24/10/2008
Consiglio Generale Cisl Cagliari 23 ottobre 2008
Consiglio generale Cisl Cagliari – 23 ottobre 2008
Relazione della Segreteria
(nella sezione documenti in formato pdf la relazione, i dati occupazionali, il documento finale)

E’ importante che ci riuniamo in Consiglio Generale, allargato alle segreterie e ai delegati, e che discutiamo dei problemi che ci riguardano, perché il quadro dirigente della nostra organizzazione deve essere informato e consapevole della linea della Cisl. Dobbiamo portare l’informazione nelle fabbriche, negli uffici, nelle leghe dei pensionati, tra i nostri associati. Una riunione, non fine a se stessa, che deve produrre un effetto moltiplicatore per ulteriori riunioni di Federazioni territoriali e assemblee di iscritti.

Solo così potremo far diventare realtà le rivendicazioni che la Cisl porta avanti, nella massima autonomia, senza pregiudizi, ma con il coraggio delle proprie idee.

Il nuovo Governo.
Siamo di fronte ad un Governo che ha vinto in modo schiacciante le elezioni, con una larga maggioranza, puntellata da forze, come la Lega Nord, che probabilmente non hanno proprio a cuore gli interessi generali della comunità nazionale.
Si è presentato con un viso bonario, quasi auspicando un clima di collaborazione con le forze di opposizione e con le forze sociali ed i cui primi provvedimenti, pur discutibili, non rivelavano il tratto decisionista e illiberale che invece ha connotato i successivi interventi.

L’abolizione dell’ICI, per quanto abbastanza demagogica, la possibilità di spalmare i debiti contratti con i mutui su un periodo più lungo, la detassazione degli straordinari, non erano provvedimenti risolutivi dei gravi problemi che attanagliano i cittadini, ma tuttavia si potevano considerare neutri.
Anche se, per quanto riguarda l’ICI, sembra strano che un Governo che punta molto sul federalismo, abbia abrogato l’unica tassa federalista esistente, togliendo risorse ai Comuni per poi restituirli con l’altra mano !!

Il bello è venuto qualche settimana dopo. E così si registra:

· Un clima di scontro e di sottovalutazione dell’opposizione politica;
· Un utilizzo smodato dei decreti legge anche per questioni inerenti riforme quali quelle della Scuola e dell’università, importantissime, non solo per i lavoratori, ma per il futuro del nostro Paese. Anziché investire sulla conoscenza, si fanno riforme che mascherano, in realtà, tagli di 8,5 mld di euro.
· L’abolizione di provvedimenti del precedente Governo concordati con il Sindacato: dimissioni on line, interventi sui decreti attuativi sulla sicurezza, proprio quando si registra una recrudescenza degli infortuni sul lavoro, soprattutto dal punto di vista della gravità; provvedimenti nel campo del processo del lavoro e sul mercato del lavoro contradditori rispetto a quanto sancito dal Protocollo del 23 luglio 2007.
· Atteggiamenti assurdamente punitivi nei confronti dei lavoratori del pubblico impiego con il ministro Brunetta, showman della TV di Stato e berlusconiana in prima fila, trasformati poi, senza confronto, in penalizzazioni reali anche salariali dei lavoratori pubblici con l’approvazione del decreto 112 e poi della legge 133.
· Un Federalismo fiscale, di là da venire, ma sostanzialmente privo di contenuti concreti e che promette di dare di più a tutti, a invarianza di tassazione.
· Stravolgimenti negativi della normativa sull’immigrazione: quali il permesso di soggiorno a pagamento, senza abbattimento dei tempi di risposta della P.A. e l’introduzione delle classi differenziali per gli immigrati, con il rischio di alimentare la cultura della non accoglienza e della non integrazione, se non il razzismo.
· Una manovra finanziaria, approvata senza tanti dibattiti, penalizzante per il Mezzogiorno e quindi anche per la Sardegna. Le risorse stanziate per lo sviluppo e riequilibrio territoriale, pari a 7,9 miliardi euro, appaiono assolutamente insufficienti. Preoccupano gli esiti di una manovra che, nel caso non dovesse rispettare pienamente l'abituale riparto territoriale (85% al Mezzogiorno, 15% Centro Nord), ridurrebbe ulteriormente le risorse a disposizione del Mezzogiorno che ha tassi di crescita notevolmente inferiori a quelli medi e, ancor di più, a quelli del Nord Italia.

Insomma, la inesistenza della concertazione sta diventando la norma. Non basta introdurre la Robin Tax per dare la social card, perché ci si è dimenticati dei problemi veri della gente quali la tenuta dei redditi da lavoro e pensione, la disoccupazione, il problema casa.

A questo proposito, mentre in Francia, Sarkozy – notoriamente non di sinistra – acquisterà direttamente dai costruttori in crisi ben 30000 alloggi popolari in più da destinare alle fasce deboli, in Italia, il fondo sostegno affitti ( contributi ai cittadini che hanno una casa in locazione privata) dai 360 milioni di Euro bilanciati nel 2001, passa, per volontà del Governo, a 161 per il 2009, ai 144 per il 2010 e ai 110 per il 2011. I senza casa ringraziano!!!
Per fortuna sia la Regione Sarda (stanziamento da 4 a 6 milioni di euro) e, in parte, il Comune di Cagliari (da 150000 a 200000 euro) hanno aumentato le risorse destinate allo scopo, alleviando i sacrifici dei cittadini con casa in affitto privato.

La Crisi dei mercati finanziari.
Tutto questo mentre si profila all’orizzonte una crisi economica e finanziaria, di proporzioni inaudite, che rappresenta un colpo molto duro del quale è difficile calcolare gli effetti in questo momento. I provvedimenti presi dal governo a favore delle banche e dei risparmiatori, pur necessari, non saranno indolori per il nostro Paese e soprattutto per i cittadini e per le aree più deboli perché le risorse verranno distolte dalla spesa pubblica.

Sono state corrette al ribasso le stime di crescita del prodotto interno lordo. Per il 2008 siamo a zero, per il 2009 siamo a sotto zero (si parla di – 0,4/0,5).

I prezzi hanno raggiunto punte elevate specie nei generi di maggiore necessità e consumo e l’inflazione si attesta sul 4% annuo, mentre i tagli che, presumibilmente, lo Stato sarà costretto ad attuare nei trasferimenti di risorse al sistema degli enti locali, rischiano di ripercuotersi sulla qualità dei servizi sociali.

Come si farà a creare una buona e duratura occupazione e migliorare il reddito netto di lavoratori e pensionati, in presenza di una congiuntura di tal fatta ?

La Povertà
In sostanza, non c’è aumento della ricchezza mentre la povertà relativa aumenta: in Sardegna, i poveri assommano a circa 330.000. A Cagliari e Provincia, applicando la percentuale del 16% (indicata dalla stessa Regione) i poveri sono almeno 70/80 mila.

Certo, i poveri cagliaritani non sono nelle condizioni di quelli del terzo mondo, ma come dice Yunus Muhamad il banchiere dei poveri, la povertà relativa, nel mondo occidentale, per certi aspetti è più grave di quella del terzo mondo, perché c’è il fenomeno dell’emulazione e del confronto con i ricchi. Nelle aree urbane e metropolitane vivere con una capacità di spesa inferiore alla metà del reddito medio (circa 970 euro per una famiglia di due persone) rappresenta una penalizzazione pesante. Già emergono casi di pensionati che hanno chiesto la cessione del V alle finanziarie e che ora sono in difficoltà, anche per la scarsa trasparenza della condizioni e degli alti interessi.

E’ da tempo che la città di Cagliari registra il primato nazionale mensile dell’aumento dell’inflazione. Il che non vuol dire che a Cagliari il costo della vita sia superiore a quello di Milano, ma che esiste un problema di controllo dei prezzi, proprio in un’area che vede la massima percentuale, in campo nazionale, di supermercati.
Al di là della visita di Mister Prezzi, chiamato dalla Provincia, bisogna attivare un tavolo continuo e non una tantum con gli enti locali, le associazioni dei consumatori, il sindacato confederale e dei pensionati, le associazioni dei commercianti e la Federdistribuzione, per affrontare e risolvere il problema dell’aumento del costo della vita.

Zone franche urbane
Non voglio polemizzare con nessuno, tanto meno con le province interne della Sardegna (alle quali peraltro abbiamo sempre dimostrato la nostra solidarietà, anche nei giorni scorsi). Qualcuno contesta duramente la scelta del Governo e della Regione di localizzare le zone franche urbane a Cagliari, nel quartiere di Sant’Elia, a Quartu e ad Iglesias. Dispiace che quei territori, a causa della limitatezza delle risorse, siano stati tagliate fuori. Devo però dire che meglio si farebbe a prendersela con la scadente programmazione o la mancata predisposizione dei progetti da parte delle amministrazioni, piuttosto che denunciare improbabili alleanze trasversali delle “presunte” aree forti della Sardegna, per accaparrarsi i fondi disponibili.

Non ci sono complotti, non ci può essere contrapposizione tra le aree della Sardegna. Se Cagliari va male, ne risente tutta l’economia della Sardegna e viceversa. Si tratta invece di valorizzare le specificità locali, senza sovrapposizioni sciocche o campanilismi fuori luogo.
Secondo quanto detto durante il convegno di Santulussurgiu, la povertà non è solo materiale ma anche morale e di mancata inclusione sociale. Sono fenomeni, questi, che si registrano maggiormente in aree metropolitane, quale Cagliari, e che devono essere affrontati con impegno pari a quello dedicato alle zone interne e al problema dello spopolamento, dovuto anche all’abbandono da parte dello Stato. In ogni caso, anche nella Provincia nuova di Cagliari e nel Medio Campidano vi sono aree emarginate e periferiche, basti pensare al Sarcidano, al Gerrei, territori che vanno collegati e integrati con le politiche di sviluppo dell’intera area vasta, ma per i quali esistono leggi specifiche, come la normativa sullo sviluppo rurale.

Vorrei anche ricordare che la città di Cagliari presenta un indice di vecchiaia altissimo: ogni giovane sotto i 14 anni, vi sono due persone over 64, il che la dice tutta sulla necessità di impegnare risorse, non solo materiali, per affrontare le politiche sociali e il problema della non autosufficienza, in zone dove spesso non può funzionare la solidarietà familiare e la vicinanza come invece in una piccola realtà. In questo senso possono fare molto i PLUS, che si sono concretizzati nelle due province di Cagliari e Medio Campidano e che devono passare da una fase di programmazione ad una fase di attuazione, favorendo l’integrazione tra i Comuni, la Provincia e le ASL.

Politiche di sviluppo e redistribuzione ricchezza.
Si tratta anche di promuovere politiche di sviluppo, per quanto possibile, ma anche di puntare ad una redistribuzione della ricchezza, certo difficile (perché chi ha non la vuole certo perdere) ma assolutamente necessaria, se vogliamo essere il sindacato della solidarietà. Come diceva Carniti, o il sindacato è solidarietà o non è !!
Ma è anche importante tornare ad uno stile di vita che metta da parte il mero consumismo, la speculazione, lo sfruttamento dissennato del territorio, per affermare, invece, i valori del lavoro e del rispetto dell’ambiente. In questo senso appare preoccupante la posizione del Governo italiano di prorogare al 2013 i termini per l’applicazione del protocollo di Kioto sulle emissioni, mentre l’Europa propone di portare dal 20% al 40% la percentuale di riduzione.
Dobbiamo dare continuità alla bella ed emozionante manifestazione di Zuri, piena di bandiere Cisl e di tanti colori, spendendoci non solo a parole per le fasce più deboli.

Ecco perché la Cisl di Cagliari ritiene giusto sollecitare il Governo e la Giunta regionale Sarda ad attuare provvedimenti immediati a favore degli strati più deboli della popolazione. Da questo punto di vista, occorre essere pronti alla mobilitazione, possibilmente unitaria.

Le vicende sindacali.
In questo contesto, perlomeno difficile, si innestano le vicende sindacali e le diverse posizioni, espresse nelle ultime settimane dalle centrali confederali. Si rischia di ripercorrere una strada già praticata qualche anno fa. Governo di centro destra, pregiudiziali ideologiche da parte del Governo e anche di qualche frangia sindacale, rottura di ogni trattativa originata dalla tracotanza e protervia del Governo, ma anche dalla rottura dell’unità sindacale. Si rischia di interrompere il dialogo, avviato nella precedente legislatura e di vanificare quanto di buono è stato raggiunto con gli accordi del 23 luglio 2007 e quello precedente del 10 luglio con il sindacato dei pensionati. C’è il rischio di dare spazio, come avvenuto in passato, a continui interventi legislativi su materie attinenti il lavoro, le politiche sociali, lo sviluppo, senza riuscire non solo a raggiungere accordi ma anche soltanto ad influenzare le manovre del Governo nei suoi contenuti.
Se poi il sindacato è disunito sarà difficile chiudere accordi con le controparti e questo certificherà una estrema debolezza del sindacato confederale con effetti negativi sui lavoratori, pensionati, disoccupati.

Alcuni fatti sembrano confermare questi scenario. A partire dalla firma separata del contratto del commercio, siglato dalle sole Cisl e Uil e duramente attaccato dalla Cgil. A seguire con la kafkiana vertenza Alitalia, sulla quale hanno scritto tanto i giornali e parlato le TV.

Senza entrare nel merito degli accordi siglati in Alitalia e della strumentalità della posizione CGIL che firma una settimana dopo le stesse cose già convenute, vorrei commentare quanto Epifani – spesso prigioniero di logiche di partito e di corrente interna specie oggi che una parte della sinistra è priva di rappresentanza parlamentare – ha detto: “Non si può firmare un accordo, senza il consenso dei piloti”. Pur riconoscendo il giusto e importantissimo ruolo dell’associazione Piloti, fare queste dichiarazioni significa forse dire che il restante personale e i restanti sindacati, compresa la Cgil, non conta niente ? E questo che pensiamo di noi ? Sarebbe come dire che in una banca, se non sono d’accordo i gestori dei fidi non si può fare un accordo o che, nelle aziende di trasporto senza gli autisti, l’attività sindacale è preclusa a tutti gli altri !!! Mi pare puro autolesionismo !!

La riforma del modello contrattuale
L’esaurimento progressivo della validità dell’accordo del luglio 1993 (che rappresenta però una pietra miliare) ha reso urgente affrontare la questione ed è importante che si sia arrivati, pur con sfumature diverse tra CGIL CISL UIL, ad un documento unitario.
Le statistiche ci dicono che il salario netto dei lavoratori italiani è agli ultimi posti in Europa. Occorre un nuovo modello contrattuale, ma esso sarebbe insufficiente se non si mettono sotto controllo i prezzi e le tariffe, se non si rende più efficace lo Stato sociale e i servizi sociali. Ecco perché occorre portare avanti, insieme, la riforma del modello contrattuale e la piattaforma unitaria “per valorizzare il lavoro e far crescere il Paese” sul quale abbiamo raccolto tante firme.
Nel territorio di Cagliari, dopo la tornata di assemblee, abbiamo trasferito al livello regionale e nazionale alcune considerazioni, con le quali si esprimevano preoccupazioni in merito al secondo livello di contrattazione. In effetti c’è il rischio che in una regione come la Sardegna, con aziende piccole e sottocapitalizzate e di bassa produttività, esso non possa essere fruito. Da qui l’esigenza di difendere, specie nei settori più deboli, il livello nazionale. L’estensione del secondo livello non può che essere un qualcosa di aggiuntivo rispetto al salario nazionale e deve essere il modo di far partecipare anche il lavoratore ai buoni risultati delle aziende.

Ma, in una realtà economica debole come quella sarda, si deve estendere la clausola sociale e rivedere le condizioni degli appalti, con regole precise che tutelino i lavoratori sia dal dumping che dalla perdita del posto di lavoro. Inoltre per raggiungere gli obiettivi di Lisbona, in termini di occupazione, si deve favorire l’occupazione femminile con appositi sgravi contributivi e fiscali per l’assunzione, mentre appare determinante il rilancio della bilateralità che diventi una sorta di integrativo del welfare pubblico.

Avevamo detto, a giugno, che il raggiungimento di questi obiettivi (applicazione del documento di Milano del novembre 2007 e modello contrattuale) non sarebbe stata una passeggiata e mi pare che l’abbiamo azzeccata.

Ebbene, se confrontiamo però quello che abbiamo osservato allora, con lo stato delle trattative con la Confindustria sulla riforma del modello contrattuale, mi pare che la posizione della Cisl sia condivisile in larga misura e che si siano fatti molti passi in avanti.

La Cisl con l’iniziativa del 4 ottobre al Palazzo dello sport di Roma ha dato il via ad una stagione di mobilitazione non fine a se stessa, ma funzionale al raggiungimento di risultati positivi per i nostri associati, siano pensionati o lavoratori dipendenti. (sciopero P.Impiego/Scuola/Manif. FNP)
Noi non intendiamo scioperare solo per ragioni di opportunità politica. Una volta si facevano gli scioperi polverone; oggi non è più il tempo ed occorre fare proposte concrete, mobilitarsi per realizzarle. La Cisl non fa sconti a nessuno, pronta a lottare, ma disponibile sempre al confronto.

Le linee guida condivise da Cisl Uil e Confindustria sono in sintonia con il documento unitario.
In particolare l’allargamento del tavolo previsto nelle linee guida a tutte le controparti pubbliche e private (al quale parteciperà anche la Cgil), è propedeutico al raggiungimento di un accordo valevole per tutti. Appaiono elementi positivi:

· L’identificazione di un tasso di inflazione previsonale triennale IPCA che supera quello indicato dal Governo, consentendo un recupero certo superiore del 2,1% nel triennio.
· La durata triennale dei contratti e l’unificazione della parte normativa con quella economica che consentiranno di migliorare tempi e procedure per i rinnovi.
· La copertura economica dei nuovi contratti dalla data di scadenza dei precedenti e un meccanismo di recupero certo degli scostamenti fra l’inflazione programmata e quella effettiva misurati con il nuovo indicatore previsionale entro il triennio contrattuale.
· il pieno sviluppo della contrattazione di secondo livello, aziendale o territoriale, per ottenere la redistribuzione degli incrementi di produttività, da incentivare con la detassazione e la decontribuzione degli aumenti salariali erogati tramite la contrattazione collettiva integrativa. Oggi è vero che la contrattazione del II livello è agibile solo per una ristretta cerchia di lavoratori, ma è possibile che essa si possa estendere in virtù di provvedimenti di agevolazione fiscale e contributiva previsti dal Governo.
· Un elemento retributivo di garanzia che verrà previsto dai CCNL di categoria nelle realtà dove la contrattazione collettiva integrativa non viene effettuata e per chi non ha avuto aumenti negli ultimi 4 anni.
· Conferma e rafforzamento del ruolo del CCNL nella promozione e nello sviluppo di nuovi fondi bilaterali per la gestione paritetica dei servizi a favore dei lavoratori.
· C’è il problema dell’identificazione del valore retributivo medio (minimi + scatti +indennità fisse) quale base di computo al quale applicare l’IPCA che risulterebbe inferiore a quanto stabilito in alcuni contratti. L’armonizzazione dovrebbe essere trovata a livello di singolo CCNL. A parere di alcune categorie – vedi metalmeccanici – si dovrebbero fare salve le diverse intese esistenti.

Sarà poi Giorgio Santini a spiegarci meglio queste cose. Quello che mi pare certo è che ci si muove nel solco della tradizione Cisl: privilegiare la contrattazione, raggiungere risultati soddisfacenti con le aziende, far certificare i risultati dal Governo e dal Parlamento.
L’altra via è solo quella di una contrapposizione sterile e senza sbocchi.
Credo anche che sia un bene non rompere l’unità sindacale che, in momenti di crisi, è un qualcosa da salvaguardare, anche se il panorama confederale e di diverse categorie non pare esaltante. Per questo la situazione attuale, pur difficile, è senz’altro recuperabile.

Situazione del territorio
Al di là dei dati statistici, la situazione occupazionale del territorio cagliaritano non appare positiva:
Nel precedente Consiglio generale avevamo messo in evidenza la crisi del Porto Canale. Traffici dirottati per scelte transnazionali, banchine, costate fior di miliardi di lire, vuote o destinate a raccogliere l’arrivo delle navi che trasportavano i rifiuti napoletani, lavoratori licenziati o in cassa integrazione, rischio di ritiro della concessione al terminalista. Un danno enorme per Cagliari e per la Sardegna, nonostante le ingenti risorse pubbliche investite.
Ecco, alla fine d’agosto, l’incubo è finito. In un incontro nel quale si è scoperto che anche i manager hanno un’anima (la Battistello, presidente della Contship, si è messa anche piangere per la gioia) la notizia della ripresa dell’attività e la riassunzione dei dipendenti della CICT, della ITERC, della Compagnia Portuale. Molti salgono subito sul carro dei vincitori, mentre la nostra posizione, fiduciosa nella rinascita del Porto container, viene premiata. Si potrebbe dire: “Ripartiamo dalla rinascita del porto per sostenere il rilancio dell’occupazione e dello sviluppo”. È una novità positiva che va consolidata. Il peggio potrebbe essere passato. Oggi la Contship ha firmato contratti con diversi operatori ed è un fatto positivo perché il porto non lavorerà con un solo committente, la Maersk appunto, e il traffico ritornerà ai volumi di un anno fa. Tutto questo è una boccata d’ossigeno per la città, la Provincia, la Sardegna. Si è evitato il dramma sociale e la disillusione di tanti giovani.
Come al solito le vittorie hanno molti padri. Meglio sorvolare e concentrarsi invece su quello che da oggi in poi possono fare istituzioni locali e forze sociali, per rendere stabile la ripresa del lavoro. La costituzione della zona franca, che sembra finalmente diventare realtà, potrebbe essere un fatto di grande rilievo, perché consentirebbe di lavorare le merci in città, anche se per fare questo bisognerà migliorare ancora il retroporto, con snodo ferroviario e investimenti importanti nelle infrastrutture.
Il porto deve essere considerato una grande opportunità per la Sardegna e di questa occasione devono convincersi tutti, a partire dalla Regione, accantonando, anche qui, sterili campanilismi. Dal porto container, dalle autostrade del mare e da un nuovo bacino di carenaggio possono arrivare input positivi per il rilancio di Cagliari.
Ma, indubbiamente, dopo la pausa estiva, riecco i problemi di sempre: l’invecchiamento della popolazione, la scarsa qualità del lavoro concentrato quasi tutto nel settore terziario (e non sempre avanzato) e nei servizi, gli ancora bassi tassi di occupazione nell’industria, la crisi infinita delle aziende agroalimentari (Unilever, Valriso, Podda), la ridotta qualità del sistema scolastico, formativo e universitario, con una percentuale di laureati ancora bassa che, tuttavia, continuano ad avere scarse opportunità per lavoro di qualità e sono invece impiegati in lavori lontani dal titolo di studio raggiunto. Il precariato è pagato a caro prezzo con la fuga dei cervelli. La crisi degli appalti con le vertenze delle imprese di pulizia. Le crisi del settore industriale (European component, Cart Oran, Mineraria Silius, Ceramica Mediterranea, Sardinia Gold Mining (in crisi perché di proprietà della Lehman Brothers), Isgas, Multiservizi, IPE, l’eterna vicenda Scaini, il problema degli LSU specie nel Medio Campidano, sono tutti problemi sempre presenti.
Ma gli annunciati investimenti a Cagliari possono contribuire a ridurre le aree di crisi. Il Betile, la riqualificazione di Sant’Elia, Tuvixeddu, i progetti della Metropolitana leggera e pesante sono i segnali giusti. Ma purtroppo su questi temi anziché registrare convergenze e spirito sinergico tra le istituzioni, abbiamo rilevato conflittualità assurde che rischiano di compromettere grandi investimenti e risorse. Il sindacato che, peraltro non è mai stato coinvolto direttamente nei progetti, ritiene che le idee buone debbano essere valorizzate, insieme alla salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale di Cagliari. Bocciare un progetto come quello del Betile solo per motivi politici è sbagliato. E allo stesso tempo invece per Tuvixeddu è positivo che qualche impresa abbia firmato la pace con la Regione, accettando aree edificabili alternative.
Ma non possiamo dimenticare che, proprio da Cagliari il Papa ha chiesto una nuova classe dirigente più vicina ai problemi della gente, sollecitando non solo i cattolici. La visita è stata un evento eccezionale dal punto di vista spirituale e sociale. L’ormai noto messagio di Benedetto XVI per la nascita di una nuova classe politica deve risvegliare le coscienze. Gli amministratori pubblici oggi più che mai hanno un dovere quotidiano: affrontare e risolvere i problemi che i cittadini vivono 365 giorni all’anno. Più vicini ai problemi reali è la richiesta che facciamo alle istituzioni locali.
Superare gli schieramenti e scegliere una strategia comune che finalmente migliori il “sistema cagliaritano” fino a renderlo vivibile. È questa la filosofia della campagna d’autunno della Cisl per rilanciare il territorio e allontanare la crisi. E’ questo che chiedono i lavoratori e i pensionati.
Garantire la mobilità dei cittadini e dei lavoratori è una priorità. Il Comune punta molto sui parcheggi in centro. Il flusso di auto che giornalmente attrae Cagliari è enorme. L’organizzazione per la visita papale dimostra che c’è la possibilità di ridurre il caos del traffico, aumentando i parcheggi di scambio e favorendo così il mezzo pubblico per poi mettere in rete il Ctm col metrò delle Fds. Non servono i mega parcheggi, magari multipiano, vagheggiati dall’amministrazione cagliaritana e, tra parentesi, è assurdo che si faccia quello di Marina Piccola, perché sarebbe utilizzato solo per pochi mesi all’anno e perché sarebbe l’ennesimo pugno in faccia per il Poetto.
Altrettanto importante è puntare sul turismo: lo sviluppo e il costante crescere del traffico passeggeri all’aeroporto è evidente e in questo hanno avuto un ruolo i voli low cost: bisognerebbe però accertare quanto attraggono i turisti stranieri, quelli che portano ricchezza, o se invece i low cost siano utilizzati più dai residenti per andare all’estero. Lo stesso aumento del traffico crocieristico rischia di portare pochi benefici se non inserito in un sistema in cui ognuno, privato e pubblico, si integrano.
Il momento favorevole per lo sviluppo e l’occupazione per l’area cagliaritana, rappresentato dagli investimenti Saras, costituisce indubbiamente un’ occasione importante non solo per dare sollievo all’occupazione nella provincia, ma anche per incidere, in modo duraturo, sulla viabilità, sull’efficienza del trasporto pubblico locale, sui servizi per i lavoratori (mensa e presidio sanitario) e per una migliore tutela ambientale.
Ci sono dei tavoli aperti ma le problematiche vanno seguite con attenzione, insieme alle categorie dell’industria presenti nell’area. Per la Cisl, senza un industria efficiente e produttiva, difficilmente vi può essere sviluppo e occupazione. Obiettivo del sindacato è però anche quello di avere un’industria rispettosa dell’ambiente e della salute dei cittadini e di tutelare la sicurezza dei lavoratori, nella fabbrica ma anche fuori del luogo di lavoro. Il 75% degli infortuni mortali sul lavoro in Sardegna avviene in itinere o, in genere, sulla strada. Ecco perché lo sviluppo del trasporto pubblico verso le industrie e i luoghi di lavoro in genere è un obiettivo sul quale bisogna convogliare risorse ingenti anche pubbliche. Si tratta quindi di incalzare le Istituzioni, a partire da Anas e Regione Sarda, ed il sistema delle imprese per raggiungere risultati in questi campi.
Nonostante la rinascita del porto e gli investimenti della Saras nell’area industriale di Sarroch, siamo preoccupati: i tassi di occupazione sono bassi, specie quello femminile (38,7 per cento meno della percentuale regionale e di quasi otto punti inferiore al valore nazionale). E ancora: la disoccupazione non diminuisce e, soprattutto, è scarsa la qualità del lavoro e ciò non consente di dare risposte e speranze ai giovani, specie se laureati. Nuova povertà e precarietà sono i nemici che quest’autunno dobbiamo saper sconfiggere. Subito. Se necessario con lotte e mobilitazioni.
La Segreteria della Cisl vuole rilanciare, insieme agli altri sindacati, la vertenza Cagliari, nell’ambito delle politiche più generali. E’ il momento di portare avanti le rivendicazioni del territorio sia nei confronti del nuovo Governo, perché siano inserite nella nuova intesa istituzionale di programma, sia rispetto ad una Giunta regionale che ha solo pochi mesi di vita davanti a sé. Altresì occorre riattivare tavoli di confronto sulle politiche tariffarie e sui costi dei servizi con le Provincia di Cagliari e del Medio Campidano, ma soprattutto con i Comuni più grandi.

Fabrizio Carta