a fidelizzare i lavoratori.
Questo è il nostro lavoro di tutti i giorni, fatto di continue difficoltà e di una continua ricerca dei nuovi iscritti. Ringrazio la Segreteria Regionale per questo spazio concesso alla Fistel.