NOTA STAMPA CISL CAGLIARI SU PORTO CONTAINER DI CAGLIARI
La crisi del porto container di Cagliari è sicuramente un brutto colpo per un'economia stagnante come quella cagliaritana. La perdita, speriamo provvisoria, di circa 400 posti di lavoro - tale è il numero dei lavoratori messi in cassa integrazione - non favorisce certo lo sviluppo, anche perchè si unisce ad altre crisi occupazionali e, soprattutto, per stare all'interno del settore, alla stasi dei traffici nel porto storico.
Un argomento così ghiotto, come la paralisi del porto canale, non poteva che attirare l'attenzione, anche perchè è bello potersi sbizzarrire su pettegolezzi transnazionali, e così, nella caccia ai responsabili, alcuni accusano la Regione Sarda e il presidente Soru, altri buttano le colpe sul centro destra e sull'autorità portuale vecchia, per le scelte fatte nel piano regolatore del porto, indirizzate verso gli approdi turistici. Non manca, naturalmente, l'imprenditore che, al nascere della crisi del porto,(vedi il dr. Onorato) sostiene di averlo previsto e che, se si fosse dato retta ai suoi progetti ( vedi bacino di carenaggio), le cose andrebbero meglio. Al proposito, quando l’armatore spiegherà alle parti sociali il piano industriale e le prospettive del suo progetto, finora misterioso ?
In questo campo, non servono le facili semplificazioni e sarebbe bene anche abbandonare uno sterile provincialismo. Mi sembra puerile affermare, in modo categorico, che se non arrivano le navi con i container le colpe siano da attribuire alle istituzioni locali, per quanto sia importante il loro ruolo, da loro assunto, a fronte di problemi che hanno una dimensione planetaria e sui quali (vedi traffici di container) incidono fortemente i costi del carburante. Un recente articolo su un giornale nazionale spiegava accuratamente le motivazioni per le quali l'aumento dei costi rende problematico il trasporto via mare, ma per altri versi può rendere conveniente anche lo scalo di Cagliari: secondo gli studiosi, occorre abbreviare i tragitti perchè il costo carburante aumenta per il trasporto dello stesso carburante necessario ai viaggi lunghi. E questo potrebbe essere un vantaggio per Cagliari. In questo contesto, si può capire la difficoltà della Contship, pur non priva di responsabilità, a trovare nuovi partner. Qualcuno propone di revocare la concessione alla Contship e bandire una gara internazionale, ma la soluzione peraltro non è priva di pericoli per l’occupazione. Buttare tutto sul provincialismo è sterile, serve solo a strumentalizzazioni politiche e non aiuta a risolvere il problema. E’ stato ampiamente riconosciuto dalla Contship (proprietaria della maggioranza del pacchetto azionario della CICT) che il ruolo svolto dalle forze sociali a Cagliari sia stato ampiamente positivo nei confronti dell’operatività del porto.
D’altronde è stata data la concessione delle aree, sono stati forniti i contributi per le grù. L’autorità portuale ha fatto i dragaggi per l’aumento del fondale per venire incontro alle esigenze determinate dalle navi più grandi e, nel complesso, il Comune di Cagliari, la Provincia ed anche, sia pure in misura minore, la Regione non hanno certo mostrato ostitlità.
Ma la considerazione che va fatta, a mio avviso, è questa: se il porto rimane così come è (di fatto una cattedrale in un deserto), nel quale arrivano navi grandi, scaricano per poi far ricaricare la stessa merce su navi più piccole, senza che nulla venga lavorato in Sardegna, se non in misura infima, la sua attività sarà esposta alle scelte internazionali dei vettori e delle compagnie di navigazione che andranno sempre sopra la testa della Sardegna (quando non dell’Italia) – a prescindere dagli investimenti passati e futuri e dal concessionario del porto di transhipment - e ci saranno continui stop and go nell’andamento dei traffici, come avviene oggi. Insomma, il semplice scarico e carico delle merci è positivo ma non determina una grande ricaduta sull’economia del territorio.
Diverso sarebbe se si sviluppasse tutta l’area retrostante al porto, se si costruissero le infrastrutture, se si collegasse il porto canale con il resto della Sardegna, magari attraverso uno snodo ferroviario, se magari si lavorassero in qualche modo le merci sbarcate. In questo modo, forse, vi sarebbe più stabilità nell’andamento dei traffici, sottratti alle scelte discrezionali delle grandi compagnie di navigazione, più ricchezza per il territorio e per la Sardegna, più occupazione non solo per gli addetti diretti del porto, ma anche per l’indotto. Per arrivare a questi risultati occorre però che si radichi, davvero, la convinzione che il Porto è una ricchezza non solo per Cagliari ma per l’intera isola. E’ necessario che si faccia sinergia tutti insieme (Regione, Provincia, Comune, Confindusttria, Sindacati, Autorità Portuale) per reclamare forti investimenti sull’area.
Solo così, il traffico tornerà non solo per accordi commerciali tra il terminalista – chiunque esso sia - e le compagnie di navigazione, ma per naturale attrattività dell’area, potrà essere duraturo e da tale traffico discendano benefici stabili per la comunità sarda.
Cagliari 10/7/2008
Il Segretario Generale
Fabrizio Carta