Sulla Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato, con validità immediata, il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (reperibile sul nostro sito) avente per oggetto “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”; a nostro avviso detti obiettivi altisonanti non si recepiscono facilmente nell’articolato di legge perché sostanzialmente è un’elencazione di “tagli”, massicci e generalizzati, dei finanziamenti connessi al funzionamento della P.A. sia per il 2008 che per gli anni futuri.
Chiaramente non ci ritroviamo nelle “ricette” del Governo (e soprattutto del Ministro Brunetta) perché riflettono unicamente un progetto contabile, miope e velleitario nello stesso tempo, perché non si guarda al futuro (altrimenti non si capisce la penalizzazione di Scuola, Università e Ricerca) e perché si vuole “cambiare tutto e subito nel lavoro pubblico” senza neppure porsi il problema delle importanti specificità organizzative di diversi settori che li rendono difficilmente comparabili.
Ribadendo un giudizio complessivamente negativo articoleremo la nostra riflessione limitatamente al settore dell’Università (poiché l’AFAM è stata completamente dimenticata!).
L’aspetto più deleterio è quello illustrato dall’art. 16 che permette ai singoli Atenei di trasformarsi in Fondazioni di diritto privato; in questo modo graveranno di meno sul bilancio dello Stato e potranno “ricevere” donazioni da parte dei privati al fine di migliorare la qualità della didattica e della ricerca. Ma oggi non è già possibile ai privati finanziare l’Università? Evidentemente sì perché abbiamo già Atenei “privati” anche se molto costosi per i loro studenti.
Per quanto ci riguarda diciamo un secco e risoluto “NO” a questa ipotesi e faremo, in ogni luogo, un’opposizione forte all’Ateneo “Fondazione” perché, a differenza di altri pareri, noi siamo sicuri che ci sarebbe un depauperamento generale per tutti gli Atenei poiché gli eventuali finanziamenti dei privati sarebbero scarsi e destinati ad una minoranza delle Istituzioni. Non sarebbe più garantito il diritto allo studio, seppure nelle forme attuali modeste, sull’intero territorio nazionale. Il personale tecnico amministrativo (ma non si può escludere neppure la docenza) dovrebbe passare dal rapporto di lavoro pubblico a quello privatistico con tutte le negatività connesse, in primis la precarietà dell’impiego.
Secondo aspetto dirompente per l’Università, e per tutto il Pubblico Impiego, è quello regolamentato dall’art. 66, “turn over”, che riduce drasticamente l’occupazione prevedendo per ogni 10 cessati due sole assunzioni: 1 “ex novo” e 1 dalle procedure delle stabilizzazioni dei precari. Questo, a nostro avviso, è l’aspetto più squallido e punitivo della “filosofia Brunetta-Ichino” secondo cui i lavoratori pubblici sono fannulloni, sono troppi e vanno ridimensionati (ovviamente insieme ai sindacalisti che li tutelano!). Ma non solo vengono drasticamente ridotti gli organici, che comporteranno inevitabili tagli nei servizi erogati all’utenza, ma vengono pure sottratti all’Università i risparmi di spesa corrispondenti ai posti non ricoperti poiché l’FFO sarà ridotto, dal 2009 al 2013, di oltre 1440 milioni di euro.
Ma vi è un altro aspetto decisamente penalizzante per i lavoratori universitari poiché l’art. 69 prevede che dal 1° gennaio 2009 gli scatti biennali, relativi alle carriere dei singoli docenti universitari, saranno trasformati in triennali ovviamente con lo stesso importo percentuale; si tratta di una “decurtazione” inaccettabile sia per i docenti che per gli Atenei a cui vengono “requisiti” dal Ministro Tremonti tutti i soldi “risparmiati” con tale operazione.
Come certamente sarete a conoscenza, in pari data all’emanazione del presente decreto, il Consiglio dei Ministri ha varato un disegno di legge delega avente per oggetto la modifica delle norme contrattuali connesse al modello luglio 1993 e del decreto legislativo 165/2001, anticipando in senso unilaterale e riduttivo le conquiste sindacali dei lavoratori pubblici. Nelle more legislative il decreto in esame interviene su alcuni aspetti del rapporto di lavoro esistente.
L’art. 41 modifica l’articolato esistente in tema di orario di lavoro (riposi giornalieri e settimanali, orario notturno, sanzioni); ma per l’Università non dovrebbe essere troppo penalizzante.
L’art. 46 vuole ridurre le collaborazioni e le consulenze nella P.A. che, a volte, sono necessarie nella ricerca.
L’art. 63, tra molti altri provvedimenti, dispone il finanziamento di 2.740 milioni di Euro per il biennio 2008/2009 del comparto Ministeri (che è largamente insufficiente rispetto all’inflazione di riferimento), ma non dispone alcun impegno per il finanziamento del contratto per gli altri settori del P.I.
L’art. 67 ribadisce che per l’Università permane in vigore il tetto relativo ai finanziamenti destinati alla contrattazione integrativa che è quello certificato per l’anno 2004 ma ridotto del 10%. L’importo della riduzione di spesa suddetta dev’essere restituita al Ministero dell’Economia e Finanze (altro duro colpo per le casse dell’Università!). Nello stesso articolo viene modificato il decreto legislativo 165/2001 inserendo maggiori vincoli nelle procedure ed aumentando il potere di controllo della Corte dei Conti in tema di rinnovi contrattuali.
L’art. 70 prevede per i dipendenti della P.A. ai quali sia riconosciuta una infermità per cause di servizio solo l’equo indennizzo escludendo l’attribuzione di qualsiasi trattamento economico aggiuntivo.
L’art. 71 peggiora nettamente l’aspetto relativo alle assenze per malattia dei lavoratori pubblici (e non per i privati); nei primi 10 giorni di assenza è corrisposto solo il trattamento economico fondamentale. Dopo i 10 giorni, o dopo una seconda assenza per malattia nell’anno solare, si deve giustificare l’assenza con una certificazione medico dell’ASL (il medico di famiglia è poco attendibile?!?). Le fasce orarie per il controllo medico fiscale, valide tutti i giorni della settimana, diventano dalle 8 alle 13 e dalle 14 alle 20. “Dulcis in fundo” le assenze per malattia non danno diritto all’incentivazione, o altre retribuzioni similari, previste dall’integrativo d’Ateneo.
L’art. 72 introduce una novità per il pensionamento (vale anche per l’Università): il personale tecnico amministrativo (no docenti) nel corso del quinquennio antecedente la data di maturazione dell’anzianità massima contributiva di 40 anni può presentare domanda per essere esonerato dal servizio (ma deve raggiungere l’età minima contributiva richiesta per l’accesso alla pensione entro l’anno solare di riferimento). La domanda d’esonero, irrevocabile, dev’essere accolta dall’Amministrazione e dà diritto ad un trattamento pari al 50% di quello complessivamente goduto (fisso ed accessorio) al momento del collocamento in attesa; elevato al 70’% se si opera nel volontariato.
Come preannunciato all’inizio questa è una prima lettura critica di un provvedimento legislativo (che dovrà comunque essere esaminato dal Parlamento entro 60 giorni) facente parte di un più ampio disegno riformistico di tutta la Pubblica Amministrazione (incentrato sul “piano industriale” del Ministro Brunetta e supportato da Ministro Tremonti) e, proprio per detta globalità, oggetto di una riflessione comune di tutto il Sindacato.
Per completezza d’informazione sul panorama, ormai convulso, di provvedimenti governativi dobbiamo segnalare il decreto legge n. 113 del 30 giugno 2008; in detto decreto ci sono 3 articoli che riguardano l’Università.
L’art. 12 – reclutamento dei docenti universitari – sposta al 30 novembre 2008 i termini per l’indizione dei concorsi da associato ed ordinario. Per i concorsi banditi dopo il 30 giugno viene ripristinato un solo idoneo per ogni posto a concorso.
L’art. 13 – assunzione dei ricercatori – ribadisce che le Università possono usare i 40 milioni di Euro stanziati nella Finanziaria 2007 per l’anno 2008 (ma sono stati cancellati gli 80 milioni previsti per il 2009) ai fini del reclutamento di giovani ricercatori.
L’art. 14 – comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario e comitato d’indirizzo per la valutazione della ricerca – proroga fino al 31 maggio 2009 le funzioni del CNVSU (in attesa di vedere che fine farà l’ANVUR).
Avremo sicuramente ampi confronti tra le categorie e la Confederazione per trovare una valida risposta politica, comune e condivisa da tutto il Sindacato, capace di modificare, sempre nella strategia costruttiva tipica della CISL, le negatività presenti sia nel decreto legge esaminato che negli altri provvedimenti governativi suddetti.
Vi invito a dare la più ampia diffusione tra i lavoratori della presente riflessione e vi assicuro che sarete, costantemente e tempestivamente, informati sull’evolversi del quadro politico-sindacale in merito.
Nota della Cisl Università nazionale